Avevo capito che Befera fosse al passo d'addio dalla direzione dell'Agenzia delle Entrate, in scadenza di mandato e determinato a non candidarsi per uno nuovo.
Nemmeno ne ero troppo contento, convinto come sono che il sostituto potrebbe essere assai peggiore ( scritto nel link http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/04/befera-se-ne-va-speriamo-di-non-doverlo.html ).
Invece, nell'articolo che trovo su La Stampa.it che riporta stralci della consueta lettera annuale che Befera scrive ai suoi sottoposti, non c'è traccia di questa cosa.
Vedremo
Come detto, quella di scrivere ai suoi è una consuetudine di Befera e in quest'ultima riecheggiano esortazioni lette anche nelle precedenti ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com /2012/05/befera-avvertiva-i-suoi-nel-2010.html ). In buona sostanza il Direttore dell'Agenzia lamenta che in Italia ci sono troppe critiche nei confronti degli agenti del fisco che in fondo sono lì ad applicare la legge e a garantire il funzionamento (???) della macchina dell'erario senza la quale lo Stato non potrebbe garantire tanti servizi...Ora, quest'ultima cosa paradossalmente potrebbe non rivelarsi del tutto un male : se lo Stato avesse finalmente meno soldi da spendere, forse si deciderebbe a rorganizzare il welfare, dimagrendolo e rendendolo più giusto ed efficiente (per esempio, così i "poveri" non si agitano, smettendo di far pagare le stesse tasse universitarie e gli stessi tickets ospedalieri agli abbienti, che invece dovrebbero pagare di più, nello specifico, a fronte però di meno tasse generali). A parte questo, lo Stato italiano riceve dalle imposte circa 500 milardi di euro l'anno, quanto gli basta per pagare l'elefantiaca spesa pubblica che ha messo su, anzi finendo in avanzo primario. Restano fuori gli interessi per il debito pregresso, che non siamo in grado di restituire. Tutto questo avviene nonostante l'evasione fiscale, che l'agenzia delle entrate riesce ad intaccare per circa il 10%. Insomma, se la macchina non funzionasse per lo più da sé, non è l'Agenzia che coprirebbe gli ammanchi.
La lettera giunge a ridosso dello scoop di Libero che ha intervistato - sotto garanzia di anonimato - un sottufficiale della GdF che ha raccontato come, ossessionati dagli obiettivi numerici fissati dai superiori, i controlli vengono fatti con il MUST del verbale, che deve essere fatto a tutti i costi. ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/04/e-libero-denuncia-la-tangente-di-stato.html ) , e chissene se poi la cartella susseguente viene impugnata e in sede processuale l'accertamento non regge. Quello che conta è la statistica ! Senza contare che poi, spesso, il contribuente preferisce "patteggiare" e concordare un pagamento meno salato, quand'anche lo ritenesse ingiusto, convinto sia dall'aleatorietà del procedimento, vista la giungla normativa, sia dalla minaccia, più o meno esplicitata dagli agenti, di accanimenti ulteriori.
Tangente di Stato l'ha giustamente definita Libero.
Ecco, Befera dice nella sua lettera che vi sono polemiche strumentali, ma allo stesso tempo esorta i suoi direttori a farsi parte diligente perché gli operatosi agiscano con rispetto del contribuente - strano che lo debba ricordare no ? - ed evitino verbali incentrati su imperfezioni formali, parlando proprio di "accanimento formalistico" .
Poteva fare di più il Direttore, per esempio esortando gli accertatori a lasciar perdere di fronte a quelle questioni altamente controverse, dove è palese che la norma fiscale è inadeguata, incerta sulla sua corretta applicazione, e investendo semmai il legislatore di risolvere la questione, che tanto la giurisprudenza non è di aiuto, essendo possibile trovare sentenze favorevoli ad entrambe le posizioni in conflitto.
Ma probabilmente questo sarebbe stato troppo pretendere.
Buona Lettura
Befera scrive ai direttori delle Entrate
“Basta accanimenti sui contribuenti ma critiche troppo spesso strumentali”
Il direttore dell’Agenzia: in Italia c’è ostilità verso chi vuole far pagare le tasse
ANSA
Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera
In Italia c’è «ostilità» nei confronti di chi cerca di far pagare
le tasse. La denuncia è del direttore dell’Agenzia delle entrate Attilio
Befera contenuta in una lettera inviata il 17 aprile scorso ai
direttori provinciali.
«Era prevedibile -scrive- che un’azione di controllo sempre più incisiva e mirata avrebbe potuto suscitare malumori anche forti, perché stiamo andando, in alcuni casi per la prima volta, a intercettare situazioni rimaste a lungo al riparo dalla lente del fisco. Ed era anche abbastanza prevedibile che a questo stato d’animo si sarebbero accompagnate proteste assolutamente strumentali». «Un po’ meno prevedibile, forse -aggiunge il direttore- era l’esplodere di vere e proprie ostilità verso chi cerca solo di far applicare le regole che prevedono l’obbligo di pagare le tasse. Un obbligo il cui rispetto è essenziale per il funzionamento dello Stato e per la vita della collettività. Contiamo sul fatto -rimarca Befera- che le istituzioni della Repubblica non faranno mai mancare la loro solidarietà e il loro concreto sostegno all’Agenzia e allo spirito di servizio e di abnegazione del nostro personale».
Befera, nella missiva, si sofferma anche su alcuni aspetti organizzativi legati all’accorpamento tra Agenzia delle Entrate e Agenzia del Territorio. «Finora -scrive- abbiamo operato sulle strutture di vertice, centrali e regionali, unificando i centri direttivi della `nuova agenzia´. Dovremo adesso avviare per completarlo entro il 2015, l’intervento sugli uffici provinciali per integrarne le attività operative, nell’ottica di razionalizzazione e miglioramento dei servizi cui si ispira l’intera operazione. Per il resto la lettera si sofferma sul ruolo del direttore provinciale ricordando quanto già affermato dallo stesso Befera in precedenti direttive sul modo in cui devono operare i funzionari dell’Agenzia. «Se un accertamento -scrive- non ha solido fondamento non va fatto e se da una verifica non emergono fatti o elementi concreti da contestare, non è corretto cercare a ogni costo pseudoinfrazioni formali da sanzionare solo per evitare che la verifica sembri essersi chiusa negativamente. Insomma se il contribuente ha dato prova sostanziale di buona fede e di lealtà nel suo rapporto con il fisco, ripagarlo con la moneta dell’accanimento formalistico sitgnifica venir meno a un obbligo morale di reciprocità, ed essere perciò scorretti nei suoi confronti. Allo stesso modo non è ammissibile pretendere dal contribuente adempimenti inutili, ripetitivi, e defatiganti. E costituisce una grave inadempienza ritardare l’esecuzione di sgravi o rimborsi sulla cui spettanza non vi sono dubbi».
«Era prevedibile -scrive- che un’azione di controllo sempre più incisiva e mirata avrebbe potuto suscitare malumori anche forti, perché stiamo andando, in alcuni casi per la prima volta, a intercettare situazioni rimaste a lungo al riparo dalla lente del fisco. Ed era anche abbastanza prevedibile che a questo stato d’animo si sarebbero accompagnate proteste assolutamente strumentali». «Un po’ meno prevedibile, forse -aggiunge il direttore- era l’esplodere di vere e proprie ostilità verso chi cerca solo di far applicare le regole che prevedono l’obbligo di pagare le tasse. Un obbligo il cui rispetto è essenziale per il funzionamento dello Stato e per la vita della collettività. Contiamo sul fatto -rimarca Befera- che le istituzioni della Repubblica non faranno mai mancare la loro solidarietà e il loro concreto sostegno all’Agenzia e allo spirito di servizio e di abnegazione del nostro personale».
Befera, nella missiva, si sofferma anche su alcuni aspetti organizzativi legati all’accorpamento tra Agenzia delle Entrate e Agenzia del Territorio. «Finora -scrive- abbiamo operato sulle strutture di vertice, centrali e regionali, unificando i centri direttivi della `nuova agenzia´. Dovremo adesso avviare per completarlo entro il 2015, l’intervento sugli uffici provinciali per integrarne le attività operative, nell’ottica di razionalizzazione e miglioramento dei servizi cui si ispira l’intera operazione. Per il resto la lettera si sofferma sul ruolo del direttore provinciale ricordando quanto già affermato dallo stesso Befera in precedenti direttive sul modo in cui devono operare i funzionari dell’Agenzia. «Se un accertamento -scrive- non ha solido fondamento non va fatto e se da una verifica non emergono fatti o elementi concreti da contestare, non è corretto cercare a ogni costo pseudoinfrazioni formali da sanzionare solo per evitare che la verifica sembri essersi chiusa negativamente. Insomma se il contribuente ha dato prova sostanziale di buona fede e di lealtà nel suo rapporto con il fisco, ripagarlo con la moneta dell’accanimento formalistico sitgnifica venir meno a un obbligo morale di reciprocità, ed essere perciò scorretti nei suoi confronti. Allo stesso modo non è ammissibile pretendere dal contribuente adempimenti inutili, ripetitivi, e defatiganti. E costituisce una grave inadempienza ritardare l’esecuzione di sgravi o rimborsi sulla cui spettanza non vi sono dubbi».
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