venerdì 1 agosto 2014

LIBIA IN MANO AGLI ESTREMISTI. UN OTTIMO LAVORO NON C'è CHE DIRE


Quando una certa parte d'Europa, a guida francese stavolta (c'era Sarkozy all'Eliseo, mentre la Merkel mostrò il suo sano scetticismo, rivelatosi lungimirante), decise che bisognava salvare i civili di Bengasi, con tanto di benedizione ONU (chissà che gli hanno fatto i civili di Aleppo a quelli del Palazzo di Vetro ?) , e iniziò a bombardare le truppe di Gheddafi, impedendogli di soffocare la rivolta della tribù della Cirenaica, in tanti plaudirono per l'imminente fine dell'infame dittatura. Del resto, il clima era quello euforico della primavera araba, che abbiamo visto che grandi cambiamenti ha portato in Egitto...
In Libia l'intervento armato dei franco britannici, con la copertura USA e anche un qual certo - pure un po' vile - supporto italiano, fu ovviamente decisivo e i rivoltosi di Bengasi, che Gheddafi stava facilmente spazzando via, potettero riprendersi e poi avere la meglio. Il Colonnello venne trucidato in maniera selvaggia, ma storicamente si sa che i dittatori quella fine fanno. 
Da noi erano in pochi a scrivere che la fine di Gheddafi, quello che aveva smesso di fare il capo del terrorismo internazionale (c'era voluto Reagan a farlo ragionare, con un raid aereo dal quale il Rais uscì vivo per miracolo, rimanendo ferito e perdendo una delle  mogli), non era affatto auspicabile, che da quelle parti un dittatore comunque "laico" era meglio rispetto alla prospettiva (certezza) del caos prima e del potere dei fondamentalisti poi.
Stavolta un po' miopi, opinionisti come Pierluigi Battista e, ancora con più foga, HB Levy, plaudirono la caduta del tiranno.
Non che uno non comprenda i loro argomenti, ma la domanda è : sono soddisfatti di quanto vedono ora ?
La colpa è degli europei che non hanno aiutato i libici sulla strada della democrazia...Immagino che lo stesso discorso valga per l'Egitto.
Io credo che il problema sia che da quelle parti NON la vogliono la democrazia, non fa parte della loro cultura, sicuramente non di quella della maggioranza della popolazione. Ciò posto, c'è il problema che la gente "democratica" è imbelle, non sa combattere per questo valore (credo che la cosa valga ormai anche per gli occidentali, speriamo di non dovercene accorgere presto ) e i fondamentalisti islamici innescano con facilità guerre civili che poi vincono.
E così in pieno Mediterraneo è forte il rischio di avere un altro  "Califfato" sul modello di quello che s'intravede in Iraq e in una regione della Siria.
Il bello che noi europei siamo famosi per non intervenire MAI, lasciando tranquillamente ammazzare la gente, come in Jugoslavia o, in questi ultimi tre anni, in Siria. 
Proprio in Libia, il paese di fronte a noi, ci dovevamo impicciare ?? 

  Libia nelle Mani degli Estremisti 
 
Che la Libia fosse destinata ad una pericolosa frammentazione, prologo allo sgretolamento istituzionale e ad una gravissima crisi sociale, era chiaro fin dall’inizio della rivolta contro Muammar Gheddafi. Il colonnello fu poi ammazzato con un’operazione (leggasi esecuzione) che odora di servizi segreti e di intrighi internazionali. Era chiaro non soltanto perché Gheddafi, pur violento, spietato e guascone, era l’unico in grado di controllare il potere reticolare di troppe tribù. Ma perché, nella confusione di quei mesi, molti si erano illusi confidando in un’improbabile «primavera libica»: un «risveglio arabo» di cui i più avvertiti non vedevano, almeno a Tripoli, alcuna traccia.
Se la Tunisia ha trovato la sua strada e l’Egitto la sta cercando, la Libia giorno dopo giorno sprofonda nel caos. Il disegno del generale Khalifa Hifter, che imitando il collega egiziano Al Sisi pensava — colpendo duramente gli islamici — d’essere il garante della stabilità libica, è già fallito. Nessuno è in grado di garantire l’assoluta autenticità del proclama degli estremisti di Ansar Al-Sharia, costola qaedista, che sostengono di controllare Bengasi, seconda città del Paese. Una valutazione confermata dal ministro degli Esteri Federica Mogherini, capo della diplomazia di un Paese — il nostro — che è sempre presente a Tripoli con l’ambasciata, il consolato, e numerosi imprenditori. Per noi la Libia è il petrolio a chilometro «quasi zero». L’Eni è presente massicciamente, e il rischio che i fanatici raggiungano i pozzi è assai inquietante.
È chiaro che la conquista di Bengasi da parte di coloro che vogliono creare in Libia quanto Al Baghdadi ha creato in Iraq e in una regione della Siria toglie il sonno. L’idea di un califfato a poche miglia delle nostre coste, paventato sin dall’inizio della rivoluzione contro Gheddafi, si sta comunque realizzando. Bisognerà quindi analizzare attentamente gli errori compiuti e le ardite manovre che hanno provocato questa deriva. Non è un mistero che il Paese maggiormente impegnato a colpire il colonnello sia stata la Francia del presidente Sarkozy, con il decisivo aiuto della Gran Bretagna. Il rischio è che l’Italia paghi il conto.

Antonio Ferrari

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