martedì 27 maggio 2014

I SONDAGGISTI " NON SIAMO NOI CHE SBAGLIAMO, SONO GLI ELETTORI AD ESSERE BUGIARDI"


Piuttosto divertente leggere le dichiarazioni che quelli di Libero hanno raccolto dai vari capi degli istituti di sondaggio che a distanza di un anno, poco più, registrano l'ennesima figuraccia. Non è che sbagliano tutto, che per esempio,  qualche percentuale la centrano pure, però toppano sui punti centrali ed essenziali della previsione : chi vincerà ? E qui proprio non ci riescono.
E' accaduto con Prodi nel 2006 (vittoria a mani basse che si è rivelata un pareggio sostanziale, con situazione ingovernabile e il governo a casa dopo due anni), è riaccaduto con Bersani nel 2013, con nessuno che aveva previsto il terremoto Grillo, era successo anche nel lontano 1994 quando Occhetto doveva vincere e da allora lo cercano ancora a Chi l'ha visto. Accade domenica, e stavolta le parti s'invertono, che è quello del PD, stavolta però di nome Renzi (tutt'altra cosa, questo va detto, rispetto a quello della "ditta") , che stravince, mentre Grillo arretra e perde, ammettendolo, e dicendo : nessuno lo aveva previsto. Già, nessuno, nemmeno quelli pagati per farlo.
Ho scritto più volte che per me i sondaggi sono come il calcio mercato, dove le balle sono assai più numerose delle dritte, ma per i tifosi è un gioco divertente, sogni con poco, chiacchieri, passi il tempo.
Il problema è quando chi governa non fa che compulsarli, come se fossero vangelo ! 
Lo faceva Berlusconi, ma poi tutti hanno imparato e non risulta che Renzi sia alieno da questa dipendenza. 
A dire la verità, importanti studiosi dell'analisi dei dati , come Luca Ricolfi, spiegavano come il bravo sondaggista è quello che "diffida" un po' dal suo test-campione, e gli fa un po' una tara. Per esempio, di fronte in passato alle scarne dichiarazioni di voto per la DC, che immancabilmente venivano smentite dalle urne, i sondaggisti dell'epoca, che c'erano ancorché non moderni ed invadenti come oggi ( e forse anche meno sfigati)  non credevano del tutto alle risposte ottenute, e quindi facevano una tara, che avevano imparato a misurare sulla base della forbice sperimentata nel tempo tra intenzioni di voto e realtà. Magari i sondaggisti di oggi si sentono più vincolati dal fatto di essere dotati di algoritmi sofisticati, di formule matematiche geniali e quindi non ci stanno ad adoperare il semplice "buon senso" per "correggere" i dati raccolti. 
Però poi è questa la fine che fanno. Gli elettori sono bugiardi, dice espressamente l'esasperato Maurizio Pessato , di SWG, si vergognano di ammettere di aver cambiato idea, e quindi di aver sbagliato in passato, per cui un milione di grillini, tornati all'ovile piddino, non se la sentono di dirlo all'intervistatore. Così mezzo milione di Pidiellini, passati a Renzi. Insomma, hanno la sindrome del "traditore", e pensano di sfangarla non facendolo sapere. Non so se sia così, che a me sembra che gli italiani, prendendo in questo esempio dai loro politici, non hanno grande pudore a cambiare casacca, e in particolare mi viene difficile pensarlo per gente pancista e animosa come più spesso sono gli elettori di Grillo. 
Del resto, lui stesso lo aveva detto, di fronte alla grande agitazione proprio evidentemente dell'elettorato ex PD che gli aveva dato il voto nel 2013, che si trattava di gente che aveva sbagliato taxi, se avevano pensato di votare il Movimento5Stelle immaginandolo come utile  pungolo a quelli troppo timidi del loro partito di provenienza. Adesso sono tornati alla casa madre, tra l'altro dominata da Renzi, uno che timido non è ma non proprio nella direzione che piacerebbe loro. Chissà la prossima volta dove andranno.
Sia Noto, di IPR, che la  Ghisleri (stavolta ha toppato pure lei, famosa per essere quella che quantomeno si avvicinava di più) di Euromedia, puntano più l'accento sulla maggiore volatilità dell'elettorato, prima molto più fidelizzato dal voto ideologico, e portato quindi a votare il proprio partito anche se col mal di stomaco. Una sorta dell'americano "wright or wrong, my country". Oggi no, si cambia con disinvoltura, e del resto anche l'offerta si è fatta più varia, con il centrodestra che offre almeno quattro soluzioni, poi c'è Grillo, poi ci sono gli ex  (e non)comunisti di Tsipras. L'arricchimento del menù di portate principali (perché di liste ce ne sono sempre state tante, ma le principali erano 3, DC, PCI e PSI più alleati riconosciuti dei tre , nella prima Repubblica,  nella seconda di fondo 2,  Berlusconi o contro) ha aumentato l'indecisione, la scelta last minute. Infine, questi indecisi, oltre ad essere aumentati, passati da un fisiologico 10-15% ad un clamoroso 40,   non si suddividono  più equamente tra i vari partiti, come dicono avvenisse prima, ma finiscono alla fine per concentrarsi sostanzialmente su uno solo leader e/o partito.
Nel 2013 fu Grillo, nel 2014 è stato Renzi.
E loro , poverini, restano spiazzati, che ancora, evidentemente, non hanno trovato contromisure adeguate a noi elettori indecisi, volatili e pure bugiardi.
In effetti, una vita difficile. Però si consolino, nonostante la ripetizione degli errori, i clienti continuano a ingaggiarli. Sono pochi i mestieri dove, pur sbagliando tanto, accade.

 

Europee, i sondaggisti: "Abbiamo sbagliato per colpa di chi vota"
Il copione si ripete. I sondaggisti anche questa volta non hanno previsto le sorprese del voto. E ora è tempo di analisi e di qualche mea culpa. Nessuno aveva previsto che Renzi avrebbe sfondato il muro del 40%. La maggior parte dei sondaggisti assegnava al Pd un vantaggio di 5-6 punti sul Movimento 5 Stelle (Euromedia, Ipr, Ixè), e c'era anche chi - come Tecné - relegava i Dem sotto al 30%. Oggi su diversi quotidiani gli sconfitti dei numeri fanno il punto sulla situazione, dando la colpa - un po' come Grillo - agli elettori: reticenti, indecisi, bugiardi, ballerini. "Quando ho visto le proiezioni che stavo per consegnare a Sky, ho pensato: vabbé, io allora emigro in Australia", dice a Repubblica Maurizio Pessato, direttore della Swg. "Noi abbiamo fatto le domande giuste, ma molti italiani ci hanno dato le risposte sbagliate. Un milione di elettori sono passati da Grillo al Pd: evidentemente erano riluttanti ad ammettere il tradimento. E un altro mezzo milione ha lasciato Berlusconi per Renzi: capisco che non avessero voglia di confessarlo. Potevamo essere più cauti? Sì, potevamo... Col senno di poi....". Poi è il turno di Roberto Weber dell'istituto Ixè che dopo i risultati rilancia: "Sapevamo tutto". Facile dirlo a urne chiuse. "Non è vero che nessuno si aspettava questi risultati - confessa - direi piuttosto che nessuno si è arrischiato a darli. Sapevamo che la fiducia in Renzi era altissima, e quella in Grillo calava, e nelle ultime rivelazioni avevamo anche noi il Pd al 40%, ma l'errore delle politiche ci ha spinto a essere prudenti".

"Abbiamo sbagliato" - Altri, come Alessandra Ghisleri di Euromedia Research ammettono di essersi sbagliati. "È vero, noi non abbiamo centrato il distacco tra Pd e Cinque Stelle, né quello tra Renzi e Berlusconi. Perché? Perché ormai c'è una quota di voto mobile, un elettorato non ancora fidelizzato che non riusciamo ancora a fotografare con i sondaggi". È d'accordo Antonio Noto, direttore di Ipr: "Fino all'anno scorso la quota di elettori che cambiava partito era inferiore al 10%, ma nel 2013 ha cambiato partito il 40%. Siamo passati dalla fase della fedeltà a quella della scelta last minute". "Ciascuno di noi può sbagliare, ma quando sbagliamo tutti insieme vuol dire che il problema non siamo noi", incalza Carlo Buttaroni di Tecné. Ora gli elettori si spostano "come un branco", prosegue Noto: "la quota degli indecisi c'è sempre stata, solo che prima si spalmava un po' su tutti i partiti, mentre adesso per due volte di seguito si sono spostati tutti insieme, come un branco, prima su Grillo e poi su Renzi".


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