Io ne no conosciute tante, ma veramente tante di persone che con convinzione hanno pensato a Monti come al salvatore della Patria, colui senza il quale l'Italia avrebbe fatto default, sarebbe finita in mani alla Troika ecc. ecc. Adesso Monti lo cercano a Chi l'ha visto ?, la sua Scelta Civica , che nemmeno tanto bene era andata alle elezioni politiche, si è liquefatta, e tutte le persone nemmeno di eccessiva intelligenza hanno capito che se c'è un Mario da ringraziare, se ancora stiamo a galla, non è quello unto dal Colle nel 2011, bensì il presidente della BCE, Draghi. Intendiamoci, col suo whatever it takes ha salvato l'area Euro, mica solo noi, però resta che se i mercati si sono finalmente calmati e lo spread veleggia a 150, quando anche con Monti era tornato a 550 (la quota che aveva costretto Berlusconi alle dimissioni), lo si deve a lui. Ha dato tempo, che i paesi, specie i PIIGS, hanno diversamente utilizzato.
Bene l'Irlanda, benino Spagna e Portogallo. Addirittura la Grecia, che se la passa sempre molto male, però ha prospettive migliori (anche se favorite dal partire talmente dal basso, che in effetti può solo risalire).
L'Italia no. L'Italia continua ad essere il malato che preoccupa l'Europa (oddio, ci sarebbe anche Parigi, ma la buona stampa di cui godono i francesi attenua le critiche). Monti era partito bene, con l'accelerazione sulla riforma previdenziale, già in fieri, che sicuramente ha portato ad un respiro dei conti, in prospettiva (ma la gente continua ad invecchiare, a non morire, e il problema ritorna). Peraltro quella riforma presentava delle obiettive criticità, ma con la scusa di risolvere quelle, rischia di diventare un colabrodo. Poi, solo TASSE, IMU in testa. La riforma del lavoro della Fornero, una iattura come poche se ne sono viste, e infatti sia Letta che ora Renzi cercano di modificarla. La Fornero si giustifica dicendo che non ha potuto portare a termine il compito, però intanto quello che ha fatto approvare è un ABORTO. Ecco perché diffido delle riforme a tutti i costi. C'è qualcosa di peggio di una mancata riforma, ed è una fatta MALE.
Queste cose noi le scrivemmo dopo pochi mesi dall'avvento montiano (e meglio di noi le scrissero Alesina, Giavazzi, Giacalone, mentre tutto il resto era un coro di peana), quando invece 3/4 d'Italia credeva al demiurgo. Abbiamo già detto come sono poi andate le cose. Letta non ha assunto questo ruolo, troppo understatement, profilo e toni bassi. E così, quando lo hanno impallinato col fuoco amico, in pochi l'hanno pianto ("il modo ancor m'offende", scriveva qualcuno, ma certo chi può rimpiangere Letta ? ). Renzino invece è ben altra cosa. E' l'ultima spiaggia.
Io ho amici anche colti e intelligenti che dicono 'sta cazzata. Ma davvero lo pensano ???
Io sono più fortunato, e non lo credo. E meno male, aggiungo, che la sensazione crescente è che il toscanaccio si riveli un bluff.
Sicuramente, ha palesato una sconoscenza governativa che in fondo era anche immaginabile, per uno che non aveva mai ricoperto incarichi direttivi di respiro nazionale.
Potrebbe accadere una cosa, che nei casi migliori accade per esempio ai presidenti degli Stati Uniti : che sia la CARICA a forgiare lo statista. Arrivato a Palazzo Chigi da Sindaco di una media città italiana (per quanto bellissima), Renzi forse imparerà a governare una nazione. Oddio, farlo con quella italiana è impresa da far tremare i polsi, e in pochi, e per tempi relativamente brevi, ci sono riusciti (penso a Giolitti, più ancora a De Gasperi, Mussolini fa discorso a sè, essendo stato un dittatore).
Al momento, i segnali non sono incoraggianti, ma sono passati solo 5 mesi.
Pochi, per quanto mediocri, per far rinunciare agli italiani di aver trovato il nuovo Salvatore., come si evince bene dalle indagini demoscopiche di Pagnoncelli che di sotto riporto.
Una curiosità, forse significativa. Nonostante il perdurante favore popolare del Premier, più di un italiano su due vorrebbe elezioni anticipate. Strano, visto che questo significherebbe congedare l'attuale governo. Probabilmente ci sta la convinzione di molti di una nuova vittoria di Renzi con un Parlamento più amico di quello attuale (che è di egida bersaniana...), ma credo influisca di più il parere di coloro che nelle ultime votazioni si sono astenuti, comprese a quelle europee, non iscrivendosi tra i fan del nuovo redentore.
Un Italiano su due per il Voto Anticipato
Il 34% vorrebbe le urne dopo le riforme e un altro 20% anche senza legge elettorale
Fiducia nel premier al 61%, in lieve flessione. Pesano lavoratori autonomi e operai
A cinque mesi dal suo insediamento il governo continua ad essere sostenuto da un consenso elevato (59 per cento) nonostante i dati macroeconomici non siano incoraggianti e i segnali di ripresa siano molto deboli. E nonostante le notevoli difficoltà incontrate nel percorso delle riforme istituzionali, testimoniate dalla bagarre al Senato di queste ultime settimane.
Sono difficoltà che rafforzano l’immagine di un premier fortemente determinato a cambiare il Paese, solo contro tutti, e spiegano il largo sostegno di cui gode: quasi due italiani su tre (61 per cento), infatti, esprimono un giudizio positivo su Matteo Renzi. Solamente tra gli elettori dell’M5S prevalgono le valutazioni negative sul governo e sul presidente del Consiglio, a conferma della inedita e larga trasversalità del consenso.
Rispetto a qualche settimana fa si osserva una lieve flessione, in particolare tra i lavoratori autonomi e gli operai, fiaccati da una crisi che sembra non avere fine.
L’ipotesi di elezioni anticipate, di cui si è parlato nel caso del fallimento delle riforme, divide l’opinione pubblica: la maggioranza (43 per cento) preferirebbe che il governo continuasse fino alla fine della legislatura (in particolare gli elettori dei partiti che sostengono l’esecutivo), un terzo degli italiani auspica il voto dopo l’approvazione della nuova legge elettorale e la riforma del Senato, mentre il 20 per cento vorrebbe andare al voto al più presto. I sostenitori del voto immediato sono più numerosi tra gli elettori di Grillo (34 per cento) e di Forza Italia (28 per cento).
Peraltro, nella fase attuale, il Pd risulta il partito maggiormente in salute, non solo negli orientamenti di voto, che sono del tutto virtuali quando si è lontani da una scadenza elettorale, ma soprattutto nei giudizi riguardanti l’operato. Il 53 per cento dei cittadini esprime una valutazione positiva sul Pd, il 30 per cento su Forza Italia e il 29 per cento sul Movimento 5 Stelle. Il Pd beneficia dell’effetto Renzi e del positivo risultato ottenuto alle elezioni europee dove, va ricordato, si è registrato il doppio effetto dell’elevata fedeltà dei propri elettori del 2013 (il 79 per cento dei quali ha confermato il voto al Pd) e della straordinaria capacità di attrarre nuovi elettori da altri partiti (39 per cento del totale dei consensi ottenuti dal partito), a conferma della maggiore fluidità elettorale rispetto a passato.
Ed è interessante osservare che attualmente tra gli elettori dei partiti avversari del Pd si riscontra una quota tutt’altro che insignificante che promuove il partito di Renzi: 39 per cento tra gli elettori di Forza Italia e 28 per cento tra quelli dell’M5S.
Di fronte a questo scenario gli analisti e i commentatori si chiedono quanto possa durare la popolarità del governo e del premier. Indubbiamente il mese di settembre sarà molto importante, sia per la maggiore rilevanza che assumeranno i temi economici sia per la contrazione di fiducia e ottimismo che da sempre l’opinione pubblica fa registrare al rientro dalle ferie.
Tuttavia, sebbene i governi recenti siano entrati in crisi di consenso soprattutto a causa dei temi economici, nel prossimo autunno non è affatto scontato che le previsioni di crescita inferiori alle aspettative, la disoccupazione che non accenna a diminuire e le voci di una possibile manovra economica possano tradursi in una brusca inversione di tendenza nella fiducia dei cittadini e nella popolarità del governo. Infatti è largamente diffusa la convinzione che il governo Renzi non abbia alternative, come pure è largamente diffusa la volontà di mantenere in vita l’idea stessa di cambiamento che il premier impersona: ritirare la fiducia in Renzi per molti significa perdere la speranza che il Paese ce la possa fare.
Dopo vent’anni nei quali le opinioni risultavano tutto sommato prevedibili ed erano guidate soprattutto dalle identità politiche siamo entrati in una stagione nuova, meno facile da decifrare, caratterizzata da atteggiamenti spesso sorprendenti e da un consenso «a geometria variabile», che muta a seconda dei temi e degli aspetti simbolici e molto meno in relazione
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