giovedì 17 aprile 2014

LICENZIATO CAUSA ARRESTO E ACCUSA DI CORRUZIONE, IL GIUDICE DICHIARA ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO : 1.200.000 EURO DI RISARCIMENTO !

PAOLO SCARONI

Sono estremamente curioso di leggere le motivazioni del Giudice del Lavoro che ha ritenuto illegittimo il licenziamento di Pietro Varone, tuttora indagato - e per questo anche arrestato - per una questione di tangenti italiane in Algeria e quindi ha stabilito per lo stesso un risarcimento milionario (anzi che non lo ha reintegrato !, che le voci dei risarcimenti, per un totale di 1.200.000 euro, non comprendono, pare, i compensi non corrisposti dal licenziamento fino alla riassunzione, che anche quando si tratta di megadirigenti i giudici del lavoro sono capaci di tutto ! ).  Si tratta di curiosità professionale, non di pregiudizio - per quanto nei confronti dei giudici del lavoro un po' l'ho sempre nutrito - in quanto non si sarebbe un provvedimento di per sè inconcepibile. Come ripeto fino alla noia su questo Blog, essere indgati ed imputati non significa essere colpevoli, e quindi non è che l'esistenza di un procedimento penale a carico del Varone giustificherebbe sic et simpliciter il licenziamento adottato. Però la dichiarazione di illegittimità fa presumere che mentre in penale si sta ancora indagando - e chissà per quanto ne avranno - il giudice del lavoro ha già capito tutto e ha ritenuto innocente il maxi dirigente della Saipem !  E questa sì che sarebbe una notizia ! 
Nell'articolo di Luigi Ferrarella, che trovate appresso, sembrerebbe che la linea difensiva del Varone non si fondi tanto sull'assenza delle tangenti per cui si procede, quanto che lui non può esserne responsabile perché  si sarebbe attenuto alle decisioni dei vertici societari. 
Magari comprendo male, ma suona un po' come dire : ho fatto quanto mi è stato ordinato. Ora, ammesso che sia vero, per il giudice del lavoro pare di sì, questo redime ? In campo penale sono abbastanza sicuro di no, che comunque sei complice. In materia di lavoro ? La Saipem oltretutto è azienda del gruppo ENI, quindi appartenente alle imprese a partecipazione pubblica. Com'è possibile che una condotta illecita grave, penalmente rilevante, ancorché commessa su ordini superiori, non giustifichi in ogni caso il licenziamento ?
Diverso sarebbe se la difesa del Varone si fondasse sulla sua ESTRANEITA' al fatto oggetto di incriminazione, e siccome una condanna non c'è, il giudice del lavoro ben avrebbe potuto considerare prematuro il provvedimento di licenziamento (magari poteva andare bene una mera sospensione).
Allo stato non è chiaro, e quindi attendiamo le motivazioni




Il Corriere della Sera - Digital Edition

Arrestato per tangenti La Saipem lo licenzia, il giudice lo fa risarcire
«Estromissione illegittima». 
Avrà 1,2 milioni 
 

MILANO — Da licenziato a risarcito. Da arrestato (col timbro del giudice penale) a milionario (col timbro del giudice del lavoro). Almeno per ora. Perché Pietro Varone, l’ex direttore operativo di Saipem licenziato dall’azienda del gruppo Eni 7 mesi prima di essere arrestato il 28 luglio 2013 nell’inchiesta milanese su 197 milioni di tangenti italiane in Algeria, ha vinto in primo grado la causa di lavoro: il giudice Tullio Perillo ha «accertato e dichiarato illegittimo il licenziamento» e ha condannato l’azienda a versargli complessivamente 1,2 milioni di euro, e cioè nel dettaglio 423.000 «a titolo di indennità di mancato preavviso», 31.000 di «incidenza sul Tfr», e 741.000 «a titolo di indennità supplementare, oltre interessi e rivalutazione su tali importi dalla cessazione del rapporto al saldo effettivo».
Varone era stato prima indagato, poi licenziato e infine arrestato (4 mesi in carcere sino a fine 2013) nell’inchiesta della Procura di Milano che ipotizza «corruzione internazionale» nelle modalità con le quali Saipem acquisì 7 contratti d’appalto in Algeria del valore di 8 miliardi di euro (dai quali ricavare profitti per 1 miliardo) grazie al pagamento nel 2007-2010 di circa il 2,5% di tangente, cioè di 197 milioni di dollari di compenso a fittizie intermediazioni prestate da una società di Hong Kong del facoltoso Farid Bedjaoui, algerino di 44 anni ma con passaporto francese e residenza a Dubai, referente dell’allora ministro dell’Energia algerino.
I pm De Pasquale-Baggio-Palma, che hanno indagato anche l’amministratore delegato uscente di Eni Paolo Scaroni, e che ieri hanno interrogato come indagato in procedimento connesso Luigi Bisignani, da tempo percorrono due piste parallele. La prima sta inseguendo in mezzo mondo la scia di quali politici e pubblici ufficiali algerini abbiano incassato la fetta più grande della tangente, e in questo filone i pm si sono appena recati in rogatoria a Beirut. La seconda pista insegue invece la fetta minore, ma pur sempre consistente, che di quella tangente sarebbe rientrata in Italia, a cominciare da 10 milioni a Varone. Nel frattempo, però, la Saipem l’aveva licenziato per giusta causa, accreditando con gli avvocati Giampiero Proia, Carlo Emanuele e Pietro Fioruzzi la tesi che le condotte ritenute dai pm illecite di Varone fossero ascrivibili esclusivamente alle sue iniziativa autonoma e responsabilità individuale; al contrario, Varone (con gli avvocati Sharmine Carluccio e Rosanna Santaniello) sosteneva che il proprio operato, comunque giudicabile, dovesse invece essere inquadrato nell’ambito delle disposizioni dei vertici societari. Linea precisata negli ultimi interrogatori in cui aveva fatto riferimenti alla linea gerarchica sopra lui e in particolare a Scaroni, dal quale per reazione si era visto definire il 6 dicembre 2013 «un ladro che si è messo dei soldi in tasca, ho sollecitato io di mandarlo via da Saipem, perciò ha rancori contro di me».
Solo con la motivazione della sentenza tra 15 giorni si capirà se le ragioni dell’illegittimità del licenziamento abbiano riverberi sulla vicenda generale. Per ora una portavoce di Saipem dichiara che «il giudice del lavoro ha accolto solo una parte delle domande di Varone per 8 milioni verso Saipem, in quanto secondo il giudice il licenziamento sarebbe stato recapitato ad un domicilio diverso da quello indicato da Varone alla società. Saipem si appellerà e confida che le sue complessive ragioni di credito verso Varone vengano presto accertate anche a seguito di altre iniziative giudiziarie».
Luigi Ferrarella

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