lunedì 21 luglio 2014

ANCHE PANEBIANCO CHIEDE CONTO A RENZI DELL'OSTINAZIONE MOGHERINI


L'altro giorno avevamo titolato, parlando dell'opposizione tedesca e dell'Europa del Nord alla candidatura italiana per il ruolo di rappresentante della diplomazia europea ("Mister Pesc", finora occupato dall'ectoplasma della Ashton), "Mogherini chi ?" (http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/07/mogherini-chi.html).
Proporre una signora che già da noi ci chiediamo come sia finita al ministero degli esteri non c'è sembrata una gran furbata da parte di Renzi, che in questo si mostra peggiore di Berlusconi : "garantisco io !" sembra voler dire ogni volta che le sue nomine, tese a favorire gli amici fiorentini e toscani, lasciano oltremodo perplessi. 
Ora, a parte che la sensazione è che, almeno a livelli di media importanti, inizia a diminuire anche da noi in Italia la schiera di coloro che si fanno bastare questa sorta di "ghe pensi mi" (o come si scrive ...). figuriamoci all'estero dove la definizione "mister 40%" comincia ad essere accompagnata da un sorriso vagamente ironico (della serie : se pensi che ti possa bastare questo...).
Angelo Panebianco, uno degli editorialisti più speranzosi nei confronti del Premier, è  anche tra quelli che dicevamo con dubbi insorgenti,e riflette si questa candidatura che ragionevolmente critica.
Perché spendersi tanto per un ruolo sicuramente di buona visibilità ma di scarsa concretezza, e dove le brutte figure sono inevitabili, visto il coro cacofonico che soprattutto in politica estera caratterizza la (non) Unione ? 
E una volta fatta questa improvvida scelta, come pensare che questa fosse conciliabile con l'attuale politica di appeasement che il governo Renzi attua nei confronti della Russia di Putin, in perdurante crisi Ucraina, ora di nuovo allo zenith causa la strage dell'aereo civile colpito da un missile dei ribelli filorussi (versione al momento più quotata) ? Anche la Germania ha molti interessi e rapporti di affari con Mosca, ma meglio dell'Italia sa gestire i rapporti con i paesi confinanti con la Russia,  rassicurandoli in vario modo.
Renzi e il suo governo mostrano di preoccuparsi molto degli approvvigionamenti energetici dell'Italia, il che si può anche comprendere, ma con due obiezioni : 1) risolvere questi problemi dipendendo sempre più dal gas russo sembra una scelta miope, molto 2) se comunque la si vuol fare, meglio allora rinunciare al ruolo di rappresentante della diplomazia UE, che troppi paesi non guarderanno con favore chi si mostra troppo amico del temuto orso russo. 
DI qui il dubbio, ora anche di Panebianco, che Renzi sia mosso nelle sue scelte dall'istinto, più che dal ragionamento, dalla tattica di brevissimo momento, in assenza di una visione strategica.
Dubbio che si può tranquillamente estendere  a praticamente tuttoil resto della sua politica, temo. 



il Silenzio su Putin che Ostacola un’Ambizione
di ANGELO PANEBIANCO
 


 Se c’era un ministro degli Esteri europeo che avrebbe avuto la convenienza a uscire immediatamente, e dandogli la massima pubblicità, con un durissimo comunicato anti Putin sulla vicenda dell’aereo malese quasi sicuramente abbattuto dai ribelli filorussi (se non addirittura da soldati russi), questo tal ministro era Federica Mogherini. Tanto più che le dure prese di posizione contro i russi di Obama e della Merkel le avevano comunque spianato la strada. Sarebbe servito, in altre parole, qualcosa di più del troppo prudente e troppo burocratico auspicio secondo cui «la Russia deve assicurare piena e credibile collaborazione alle indagini» che si può leggere nel sito del ministero.
Forse quel duro comunicato, prima o poi, arriverà, ma sarà comunque fuori tempo massimo. Peccato. Il ministro ha perduto un’occasione per zittire i suoi critici, quei governi dell’Est Europa che la accusano (e accusano il governo italiano) di eccessiva vicinanza ai russi e, per questo, non la vogliono come Alto rappresentante dell’Unione per la politica estera e la politica della sicurezza (in gergo, Mister Pesc), nel posto fino ad ora occupato da Catherine Ashton. Ed è anche un peccato che l’Italia non abbia partecipato alla iniziativa di Francia, Gran Bretagna e Germania volta a pretendere da Putin piena collaborazione sulla vicenda dell’aereo minacciandolo, in caso contrario, di sanzioni.
Si potrebbe dire che il conflitto sulla Mogherini non faccia altro che riflettere la normale competizione fra interessi nazionali divergenti che è ormai da molto tempo la regola nei rapporti fra i 28 Stati dell’Unione. Nel caso specifico, tale competizione si manifesta, o sembra manifestarsi, come conflitto fra gli interessi geopolitici degli ex satelliti dell’Urss, sostenitori della linea dura, della deterrenza nei confronti dei russi, e gli interessi economici (commerciali e, soprattutto, energetici) dell’Italia, sostenitrice invece dell’intesa, dell’appeasement . Nulla di strano dunque? Non proprio. In primo luogo perché, per la natura di quella posizione, il posto di Mister Pesc può essere occupato solo da una persona che si impegni a tenere conto delle esigenze di tutti i membri dell’Unione e che, almeno all’inizio, non sia oggetto della ostilità di un consistente gruppo di Paesi. Come potrebbe lavorare altrimenti? Se la Mogherini è davvero interessata a quella carica ha il dovere di rassicurare i suoi critici dimostrando l’infondatezza dei loro argomenti.
In secondo luogo, è forse venuto il momento di discutere se è davvero nell’interesse nazionale italiano onorare comunque l’accordo fra Eni e Gazprom (il colosso energetico russo) e portare a termine, costi quel che costi, il gasdotto South Stream, destinato a tagliare fuori l’Ucraina e a portare il gas russo sulle coste pugliesi. A parte il fatto che è proprio la questione del South Stream a dividere gli europei dell’Est dall’Italia e a spiegare la loro ostilità nei confronti della Mogherini, c’è anche, e soprattutto, il fatto che della eccessiva dipendenza energetica italiana dai russi è giusto discutere. Soprattutto adesso, con la crisi ucraina in corso, è lecito domandarsi se abbiamo interesse ad aumentare la nostra dipendenza dai russi (come promette il completamento di South Stream) o se abbiamo invece interesse a diminuirla. Per non esporci in futuro a pesanti ricatti.
Come molti hanno osservato, resta poco chiaro perché Renzi abbia puntato i piedi, mettendo in gioco la propria credibilità, per conquistare all’Italia la titolarità della (cosiddetta) diplomazia europea — una carica fragile, priva di reale potere — anziché tentare di conquistare posizioni di peso, dotate di potere effettivo, in seno alla Commissione europea (Commercio, Concorrenza, eccetera). Il dubbio di molti è che sia stata una questione di inesperienza, la voglia di portare a casa un risultato di immagine (un risultato che gli avrebbe dovuto assicurare un immediato prestigio) anziché di sostanza.
Comunque sia, ormai Renzi non può tornare indietro. Ma se vuole davvero non essere sconfitto, far passare la Mogherini e, inoltre, fare anche un buon servizio all’Italia e all’Europa, allora deve articolare molto meglio la sua proposta. Deve offrire all’Europa, come ha scritto Marta Dassù su La Stampa di ieri, una visione strategica che possa essere condivisa e che investa tutti i principali aspetti del rapporto fra l’Europa e il resto del mondo: relazioni con gli Stati Uniti, con l’impero russo, con le aree calde mediorientali e asiatiche. Sarebbe un modo non solo per spianare la strada alla Mogherini ma anche per tentare di dare più forza e credibilità a quella carica di Alto Rappresentante per la politica estera che fino ad oggi non ha lasciato segni rilevanti sulla politica internazionale.
Resta, naturalmente, un dubbio. Renzi ha grandi capacità e grandi talenti. Ha anche la capacità di articolare una simile, complessa, visione strategica?
Se la Mogherini non passerà sarà una brutta botta per il premier. E come italiani non dobbiamo proprio augurarcelo. E anche la Mogherini ne uscirà in tal caso un po’ ammaccata. Però lei, almeno, potrà sempre consolarsi. Per quanto tradizionalmente difficile e problematica sia la politica estera italiana, è pur sempre meglio (e forse lo sarà ancora a lungo) fare il ministro degli Esteri vero, autentico, di uno Stato piuttosto che il ministro degli Esteri, più finto che vero, di un’Unione disunita.

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