domenica 15 giugno 2014

RENZI E LA RETORICA AL POTERE


La Retorica al potere. In nessun altro modo ormai si può definire quando è accaduto con l'avvento di Renzi a Palazzo Chigi. Gli italiani gli hanno dato - vabbè anche al PD , ma perché lo guida lui - la missione delle Riforme e lui non consentirà veti tribunizi  a nessuno. Un messia.
Ora, 11 milioni di voti sono tantissimi, 20 milioni di astensioni sono il doppio, senza contare l'altro 60% di elettori votanti che non hanno scelto Renzi. 
Faccio un esempio calcistico : la Juventus è la squadra che ha il più alto numero di tifosi (uno su tre all'incirca), ed è quella che ha vinto gli ultimi tre campionati. Non credo che, nonostante questi numeri, qualcuno sano di mente penserebbe mai che spetti esclusivamente alla società bianconera  riformare il calcio italiano,che pure ne ha un gran bisogno. Ovviamente è solo una metafora, per dire che la maggioranza, tanto sbandierata da Renzi e i suoi, è fortemente relativa rispetto al corpo elettorale ( 1/5) , e ancorché percentualmente imponente (40,8%, grazie  al livello dell'astensione) non è sufficiente a fare da soli, anche se indubbiamente la bacchetta della direzione gli spetta di diritto. 
Ciò posto in ordine alla noiosa retorica del numero magico, messo alle spalle del palco degli oratori dell'assemblea, c'è poi quella delle parole come "speranza", "bella Italia", "l'Italia che fa l'Italia".
Ora, d'accordo che la fiducia è un componente importante nell'affrontare qualsiasi crisi, individuale o collettiva che sia, però insomma, siamo anche nel XXI secolo, e magari le persone fanno attenzione non solo alle parole ma anche ai fatti. 
E questi non sono un granché, fino ad ora. Non parlo nemmeno degli 80 euro, riproponendo le polemiche sulla mancia elettorale, sul favore fatto ai propri  elettori (dipendenti pubblici ), sul famoso segnale che va in una direzione diversa da quello auspicato da altre parti (non dimentico, a differenza di tanti, che non è da Renzi che ci si possa aspettare politiche più propriamente liberali ) . Faccio presente che il costo di questo cadeaux non derivano dai risparmi, la famosa spending review , ma nel solito modo : le tasse (aumento dei bolli, delle accise, dell'IMU...). Ma prescindiamo da questo e veniamo all'oggetto della contesa con Mineo e Chiti, la riforma del Senato. NON è, quella in pectore,  una buona riforma, perché scopiazza quelle di altri paesi, come Germania e Francia, che però hanno sistemi politici assolutamente diversi dal nostro (Federale la prima, semipresidenziale la seconda) e questo incide nel momento in cui MANTIENI l'esistenza di una seconda camera, gli continui ad attribuire compiti importanti ancorché non identici a quelli di Montecitorio, però non la fai eleggere dai cittadini. Non torna.
Questo discorso si può estendere all'Italicum, impantanato dopo l'approvazione della Camera dei Deputati, e sul Lavoro il Job Act , che pur avendo risolto i problemi innescati dalla Fornero per quanto riguarda la flessibilità in entrata, non costituisce certo chissà quale riforma strutturale. Per carità, magari il resto verrà, ma intanto per far passare quanto fatto come chissà che cambiamento, ci vuole molto ma molto coraggio. Idem vedo per la riforma della PA. 
Io credo che il problema, come scrivono diversi osservatori importanti,  sia determinato del pensiero - pretesa che in Italia siano sufficienti dei "ritocchi" per superare la crisi ( probabilmente confidando molto che ripartano ALTRE economie importanti e queste facciano da traino) mentre invece sono indispensabili rivoluzioni incisive e anche dolorose, come indubbiamente fu  quella sulle pensioni, con l' eliminazione di quelle di anzianità, l'elevamento dell'età a 67 anni e il calcolo contributivo. 
Ecco, una roba così serve nel Lavoro, la Giustizia, la PA.  E invece si pensa a come annacquare quella previdenziale. 
In realtà, sempre più forte è la sensazione che Renzi sia un'ottimo animale politico, ma sia arrivato al potere senza una vera strategia, e proceda un po' a braccio e slogan. 






Orfini è il nuovo presidente del Pd
Renzi: “Mineo? Nessuna espulsione
ma non possiamo essere ricattati”

Il leader dei “Giovani turchi” scelto per prendere il posto di Cuperlo.
Il premier: «Il 40,8% alle urne è una speranza, denunciare la corruzione»

ANSA
Matteo Renzi sul palco dell’assemblea nazionale
Matteo Orfini, il leader dei Giovani Turchiè il nuovo presidente del Pd. Dopo le dimissioni di Gianni Cuperlo, a primavera, il ruolo era rimasto vacante e nelle ultime settimane si erano intensificate le trattative per la successione. Tra ieri sera e questa mattina, dopo il suo rientro dalla missione all’estero, Matteo Renzi ha tirato le fila della vicenda e all’interno del partito si è trovata l’intesa sul nome poi ratificato dall’assemblea.

IL CASO MINEO
Intervenendo dal palco il premier è tornato a parlare della vicenda Mineo: «Non mandiamo via nessuno, ma non possiamo permettere a qualcuno di ricattare con la sua presenza la posizione del Pd» ha spiegato sottolineando che ci sono «regole» per i membri delle commissioni parlamentari e incassando un grande applauso dalla platea.

“DAL VOTO UN’ATTESTAZIONE DI SPERANZA”
Prendendo la parola in assemblea il premier Matteo Renzi ha commentato i recenti risultati elettorali. Nel 40,8% «non c’è solo un buon risultato del Pd, del governo, di un singolo o gruppo dirigente. È molto di più: un’attestazione di speranza sconvolgente». E ancora: «Se lo consideriamo come un investimento per provare a cambiare l’Italia diventa il modo per ripartire consapevoli di ciò che è accaduto. Ciascuno avverta l’emozione che questo risultato lo carica di una responsabilità che fa tremare i polsi».

“EUROPA, LAVORO E SCUOLA”
E sulle città perse ai ballottaggi: «Il fatto che ci sono state delle sconfitte non può mettere in secondo piano il fatto che in quelle sfide dove noi potevamo immaginare una rivincita, non solo si è vinto, ma si è dato messaggio cambiamento profondo». Poi uno sguardo al futuro: «Su tre temi dovremo giocare la battaglia delle prossime settimane»: l’Europa, la disoccupazione «sconvolgente» giovanile e una «gigantesca campagna» per l’educazione e la scuola. «Il 40,8% è percentuale che stupisce. Ma ricordiamoci che c’è un’altra percentuale che sconvolge con il 4 davanti e continua a crescere: la disoccupazione giovanile» sottolineando che «sul breve periodo in Italia si deve combattere la disoccupazione giovanile sconvolgente e recuperare speranza, entusiasmo, perché c’è tanta domanda di bella Italia nel mondo, c’è tanta voglia di un’Italia che torni a correre ed esprimere speranza».

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