Da ragazzo, al Liceo, tra i compagni ce n'era qualcuno acceso tifoso della Roma, che, senza parteciparvi, aveva il mito dei CUCS, il Commando Ultrà Curva Sud, gruppo poi sciolto.
Ascoltandolo, apprendevo che i nemici erano le squadre del nord, segnatamente la Juventus, ma anche minori come il Verona e soprattutto l'Atalanta. Col Napoli invece, altra squadra rappresentativa del bistrattato sud, di cui Roma giustamente si sente anticamera, c'era invece un gemellaggio.
Nel leggere in questi giorni l'odio che corre tra le due tifoserie ultrà, con il drammatico episodio di sabato scorso, mi domandavo cosa fosse accaduto e ho chiesto anche a qualche amico napoletano, che però, tifoso ma non appartenente a quel mondo, non sapeva darmi una riposta. Peraltro lui, come tanti altri da quello che ho percepito quest'anno, ha molto più in avversione la Juventus, tanto che, dal momento in cui era palese che il Napoli non sarebbe stato in grado di lottare per il titolo, avrebbe preferito che lo stesso prendesse la strada della Capitale piuttosto che per la detestata Torino, casa della Signora. Quindi non è un astio che riguarda romanisti e napoletani, ma sembra circoscritto alle due compagini ultrà.
Ma com'è nato ? Nel viaggio della giornalista Grazia Longo, de La Stampa, sotto proposto, nei quartieri dove si raduna e organizza il tifo estremo, una risposta viene data ed è singolare : finché la due squadre erano accomunate dalla debolezza, tutto bene, poi arrivò Maradona, gli scudetti, (anche la Roma era cresciuta ) e scoppiò la rivalità che, in quegli ambienti, diventa inimicizia guerriera.
Nel colloquio tra la cronista e Mimmo, uno dei capi della curva azzurra, c'è l'ammissione della contiguità tra mondo ultrà e camorra, sul quale però c'erano pochi dubbi.
La vita dell'ultrà è full time, e la famiglia stessa sembra essere sacrificata rispetto ad una passione che ha francamente i contorni della malattia, di cui peraltro i contagiati sembrano consapevoli ma da cui non vogliono assolutamente guarire.
“Noi, ultrà del Napoli: onore,
botte e favori dalla camorra”
Mimmo, 39 anni, capo storico al San Paolo: ci protegge allo stadio e sul lavoro
ANSA
INVIATA A NAPOLI
Parcheggiatori abusivi, «magghiari» che commerciano in
calzini o T-shirt, venditori di «pacchi» tipo gli I-phone a 12 euro che
funzionano solo 5 minuti, giusto il tempo che si esaurisca il microchip.
Gli ultrà si arrangiano con 700 euro al mese, ma non rinunciano alla
birra, alle canne e, soprattutto, al Napoli.
Che amano incondizionatamente e sopra ogni cosa. La loro fede, poi, si nutre di odio viscerale verso le altre squadre. Roma e Juventus in testa. Ragazzi - il mondo ultrà non è declinato al femminile - che scandiscono le loro giornate in base ai turni del Napoli. Tra anticipi, posticipi e partite di Coppa, gli unici giorni liberi - salvo eccezioni - sono il martedì, il giovedì e il venerdì. Liberi si fa per dire: quando la loro squadra non gioca, gli ultrà hanno tempo per mogli, figli o fidanzate soltanto se non c’è un incontro con il resto del gruppo. La settimana è troppo corta per comprendere il tifo al San Paolo, la sua preparazione e l’organizzazione delle trasferte.
Il martedì e il giovedì si commentano i risultati dei match disputati, il venerdì o la domenica si consumano i riti propiziatori alla partita. In piazze divenute l’altare del tifo ultrà, quasi tutte nel centro storico, ma anche con il tam tam sui social network, soprattutto Facebook. La passione ultrà è un distillato di orgoglio e di dipendenza. «’Na malatia» esordisce Domenico, Mimmo, 39 anni, una moglie e dei figli che mantiene con un banchetto di frutta e verdura al mercato rionale nella periferia degradata di Secondigliano. Da 23 anni appartiene ai Vecchi Lyons, uno dei gruppi storici della curva A del San Paolo. La curva «del vero ultrà, da non confondersi con i tifosi che vanno in quella B. Chille sono femminelle confronto a noi. L’ultrà non è nu’ tifoso, è l’anima del Napoli». L’ultrà «schifa la Roma perché fino a quando eravamo deboli eravamo gemellati, poi quando è arrivato Maradona nell’84 e pure lo scudetto, nell’’87, è iniziata la guerra. Senza contare il vaffa... di Salvatore Bagni alla curva sud dei romanisti».
Mimmo, giovedì pomeriggio, si offre di accompagnarci con la sua auto alla piazzetta di Largo Proprio di Arianello, alle spalle di via ai Tribunali, punto di ritrovo degli ultrà. Salendo sulla Peugeot mezza scassata, il primo gesto, in automatico, è quello di allacciare la cintura di sicurezza. Ma Mimmo subito frena: «Signò, se vi mettite a cintura quelli ci sgamano subito e non ci parlano». Niente cintura quindi e niente «accento del Nord, perché i giornalisti già so’ considerati infami, se sono del Nord è peggio ancora». Mimmo racconta della sua adesione ai Vecchi Lyons: «Noi leoni, come tutti gli altri ultrà non paghiamo per entrare al San Paolo. Niente biglietto e niente tessera del tifoso. Non perché vulimmo risparmià soldi ma perché tanti di noi sono schedati dalla polizia e quindi non possiamo dare i nomi». Il vero ultrà napoletano «entra allo stadio gratis, grazie a un favore di qualcuno all’ingresso oppure scavalcando i cancelli». Il vero ultrà non prende neppure il denaro dal club per scenografie o trasferte. «Ci muoviamo autonomamente, con le macchine o le moto e gli striscioni ce li paghiamo noi. Perché noi non vogliamo essere controllati e vogliamo gli slogan che piacciono a noi. Quindi ci arrotoliamo lo striscione intorno al corpo, sotto i maglioni, così se qualche steward o poliziotto ci vuole perquisire non se ne accorge».
L’arrivo dietro via ai Tribunali non è proprio agilissimo. Vecchi Lyons mescolati ai Fedayn stanno discutendo su come infiltrarsi al match Roma-Juventus di oggi pomeriggio. La presenza di una giornalista non è tanto gradita, meglio rimanere in disparte e farsi raccontare i dettagli da Mimmo. «Una cosa però ve la diciamo - dice uno con un anellino a entrambe le orecchie, sneakers e cintura Giorgio Armani chiaramente contraffatti -, domenica vogliamo vendicare Ciro ma pure gli vogliamo portare rispetto perché sta ancora in ospedale e quindi se botte voleranno, sarà distante dall’Olimpico». Poi viene deciso di «cercare di entrare dentro lo stadio per fare capire che con noi non si scherza». Sempre nel centro storico, in piazza Bellini, il venerdì si danno appuntamento gli ultrà «più potenti e più rispettati, i mitici Mastiffs» guidati proprio da Genny ’a carogna. Molti di loro abitano a Forcella, regno incontrastato di Genny. Uno di questi è Salvatore, Totò «per un certo tempo Totò ’u criminale, ma mo’ ho messo la testa a posto e non tengo più guai con la legge». Oggi Totò ha un impiego. Ma non fraintendete, non è un posto fisso. «Sono parcheggiatore abusivo, a 26 anni è un impiego che rende. Ci campiamo in tre: io, mia moglie e una bambina di 2 anni». Totò si stupisce della nostra domanda a proposito dell’assenza di extracomunitari tra i parcheggiatori abusivi. «Per carità! Nun esiste proprio! Siamo solo noi è per questo dobbiamo ringraziare il sistema». E che cos’è il sistema? «’A camorra, ecco cos’è. Ci protegge nel lavoro, ci protegge pure per la nostra vita allo stadio. Così se qualcuno di noi sbaglia e magari allo stadio fa na’ fesseria, tipo ca tira fuori nu’ coltello e viene arrestato, il sistema paga pure l’avvocato. Noi siamo abituati così, divisi per quartieri e per sistema. Ogni quartiere ha il suo».
L’ultrà Mastiffs (mastini) domina gli altri gruppi e va fiero della sua forza. «Simmu tutti in carne e tatuati - spiega Totò -. Quelli che vedete magrolini, so’ scugnizzi consumati dall’eroina». L’ultrà Mastiffs sa essere generoso: «Signò mo’ vi porto a mangiare la pizza fritta più buona di Napoli, alla friggitoria del Presidente». Che in realtà si chiama «Da Gaetano», ma che per tutti è nota con l’altro nome da quando l’ex presidente degli Usa Bill Clinton si fermò nel vicolo a gustare «crocchè e pizza fritta. Le vedete? Le foto stanno ancora là, appese all’ingresso». L’ultrà Mastiffs se lavora cerca di finire per le 4 del pomeriggio, se è disoccupato dorme fino alle 4 del pomeriggio e poi tutti in piazza Bellini o a seguire la squadra.
Ultrà giovani e meno giovani rollano canne di marijuana e hashish e intanto definiscono come organizzarsi e partire. Birra in bottiglia consumata come fosse acqua minerale e sfottò a un turista di mezza età con una polo rossa con polsini e colletto gialli. Non è una maglia della Roma, è evidente, ma basta l’accostamento giallorosso a scatenare insulti e cori da stadio.
Che amano incondizionatamente e sopra ogni cosa. La loro fede, poi, si nutre di odio viscerale verso le altre squadre. Roma e Juventus in testa. Ragazzi - il mondo ultrà non è declinato al femminile - che scandiscono le loro giornate in base ai turni del Napoli. Tra anticipi, posticipi e partite di Coppa, gli unici giorni liberi - salvo eccezioni - sono il martedì, il giovedì e il venerdì. Liberi si fa per dire: quando la loro squadra non gioca, gli ultrà hanno tempo per mogli, figli o fidanzate soltanto se non c’è un incontro con il resto del gruppo. La settimana è troppo corta per comprendere il tifo al San Paolo, la sua preparazione e l’organizzazione delle trasferte.
Il martedì e il giovedì si commentano i risultati dei match disputati, il venerdì o la domenica si consumano i riti propiziatori alla partita. In piazze divenute l’altare del tifo ultrà, quasi tutte nel centro storico, ma anche con il tam tam sui social network, soprattutto Facebook. La passione ultrà è un distillato di orgoglio e di dipendenza. «’Na malatia» esordisce Domenico, Mimmo, 39 anni, una moglie e dei figli che mantiene con un banchetto di frutta e verdura al mercato rionale nella periferia degradata di Secondigliano. Da 23 anni appartiene ai Vecchi Lyons, uno dei gruppi storici della curva A del San Paolo. La curva «del vero ultrà, da non confondersi con i tifosi che vanno in quella B. Chille sono femminelle confronto a noi. L’ultrà non è nu’ tifoso, è l’anima del Napoli». L’ultrà «schifa la Roma perché fino a quando eravamo deboli eravamo gemellati, poi quando è arrivato Maradona nell’84 e pure lo scudetto, nell’’87, è iniziata la guerra. Senza contare il vaffa... di Salvatore Bagni alla curva sud dei romanisti».
Mimmo, giovedì pomeriggio, si offre di accompagnarci con la sua auto alla piazzetta di Largo Proprio di Arianello, alle spalle di via ai Tribunali, punto di ritrovo degli ultrà. Salendo sulla Peugeot mezza scassata, il primo gesto, in automatico, è quello di allacciare la cintura di sicurezza. Ma Mimmo subito frena: «Signò, se vi mettite a cintura quelli ci sgamano subito e non ci parlano». Niente cintura quindi e niente «accento del Nord, perché i giornalisti già so’ considerati infami, se sono del Nord è peggio ancora». Mimmo racconta della sua adesione ai Vecchi Lyons: «Noi leoni, come tutti gli altri ultrà non paghiamo per entrare al San Paolo. Niente biglietto e niente tessera del tifoso. Non perché vulimmo risparmià soldi ma perché tanti di noi sono schedati dalla polizia e quindi non possiamo dare i nomi». Il vero ultrà napoletano «entra allo stadio gratis, grazie a un favore di qualcuno all’ingresso oppure scavalcando i cancelli». Il vero ultrà non prende neppure il denaro dal club per scenografie o trasferte. «Ci muoviamo autonomamente, con le macchine o le moto e gli striscioni ce li paghiamo noi. Perché noi non vogliamo essere controllati e vogliamo gli slogan che piacciono a noi. Quindi ci arrotoliamo lo striscione intorno al corpo, sotto i maglioni, così se qualche steward o poliziotto ci vuole perquisire non se ne accorge».
L’arrivo dietro via ai Tribunali non è proprio agilissimo. Vecchi Lyons mescolati ai Fedayn stanno discutendo su come infiltrarsi al match Roma-Juventus di oggi pomeriggio. La presenza di una giornalista non è tanto gradita, meglio rimanere in disparte e farsi raccontare i dettagli da Mimmo. «Una cosa però ve la diciamo - dice uno con un anellino a entrambe le orecchie, sneakers e cintura Giorgio Armani chiaramente contraffatti -, domenica vogliamo vendicare Ciro ma pure gli vogliamo portare rispetto perché sta ancora in ospedale e quindi se botte voleranno, sarà distante dall’Olimpico». Poi viene deciso di «cercare di entrare dentro lo stadio per fare capire che con noi non si scherza». Sempre nel centro storico, in piazza Bellini, il venerdì si danno appuntamento gli ultrà «più potenti e più rispettati, i mitici Mastiffs» guidati proprio da Genny ’a carogna. Molti di loro abitano a Forcella, regno incontrastato di Genny. Uno di questi è Salvatore, Totò «per un certo tempo Totò ’u criminale, ma mo’ ho messo la testa a posto e non tengo più guai con la legge». Oggi Totò ha un impiego. Ma non fraintendete, non è un posto fisso. «Sono parcheggiatore abusivo, a 26 anni è un impiego che rende. Ci campiamo in tre: io, mia moglie e una bambina di 2 anni». Totò si stupisce della nostra domanda a proposito dell’assenza di extracomunitari tra i parcheggiatori abusivi. «Per carità! Nun esiste proprio! Siamo solo noi è per questo dobbiamo ringraziare il sistema». E che cos’è il sistema? «’A camorra, ecco cos’è. Ci protegge nel lavoro, ci protegge pure per la nostra vita allo stadio. Così se qualcuno di noi sbaglia e magari allo stadio fa na’ fesseria, tipo ca tira fuori nu’ coltello e viene arrestato, il sistema paga pure l’avvocato. Noi siamo abituati così, divisi per quartieri e per sistema. Ogni quartiere ha il suo».
L’ultrà Mastiffs (mastini) domina gli altri gruppi e va fiero della sua forza. «Simmu tutti in carne e tatuati - spiega Totò -. Quelli che vedete magrolini, so’ scugnizzi consumati dall’eroina». L’ultrà Mastiffs sa essere generoso: «Signò mo’ vi porto a mangiare la pizza fritta più buona di Napoli, alla friggitoria del Presidente». Che in realtà si chiama «Da Gaetano», ma che per tutti è nota con l’altro nome da quando l’ex presidente degli Usa Bill Clinton si fermò nel vicolo a gustare «crocchè e pizza fritta. Le vedete? Le foto stanno ancora là, appese all’ingresso». L’ultrà Mastiffs se lavora cerca di finire per le 4 del pomeriggio, se è disoccupato dorme fino alle 4 del pomeriggio e poi tutti in piazza Bellini o a seguire la squadra.
Ultrà giovani e meno giovani rollano canne di marijuana e hashish e intanto definiscono come organizzarsi e partire. Birra in bottiglia consumata come fosse acqua minerale e sfottò a un turista di mezza età con una polo rossa con polsini e colletto gialli. Non è una maglia della Roma, è evidente, ma basta l’accostamento giallorosso a scatenare insulti e cori da stadio.
Se vieni a Napoli, ti porto io nei luoghi dove è stata la signora giornalista così potrai renderti conto con i tuoi occhi di alcune cose e potrai trovare altri 1000 spunti per il tuo blog.
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