La rincorsa al Mondo perfetto, quello nel quale l'interesse di mille, diecimila, ventimila può essere sacrificato a quello di uno solo, porta a decisioni discutibili come quella del TAR del Lazio che ha bloccato il concorso nazionale per uditori giudiziari accogliendo il ricorso di un concorrente affetto da una grave disfunzione renale che non gli consente di affrontare le prove per i tre previsti giorni consecutivi.
Lo racconta Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera di oggi.
Francamente resto molto perplesso di fronte a notizie di questo tipo, che mi aiutano a comprendere come siano ormai in molti ad auspicare l'abolizione dei tribunali amministrativi (e aggiungerei anche la Corte dei Conti) ormai più spesso dannosi che semplicemente inutili.
«Può a giorni alterni»
Maxiconcorso sospeso
per garantire il disabile
Bloccati gli esami per aspiranti toghe
Facile fare i buonisti a parole sui diritti dei disabili, meno quando garantirli sul serio comporta un «costo» non solo per lo Stato ma anche per i singoli cittadini. Perché nel mondo dei diritti non sempre «uno vale uno»: a volte, una sola persona può valere più di altre 20.787. Proprio come ora nella decisione d’impatto nazionale del Tar del Lazio che, accogliendo l’istanza di un candidato disabile, al momento fa saltare il 25-26-27 giugno il concorso per 365 posti di magistrato, alle cui prove scritte a Roma si erano iscritti 20.787 candidati.
Il problema, per uno soltanto di questi ventimila candidati, sta proprio qui: nel calendario fissato dal decreto ministeriale del 7 marzo 2014, quello di cui adesso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio sospende l’efficacia. Affetto da una grave disfunzione renale, questo giovane abruzzese di 34 anni è infatti rigidamente costretto un pomeriggio sì e uno no a sottoporsi nell’ospedale di una città dell’Emilia Romagna a una sessione di dialisi che lo affatica molto. Non è dunque in condizione di affrontare a Roma tre giorni consecutivi di prove scritte, né come condizione fisica né come compatibilità tempistica con le cure che deve osservare. E chiede quindi al Tar, con gli avvocati Massimo Clara e Michele De Fina, di poter svolgere le prove scritte in giorni non consecutivi, appellandosi all’articolo 16 della legge n.68 del 12 marzo 1999 che garantisce ai disabili la possibilità di partecipare a tutti i concorsi per il pubblico impiego, da qualsiasi amministrazione pubblica siano banditi, in parità di condizioni con tutti gli altri concorrenti, attraverso la previsione di speciali modalità di svolgimento delle prove di esame.
L’Avvocatura generale dello Stato, per conto del ministero della Giustizia, obietta però che non sarebbe possibile fargli svolgere separatamente una delle prove scritte in un giorno diverso dagli altri candidati, perché altrimenti la regolarità del concorso potrebbe essere inficiata dal fatto che il suo testo diventerebbe identificabile, ed egli potrebbe conoscere i titoli dei temi già usciti prima.
Tutto vero, rileva la sezione «prima quater» del Tar del Lazio. Ma «l’esigenza di garanzia di accesso al pubblico impiego da parte dei cittadini disabili, attraverso la necessaria modulazione delle modalità di svolgimento delle prove, assume particolare e specifica rilevanza in relazione al concorso per l’ammissione alla magistratura ordinaria, che costituisce lo strumento esclusivo per l’accesso dei cittadini all’esercizio del potere giurisdizionale dello Stato». E la legge del 1992, che permette a un disabile ammesso alla partecipazione a concorsi pubblici di chiedere ad esempio un accompagnatore in relazione al proprio handicap, «non esaurisce l’ambito degli strumenti di modulazione delle modalità di svolgimento delle prove concorsuali ipotizzabili per conseguire gli obiettivi perseguiti dalla successiva generale» legge n.68 del 1999.
E siccome la domanda del candidato disabile di poter svolgere le prove scritte in tre giorni non consecutivi «non contrasta con nessuna disposizione precettiva di legge» (dal regio decreto 1860/1925 in poi), è invece l’efficacia del decreto di fissazione del concorso a dover essere sospesa «nella parte in cui fissa lo svolgimento delle prove scritte in tre giorni consecutivi».
L’ordinanza redatta dal relatore Giampiero Lo Presti, con il presidente di sezione Elia Orciuolo e il consigliere Fabio Mattei, ordina dunque al ministero della Giustizia di «individuare una diversa articolazione temporale delle prove secondo le esigenze rappresentate dal ricorrente», per esempio fissando le tre prove scritte a giorni alterni, tipo lunedì-mercoledì-venerdì.
Ovvio che questo comporterebbe maggiori costi di organizzazione del concorso per il ministero (ad esempio in affitti dei locali e custodia del materiale delle prove), e anche maggiori oneri (in alberghi, trasporti, vitto) per i 20.000 candidati costretti a restare fuori sede e dunque «sulle spese» per una intera settimana a Roma. Ma tutte queste effettive «ragioni, connesse a profili di spesa o di organizzazione del lavoro degli addetti alla procedura concorsuale, devono considerarsi recessive rispetto alla primaria esigenza di garanzia della possibilità di accesso alle prove del ricorrente» disabile «in parità di condizioni con gli altri concorrenti».
Adesso per evitare il caos è questione di ore: da domani il ministero della Giustizia dovrà precipitarsi a scegliere se adeguarsi al Tar, dunque cambiando date e modalità del concorso per i 20.787 candidati, oppure se azzardare urgentemente un reclamo al Consiglio di Stato nel tentativo di sterilizzare prima del 25 giugno l’ordinanza del Tar del Lazio.
Luigi Ferrarella
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