Ieri non doveva essere una buona domenica per Renzi ché giornalisti diversi, su testate diverse, gli facevano tutti le pulci sul gap tra promesse e fatti, alla vigilia della pausa agostana, che, al di la delle sue minacce di far lavorare i parlamentari in agosto, ci sarà.
Parlo di Belpietro, su Libero, di Polito sul Corriere della Sera (era l'editoriale...è importante..) e di Giacalone. Il primo evidenziava, tra le altre cose, come Renzi abbia smesso di snocciolare date : ha capito che non conviene. Poi naturalmente c'è un lungo elenco di cose in alto mare : legge elettorale, riforma del lavoro (anche se c'è stato un assaggio, assai sofferto, col decreto Poletti), riforma della PA (anche lì, qualche accenno, ma nessuna rivoluzione, come invece spesso il nostro dice), giustizia non ne parliamo, pagamento dei debiti pubblici alle imprese...L'unica promessa fatta e veramente mantenuta, guarda caso, è quella degli 80 euro ai lavoratori dipendenti...La famosa mancia elettorale, non soltanto per i grillini, e che rischia fortemente di essere una "una tantum", che è stato già un miracolo arrangiare le coperture per il 2014, mentre per il 2015 "butta" malissimo.
Alla fine, forse, taglierà il traguardo la riforma del Senato, il cui parto è tuttora gravoso e il rischio di un mezzo aborto ci sta tutto. Purtroppo, e questa è colpa anche del modo di fare opposizione, con migliaia di emendamenti meramente ostruzionistici, le correzioni sensate suggerite da diverse parte finiranno ghigliottinate insieme al resto, e alla fine ci ritroveremo con una riforma fatta male.
E qui non si tratta di migliorismo, di "benaltrismo", se gli stessi opinionisti non ostili al Premier, Ainis tra questi, lamentano una riforma costituzionale pasticciata, con squilibri istituzionali favoriti anche dalla legge elettorale maggioritaria che pure si vuole approvare.
Tutto questo però è d'aiuto a non parlare di altre cose, come la grana dei conti, e la necessità di approvare il documento di spese per il 2015, che si presenteranno in autunno. Renzi improvvidamente dice (intervista a Fridman, parole dirette, nessun malinteso o manipolazione a mezzo stampa) che un 0,6, o 0,8 o un 1,5% di Pil non cambieranno la vita degli italiani (lo dice perché nenache le sfioriamo quelle percentuali). Polito, giustamente, spera in una gaffe non veramente pensata, perché sarebbe grave che un uomo di governo credesse in simile scemenze. MAGARI l'Italia registrasse un + 1,5% ma anche un 1 !! Qui siamo invece sempre in stagnazione, col debito pubblico che, nonostante i salassi fiscali degli ultimi 4-5 anni, cresce, e il deficit forse finirà per superare il fatidico 3%. Il che dimostra che la politica del rigore non aiuta, e tantomeno le purghe tassaiole. Si deve spendere MENO, tagliare i costi improduttivi, e fare le riforme che gli altri PIIGS hanno fatto, e grazie alle quali oggi sono meno malati di noi, che restiamo gravi. La Spagna è entrata in crisi poco prima di noi ma ne sta uscendo, avendo avuto il coraggio di tagliare stipendi, riformare il lavoro, eliminare le tredicesime ( quelle per le quali UIL non vuole l'accordo con Etihad...), chiedere aiuto per risanare le proprie banche ecc. Noi pensiamo di poter evitare tutto questo, e il risultato è che quasi 3 anni di cure drastiche e mirate, con tre diversi dottori al capezzale (Monti, Letta ora Renzi), non ci hanno portato fuori dalle rapide. E la cascata, ricorda Giacalone, si avvicina.
E non sarà certo il Senato nuovo di zecca ad evitarcela.
Per non fare i conti
C’è il buon affare del Senato e il cattivo affare dei conti. Il governo spera di usare il primo per affrontare o scansare il secondo. La canoa italiana ha imboccato il ramo delle rapide, senza sapere se e quando ci sono le cascate. C’è chi s’inebria con un futuristico elogio della schiuma e della velocità, chi coglie l’occasione per sbracciarsi e mettersi in mostra, e chi, all’opposto, approfitta della distrazione per nascondere il vuoto d’idee. Tutto in un delirio tatticistico e politicista, senza che ci si curi di quel che viene dopo lo spumeggiare.
Il Senato è un buon affare. Per molti, se non per tutti. Mattero Renzi può far la parte del condottiero che non s’arresta. Gli oppositori più chiassosi possono far la parte dei combattenti senza paura. Finiscono sommersi quelli che vorrebbero correggere un testo mediocre e squilibrato, scompare la voce delle persone serie, a sinistra (con molto dolore) e a destra (con troppa sottomissione). Ma l’impressione è che poco importi, ai duellanti.
Se la campagna del Senato va a buon fine, il governo la utilizzerà per dire: abbiamo cominciato a cambiare l’Italia, adesso non rompeteci troppo l’anima sui conti. Se si dovesse impantanare in guerra di trincea, la utilizzerà per dire: c’impediscono di cambiare l’Italia, meglio tornare alle urne. Nel primo caso ci sarà il tempo per cambiare la legge elettorale, magari usando anche il dialogo con i pentastellati. Nel secondo si accetterà di votare (sempre che il Colle copra l’operazione con lo stesso partecipe trasposto con cui copre i ludi senatoriali) con un sistema meno certo nel risultato, puntando a gruppi parlamentari più direttamente e personalmente controllabili. In ambedue i casi l’obiettivo è quello di non far precedere il voto da un assestamento dei conti, che non gioverebbe alla credibilità e popolarità di Renzi. Questo il panorama tattico. Ma poi c’è la sostanza, coriacea assai.
Intanto perché il cambiamento del Senato non si tradurrà in una più veloce a corriva attività legislativa, se non passando prima per le urne. Ciò per l’inaggirabile motivo che anche in caso di cambiamento costituzionale non è che il Senato sparisca all’istante, ma occorre che sia sciolto quello presente. Poi perché ignorare l’aggiustamento dei conti ci porterà ad avere un debito ancora più alto, quindi a veder crescere la massa tumorale che ci soffoca. La tanto reclamata e declamata elasticità non giova minimamente né all’economia reale né al tenore di vita dei cittadini, aiuta i governi a non prendere atto dei propri insuccessi. Vale per tutti, non solo per l’Italia. Noi, però, siamo i più esposti, proprio perché intestatari del debito più potenzialmente esplosivo.
Varrà la pena di tornare, su questo punto. Che è decisivo, perché deve essere cancellata l’illusione che sia il rigore ad avere provocato la recessione, semmai sono il debito e la spesa pubblica improduttiva ad avere prodotto prima il rallentamento della crescita e poi il precipitare nella decrescita, per, infine, approdare alla stagnazione. Pensare di curare il male con lo stesso male non è una specie di omeopatia politica, è un errore pericolosissimo. Serve a far credere all’opinione pubblica che ci danneggiano i vincoli esterni, non le dilapidazioni interne. Si può anche riuscire in un simile gioco di prestigio, aiutati dagli schiamazzi del loggione qualunquista, ma il teatro crolla prima della fine dello spettacolo.
Sobbalziamo fra i flutti e ci divertiamo fra i gorghi, convinti che non possono lasciarci precipitare senza per questo rompere il convoglio europeo. Attendiamo che ci tirino una cima e ci fermino, facendo finta di non sapere che già in tal senso si è spesa la Banca centrale europea. Ma a nessuno viene in mente di raccontare la verità, nessuno se ne prende l’onere, perché nessuno ha credibilità sufficiente o voglia di rallentare la (presunta) corsa verso il successo. Si crede che la partita rilevante sia quella interna alla canoa. Magari si potrà gridare “vittoria” quando sotto non ci sarà più il fiume, ma il vuoto.
Non c’è nulla d’ineluttabile, in questo. Non è una sorte segnata, perché avremmo ancora le forze per invertire la rotta. Solo che chi è in grado di remare tende a sbarcare, chi avverte viene deriso, e l’unico spettacolo che va in onda è quello della campagna senatoriale. In queste condizioni il meglio che possa accadere (per chi governa) è che con i problemi veri si facciano i conti dopo e non prima delle elezioni. Cambia, molto, per chi vuol comandare. Non cambia nulla, per tutti gli altri, se non per il tempo perso.
Nessun commento:
Posta un commento