lunedì 21 luglio 2014

DAVIDE GIACALONE : PRIMA O POI SI DOVRANNO FARE I CONTI. QUELLI VERI, CHE SONO QUELLIE ECONOMICI.


Lucido come sempre il ragionamento di Davide Giacalone, e anche originale, nel senso che dice cose che altri non scrivono, discostandosi da un certo coro luogocomuneggiante. L'argomento trattato stavolta è l'illusione che, dopo l'assoluzione di Berlusconi, si sia creato un clima di pacificazione che favorirà il cammino delle riforme.
L'attento politologo avanza dei dubbi su questo scenario e spiega il perché, ma soprattutto ricorda che qui discettiamo tanto di riforme, anche con ragione che sicuramente ne abbiamo bisogno, anche di queste istituzionali (ma non nella forma che si intravede...), e ci scordiamo che siamo alla vigilia del documento di programmazione economica finanziaria per il 2015, con una crescita pe il 2014 che sarà ben al di sotto del non già esaltante 0,8% e quindi la concretissima prospettiva di una manovra correttiva.
Insomma, il solito autunno di palta.




 

Clima assolvente

Dove sta scritto che l’assoluzione di Silvio Berlusconi porta con sé un più spedito e sereno cammino delle riforme costituzionali? Sta scritto su tutti i giornali, lo so. Ma è sensato? Mica tanto. Per ragioni di diritto, di economia e di politica lo svanire di un potenzialmente micidiale gravame giudiziario dovrebbe (letteralmente) liberare la scena e restituire alla normalità i rapporti fra le parti. Il che non depone affatto nel senso della bonaccia e della bonomia. Vediamo quelle regioni e il perché.
Per noi garantisti non cambia granché, quindi le ragioni di diritto potrebbero essere facilmente liquidate: Berlusconi, in quel procedimento, innocente era e innocente è rimasto. Posto che deve ancora concludersi e che di condanna ne sta già scontando una. Ma al club del vero garantista siamo iscritti in pochi. Sento dire che l’assoluzione si deve al cambiamento del clima e che, pertanto, quell’atmosfera andrebbe preservata. A dirlo sono anche quelli che s’erano spesi nel sentenziare, quando le accuse fioccavano sul leader del centro destra, che le questioni giudiziarie devono essere sempre separate da quelle politiche. Segno che il club dei coerenti è in concorrenza con quello dei garantisti, in quanto a scarso affollamento. Sento ripetere che se, invece, fosse stata confermata la condanna, allora sì che le riforme sarebbero saltate. Ma il diretto interessato aveva detto e ribadito il contrario: se mi condannano si va comunque avanti. Siccome lo hanno assolto, vale lo stesso? Non è affatto scontato, perché, semmai, si potrebbe così ragionare: fare il buonino ha reso, ma ora la partita è chiusa, il processo di Napoli, sull’ipotesi che dei senatori siano stati comprati, andando avanti distrugge il Parlamento, non l’imputato, il resto, giudiziariamente parlando, è remota frattaglia. Se quella era la ragione del profilo compromissorio, è cessata.
Aggiungo solo, sul merito di quel processo, che tanti moralismi hanno dato il voltastomaco, che l’idea di tradurre in reato quel che si nega essere anche solo peccato è da ipocriti e vili, senza dimenticare, però, che ero e resto convinto che certe condotte personali sono incompatibili con il ricoprire incarichi collettivi. Senza moralismo, ma con realismo.
Le ragioni economiche sono quelle che trovo decisive. Comunque la si metta, comunque si corra nel votare alla cieca la riforma del Senato, del Titolo quinto e della legge elettorale, comunque queste cose giungeranno a compimento assai dopo che, a settembre, si dovranno rifare i conti. Se la crescita, come prevede la Banca d’Italia, sarà appena un quarto di quell’asfittico 0,8% previsto dal governo, si dovrà mettere mano a una legge di stabilità sgradevole. Anche se si dovesse trattare di soli tagli (magari!), cosa cui crederò solo dopo averlo non solo visto, ma toccato. Il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, si trova in una condizione sempre più difficile: da una parte garantisce (anche a nome del Quirinale) ai partners europei che l’Italia manterrà le promesse, dall’altra asserisce che le regalie possono continuare, anzi allargarsi (come ancora prometter Matteo Renzi), cosa per cui mancano le premesse. Si ripete con insistenza che Renzi voglia spostare Padoan. Il solo risultato che otterrebbe è il venir meno della garanzia. Produrrebbe solo rigore e rigidità.
In ogni caso, questa roba arriva assai prima delle riforme, quindi, ammesso e non concesso che le legioni parlamentari marcino compatte e spedite, per strada troveranno la palude economica. Che prenderà il sopravvento.
Infine c’è una ragione politica. Chi scalpitava, all’interno di Forza Italia, poteva essere tenuto a bada dicendogli: incosciente, tu uccidi il padre. Ora babbo è salvo, quindi si può ricominciare a vociare. Vero che l’invocazione della grazia potrebbe essere la premessa di un nuovo richiamo al silenzio, ma siccome non ci sarà (né il silenzio né la grazia), si preparino a vociare doppiamente. Chi mordeva il freno, all’interno del Partito democratico, del resto, poteva essere imbrigliato obiettando: pazzo, non vedi che così lo cuciniamo e non può reagire, mentre i suoi sono allo sbando? Ora il rosolato è sceso dallo spiedo, i suoi hanno festeggiato, i compagni hanno deglutito facendo finta di non avere passato venti anni a fare i fascistoni giustizialisti, sicché possono rispondere domandando: oh pimpirimpinino, non è che dopo la manovra economica sarai riuscito nel capolavoro di far fare il costituente a un condannato e far condannare noi come fanfaroni e affamatori?
Insomma, l’impressione è che, al di là dei tanti meteorologi che parlano con il naso all’insù, dopo l’assoluzione o si cambia governo, integrando Forza Italia e assegnandogli, tanto per essere chiari, il ministero degli esteri, oppure, coerentemente con il sopraggiungere dell’autunno, nel mentre si decanta il sereno sarà bene tenere a portata di mano l’ombrello.

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