sabato 2 agosto 2014

ALESINA : RENZI, SBAGLIATE LE PRIORITA'. SE PARLA DEL PAESE, HA RAGIONE. MA NON COINCIDONO CON QUELLE DEL PREMIER


Dopo Giavazzi che prendendo di mira Cottarelli - che ha risposto dal suo blog, accusando il governo, e infatti ora è "licenziando" - aveva posto l' attenzione sulla sparizione dai radar del pur scottante problema della spending review, oggi tocca al gemello - in genere scrivono gli editoriali insieme, stavolta si sono divisi i compiti - Alesina, il quale rimprovera al Premier di aver sbagliato l'ordine delle priorità.
L'editoriale dice cose ampiamente condivisibili, anche se non mi risulta l'incipit : " «mini rivoluzione» economica basata su meno tasse, più flessibilità, piu concorrenza, meno spesa pubblica".
Obiettivamente a me non risulta che questo sia il programma del Renzi Premier. Forse di quello della Leopolda !! 100 anni fa ! Ma non di questo che sta a Palazzo Chigi.
Sicuramente l'Italia ha bisogno di riforme anche relative all'aspetto istituzionale, riguardanti la stessa Costituzione, ma certamente i problemi più gravi vengono dal comparto lavoro ed economia. 
Disoccupazione che riguarda il 13% della popolazione (e nel computo chissà perché NON rientrano i cassa integrati, che pure non lavorano...) e il 46% dei giovani, crescita ferma, dopo aver conosciuto per due anni in segno meno, e a causa della fessione del PIL il debito pubblico, nonostante il massacro di tasse (che  ha tenuto a bada il deficit, ma a che prezzo !!! ), che sale. 
In tutto questo sono mesi dove le parole d'ordine sono le riforme della legge elettorale prima - poi parcheggiata, e bisognerà mettere mano sul testo licenziato dalla Camera - e il Senato ora. 
Siccome quello che dice Alesina è sacrosanto fino all'ovvietà, cerco di immedesimarmi nel toscanaccio e capire il perché delle sue mosse. Forse, e sottolineo forse, la spiegazione sta nel darsi maggiore forza politica, in un Parlamento che sa NON essergli amico, dove gli eletti PD sono per la stragrande maggioranza non di origine renziana. Certo, oggi in tanti si sono spostati armi e bagagli. Questa assai poco nobile trasmigrazione l'hanno fatta anche da Sel (Migliore...un nome poco acconcio al personaggio...) e da Scelta Civica, con la Lanzillotta, tanto per citare un nome, pronta all'ennesimo giro di giostra. Però resta un nutrito plotone di oppositori che, specie al Senato dove il governo non gode di maggioranze granitiche che lì il Porcellum non ha fatto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci,  possono creare problemi. Per questo Renzi ha pensato bene di cambiare le regole in modo che l'eventuale scioglimento anticipato delle camere, mai scartabile da noi, favorisca un Parlamento diverso e un esecutivo, che lui immagina ovviamente di guidare, con maggiori poteri dell'attuale. Anche il depotenziamento del Senato, con l'eliminazione del bicameralismo perfetto, va in quella direzione ( tra l'altro, se vogliamo essere maligni, anche eliminare il carattere elettivo della Camera Alta a favore delle nomine da parte dei consiglieri regionali, sembra un favore fatto a se stessi, vista la storica predominanza della sinistra a livello locale territoriale). Gli oppositori fino a che punto possono veramente ostacolarlo ? Sicuramente al M5Stelle, per dire, converrebbe andare alle elezioni anticipate col Consultellum, vale a dire con una legge proporzionale pura, e SENZA premi di maggioranza. Però se conviene al Movimento, NON altrettanto ai parlamentari ortotteri! Quanti di questi miracolati di Grillo sarebbero sicuri di riavere cotanta poltrona ?? Pochissimi. Non parliamo degli altri...compresa la minoranza PD. Mineo, Chiti, Casson...quanta di questa gente sarebbe rieletta con le liste predisposte da Renzi ?
E qundi strillare va bene, fare ostruzionismo mediatico pure, ma elezioni no. Renzi lo sa, e tira la corda finché può. Alla peggio, se cadesse il castello, lui può confidare sempre su una vittoria che gli garantisca la maggioranza relativa, e stavolta con un PD di colore fortemente gigliato. Insomma, comunque vada, oggi lui vince. E giustamente approfitta di questa situazione.
Peccato che nel frattempo l'economia continui a languire, e le cose che Alesina, e tanti altri come lui, auspicano, restino lettera morta.
 


Se parlassimo un po’ spagnolo
di ALBERTO ALESINA



Nei primi mesi del suo governo, Matteo Renzi si è impegnato su due fronti. Il primo, le riforme istituzionali; l’altro, una discussione con l’Europa sulle regole di bilancio. Evidentemente queste erano, nella sua strategia, le condizioni necessarie per iniziare l’annunciata «mini rivoluzione» economica basata su meno tasse, più flessibilità, piu concorrenza, meno spesa pubblica.
Le due fondamenta della sua strategia stanno però franando. Nonostante i primi risultati sul Senato, in tema di riforme l’atmosfera resta tesa e la strada ancora lunga. E sull’Europa? Da queste colonne si è ripetuto spesso che quel che l’Italia avrebbe dovuto fare da tempo era presentarsi a Bruxelles con un piano preciso di riforme economiche che includessero tagli di imposte sul lavoro con una riforma strutturale del mercato sempre del lavoro, accompagnato da riduzioni di spesa. L’Europa avrebbe potuto concedere un po’ più di flessibilità sui vincoli. Invece di far questo, Renzi ha cercato con la sua simpatia di «ingraziarsi» i partner del Nord Europa promettendo di rispettare i vincoli. Ma ancora non ha ottenuto quanto voleva.
Purtroppo l’economia non aspetta. Il Prodotto interno lordo (Pil) crescerà di qualche decimale dopo aver perso quasi il 10 per cento negli ultimi anni e la disoccupazione giovanile sale.
Renzi ha sbagliato la sequenza delle sue mosse. Doveva partire approfittando della luna di miele della vittoria elettorale alle Europee per presentare un coraggioso piano economico, farlo approvare a colpi di voti di fiducia e poi approdare a Bruxelles forte di questo e, dati alla mano, discutere di vincoli. Con qualche concessione dall’Europa e qualche risultato sull’economia, avrebbe poi potuto affrontare le riforme istituzionali da una posizione di forza.
In ottobre dovremo presentare i conti all’Unione europea. Sarà difficile rimanere sotto il 3 per cento nel rapporto deficit/Pil, con la crescita che è di poco sopra lo zero. Si mormora quindi di un’ulteriore manovra in autunno. Dato che chi doveva occuparsi di tagli alla spesa (Carlo Cottarelli) pare stia per dimettersi perché nessuno lo ascolta, questa manovra, se sarà necessaria, dovrà basarsi su nuove imposte, con effetti negativi per la crescita.
Renzi può quindi presentarsi a Bruxelles in queste condizioni e discutere di cifre decimali del rapporto deficit/Pil (si salveranno i famosi 80 euro?); oppure sfondare il tetto aprendo le procedure del caso e ottenere uno «sconto» dall’Europa. Ma per riuscirci senza spaventare i mercati e i partner Ue, il premier deve far partire qualche riforma. Per esempio quella del lavoro, dando a tutti il segnale che la politica economica italiana sta cambiando marcia. Certo, tutto ciò è facile a dirsi ma difficile a farsi; anche se, per esempio, la Spagna si è comportata meglio di noi sulla strada e sui tempi delle riforme.
Insomma, l’economia procede a ritmi molto più veloci delle riforme costituzionali e quando un Paese naviga sull’orlo di una crisi da debito, con mercati nervosi, la velocità degli eventi si impone all’economia. Bisogna accelerare. Il tempo non è scaduto ma Renzi deve rivedere l’ordine delle sue priorità.

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