I giornali devono vendere, e assecondano la curiosità dei lettori. Se questa è malata o morbosa, pazienza (anzi , meglio, se fa vendere di più). Lo si vede con le notizie di cronaca nera, con quelle pruriginose, e anche in politica, le volte in cui questa solletica la pancia dei compratori.
E' il caso della guerra israelo-palestinese , dove fiumi di inchiostro sono sparsi per descrivere nei particolari gli orrori, dove le vittime civili vengono strumentalizzate dalle parti in causa, dove si moltiplicano gli appelli di personaggi famosi e pseudo intellettuali, sempre e solo contro Israele.
Avoglia a sgolarsi quelli come Sergio Romano o Roberto Toscano a dire che le critiche forti a Israele non c'entrano con l'antisemitismo. Sicuramente vale per loro, e per una minoranza di persone loro simili. Ma per la maggioranza no, che se no come si spiegherebbero gli atti di violenza in Europa contro gli ebrei, certo non colpevoli di quello che fa il governo di Tel Aviv, i discorsi deliranti di un Vattimo ( io sono per la libertà di espressione, anche di quella demente e violenta, però mi chiedo come mai certe procure, attive per esempio contro Erri De Luca, per le sue parole a favore delle iniziative di sabotaggio dei no tav, nulla hanno da eccepire contro discorsi chiaramente incitanti alla violenza contro uno stato amico e contro il popolo ebraico ? ) e di quelli come lui ?
Solidarietà verso un popolo oppresso ? L'orrore per la sorte dei civili, bambini soprattutto ?
Non siamo ipocriti.
In Siria sono tre anni che il popolo viene seviziato da un dittatore. Oggi quella guerra, è diventato un caos totale tra lealisti di Assad, i rivoltosi originari (ormai la parte più debole tra quelle in conflitto) che volevano abbattere la dittatura di Bashar, e le varie fazione Jidhaiste che hanno come obiettivo non certo l'edificazione di uno stato "democratico" (uso le virgolette, perché ormai penso che anche per questo secolo di democrazia sia inutile parlare per il popolo arabo, comunque denominato) e che hanno preso saldamente in mano una parte del territorio siriano (e anche iracheno).
L'ONU e l'occidente, che tengono una contabilità quasi da necrofili delle vittime di Gaza, non contano più quelle siriane. Chi ancora lo fa, parla di 170.000 morti in tre anni, senza parlare dei milioni di sfollati, molti dei quali rifugiatosi fuori dal paese, in Turchia e altri paesi confinanti.
Pensavo, dopo alcune importanti vittorie dei lealisti di Assad, appoggiati sul terreno dagli Hezbollah e armati dagli iraniani ( e dai russi), che la situazione si stesse "normalizzando" con la vittoria del dittatore (per quello che si vede in Libia, forse il minore dei mali, ed è terribile dirlo), ma nel mese di luglio lo scontro è tornato ad inasprirsi. Assad ha piegato i ribelli "laici" (definiamoli così per distinguerli dai fanatici e fondamentalisti islamici), ma non ha vinto contro i jidhaisti che anzi hanno preso il sopravvento in alcune aree del paese e continuano a seminare sangue ad Aleppo e Damasco.
Nell'ultimo mese di luglio, sono morti più di 5000 siriani, un quinto civili, e un quarto di questi bambini.
Ma non sono vittime del fuoco ebreo, e quindi non contano.
Siria, la guerra dimenticata: in tre anni oltre 170 mila morti
Almeno 5.340 morti nel solo mese di luglio, tra i quali 1.067 civili, compresi 225 bambini
AP
I combattimenti ad Arsal, nell’alta Valle della Bekaa
Almeno 5.340 morti nel solo mese di luglio, tra i quali 1.067
civili, compresi 225 bambini: la carneficina del conflitto civile in
Siria continua inesorabile, sebbene lontano dai riflettori dei media
internazionali, che in questi giorni sono concentrati sulla tragica
situazione a Gaza.
A fornire le ultime cifre, che appesantiscono ulteriormente un bilancio di oltre 170.000 vittime a partire dal 2011, è stato oggi l’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), che ha sede in Gran Bretagna ma conta su una vasta rete di informatori in Siria. Il conflitto siriano ha ormai superato come numero di morti quello della guerra civile che per 15 anni, dal 1975 al 1990, sconvolse il Libano. E le violenze non accennano a diminuire, né si vede una soluzione a portata di mano, con le diplomazie paralizzate e un Paese diviso in porzioni di territorio controllate dalle forze lealiste, appoggiate dalle milizie libanesi di Hezbollah, ribelli e gruppi armati jihadisti, che spesso rivolgono le armi anche gli uni contro gli altri.
Oltre 50 jihadisti, secondo l’ong, sono stati uccisi nelle ultime 48 ore dopo essere caduti in una imboscata tesa loro dalle forze di Damasco e da miliziani Hezbollah in una regione montagnosa a nord-ovest di Damasco lungo il confine con il Libano. Almeno sette vittime si contano tra le forze lealiste, compresi due membri di Hezbollah. Gli scontri sono avvenuti nei pressi del villaggio di Al Jebbe, nella regione del Qalamun, che la primavera scorsa era stata riconquistata dalle forze del regime, ma dove operano ancora nuclei di ribelli che possono contare su punti di appoggio in territorio libanese nelle aree a maggioranza sunnita solidali con la rivolta. In una di queste località, Arsal, nell’alta Valle della Bekaa, sono penetrati oggi gruppi di jihadisti che hanno attaccato posti di blocco dell’esercito e hanno occupato una stazione di polizia, uccidendo due soldati e due civili, dopo che le forze armate libanesi avevano catturato un membro del Fronte al Nusra, la branca siriana di Al Qaeda.
Se sulle montagne del Qalamun i miliziani di Al Nusra hanno unito le loro forze a quelle dei jihadisti dello Stato islamico (Isis) - che controllano anche ampie porzioni dell’Iraq - e di altri gruppi armati fondamentalisti, in altre parti del Paese continua una guerra feroce tra queste organizzazioni. Il capo di Al Nusra nella città nord-occidentale di Idlib è stato ucciso la notte scorsa da una bomba fatta esplodere nella sua auto, ha detto l’Ondus. Un episodio che sembra solo l’ultimo atto di una faida in corso con lo Stato islamico da molto tempo.
Dei gruppi jihadisti fanno parte molti combattenti provenienti da altri Paesi. E a conferma di come quello siriano sia diventato ormai un conflitto internazionale, tra i morti nel mese di luglio figurano 1.092 stranieri nelle file dei gruppi armati jihadisti e 106 schierati con i lealisti, dei quali 28 delle milizie sciite libanesi dell’Hezbollah e 78 provenienti da altri Paesi.
A fornire le ultime cifre, che appesantiscono ulteriormente un bilancio di oltre 170.000 vittime a partire dal 2011, è stato oggi l’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), che ha sede in Gran Bretagna ma conta su una vasta rete di informatori in Siria. Il conflitto siriano ha ormai superato come numero di morti quello della guerra civile che per 15 anni, dal 1975 al 1990, sconvolse il Libano. E le violenze non accennano a diminuire, né si vede una soluzione a portata di mano, con le diplomazie paralizzate e un Paese diviso in porzioni di territorio controllate dalle forze lealiste, appoggiate dalle milizie libanesi di Hezbollah, ribelli e gruppi armati jihadisti, che spesso rivolgono le armi anche gli uni contro gli altri.
Oltre 50 jihadisti, secondo l’ong, sono stati uccisi nelle ultime 48 ore dopo essere caduti in una imboscata tesa loro dalle forze di Damasco e da miliziani Hezbollah in una regione montagnosa a nord-ovest di Damasco lungo il confine con il Libano. Almeno sette vittime si contano tra le forze lealiste, compresi due membri di Hezbollah. Gli scontri sono avvenuti nei pressi del villaggio di Al Jebbe, nella regione del Qalamun, che la primavera scorsa era stata riconquistata dalle forze del regime, ma dove operano ancora nuclei di ribelli che possono contare su punti di appoggio in territorio libanese nelle aree a maggioranza sunnita solidali con la rivolta. In una di queste località, Arsal, nell’alta Valle della Bekaa, sono penetrati oggi gruppi di jihadisti che hanno attaccato posti di blocco dell’esercito e hanno occupato una stazione di polizia, uccidendo due soldati e due civili, dopo che le forze armate libanesi avevano catturato un membro del Fronte al Nusra, la branca siriana di Al Qaeda.
Se sulle montagne del Qalamun i miliziani di Al Nusra hanno unito le loro forze a quelle dei jihadisti dello Stato islamico (Isis) - che controllano anche ampie porzioni dell’Iraq - e di altri gruppi armati fondamentalisti, in altre parti del Paese continua una guerra feroce tra queste organizzazioni. Il capo di Al Nusra nella città nord-occidentale di Idlib è stato ucciso la notte scorsa da una bomba fatta esplodere nella sua auto, ha detto l’Ondus. Un episodio che sembra solo l’ultimo atto di una faida in corso con lo Stato islamico da molto tempo.
Dei gruppi jihadisti fanno parte molti combattenti provenienti da altri Paesi. E a conferma di come quello siriano sia diventato ormai un conflitto internazionale, tra i morti nel mese di luglio figurano 1.092 stranieri nelle file dei gruppi armati jihadisti e 106 schierati con i lealisti, dei quali 28 delle milizie sciite libanesi dell’Hezbollah e 78 provenienti da altri Paesi.
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