Tò, gli italiani stanno perdendo l'ottimismo determinato dall'avvento di San Matteo ( non è irrisione la mia : lo battezza così Mario Deaglio, che pure è un follower del Premier) e il clima di fiducia, tradottosi secondo alcuni nelle urne delle elezioni europee (discutibile), si è liquefatto nonostante l'estate non sia stata affatto calda.
E al momento è prova provata che gli 80 euro, che da 4 mesi arricchiscono la busta paga di 10 milioni di fortunati concittadini, non sono finiti nel circuito economico come invece confidava Renzi (secondo quelli che lo ritengono in buona fede; per gli altri si trattò di mancia elettorale che ha ottenuto assolutamente l'effetto voluto).
Deaglio constata il fenomeno e cerca di spiegarlo, come potete leggere di seguito.
Parlando soltanto del "peccato" degli italiani di essere tornati a risparmiare (un tempo era una virtù...) anziché spendere e spandere, faccio una riflessione circoscritta a coloro che, come me, non avranno una pensione retributiva. Se non cerco di risparmiare, facendo i salti mortali tra guadagni diminuiti e tasse cresciute, per avere comunuqe una rendita sufficiente per quando non lavorerò più, da chi vado ? Da Renzi o da quello che a quel tempo siederà al suo posto ? Siamo seri.
Ma è solo un esempio.
Buona Lettura
San Matteo non ha fatto il miracolo
Il coraggio – sospira Don Abbondio nel XXV capitolo dei «Promessi Sposi» – uno non se lo può dare. E nemmeno la fiducia, siamo tentati di aggiungere, guardando ai dati, appena resi pubblici dall’Istat, sul clima di fiducia degli italiani che segnalano una netta caduta per il terzo mese consecutivo.
Il giudizio degli intervistati è peggiorato su quasi tutto: molto sulla situazione economica dell’Italia, poco o nulla situazione economica attuale della loro famiglia, per la quale, però, è aumentato il numero di quanti si aspettano un peggioramento imminente. Rispondendo alle varie domande del questionario, gli intervistati, quando non vedono nero, vedono tutto con lenti con varie gradazioni di grigio.
Questo clima nazionale di sconforto è tanto più deludente in quanto la caduta dell’indice di fiducia segue una sua impennata decisa di inizio anno (spesso attribuita a un «effetto Renzi») che l’aveva quasi riportato ai valori del 2008, ossia all’inizio della crisi. Per fortuna il clima di fiducia non si traduce necessariamente in comportamenti.
E, così come la salita primaverile non ha portato a una
corsa agli acquisti, c’è da sperare – mentre invece le associazioni dei
consumatori ne traggono previsioni infauste – che non andiamo incontro a uno
«sciopero dei consumatori», peraltro già molto «svogliati» negli ultimi mesi.
Dopo l’aggiornamento di questo indice è però più difficile pensare a un
aumento, anche piccolo, dei consumi privati.
Il «bonus» mensile di ottanta euro che dieci milioni di lavoratori stanno incassando non solo non ha inciso, come già si sapeva, sulle abitudini di spesa, ma non ha neppure aumentato il «buon umore economico» degli italiani. I motivi per i quali il «bonus» - una misura generica di rilancio, meno efficace di misure «mirate» a determinati settori economici o segmenti sociali - non si sta traducendo in un aumento di consumi, ma, al massimo, in una loro stabilizzazione sono nascosti nelle pieghe dei bilanci famigliari. E’ verosimile che, per non ridurre troppo il loro tenore di vita, negli ultimi 2-3 anni, molte famiglie abbiano contratto dei debiti e che usino quest’entrata mensile addizionale per ripagarli; è altrettanto verosimile che, prima dei normali beni di consumo, si pensi a spese sanitarie rinviate scarsamente coperte dal servizio sanitario nazionale (per esempio le cure dentarie).
Invece di attingere ai loro risparmi e convertirli in acquisti necessari, gli italiani continuano a investirli in titoli del debito pubblico che rendono pochissimo: ai tassi dell’asta dei Bot semestrali di ieri (nella quale la domanda si è rivelata molto abbondante, superando di oltre una volta e mezza la quantità offerta) il rendimento di 1000 euro basta appena a prendere un caffè ed è quasi dimezzato rispetto all’asta precedente. Certo, i titoli sono stati quasi tutti acquistati da operatori finanziari, in parte esteri, ma una quota rilevante finirà, prima poi, grazie alla loro intermediazione, nei portafogli delle famiglie italiane che, per paura della crisi, esitano a utilizzare quelle risorse per spese necessarie.
Insomma, San Matteo Renzi ha dato una notevole scossa a molti aspetti della vita economica italiana e altre promette di darne con il prossimo Consiglio dei Ministri (???? ndC). Non è riuscito, però (ancora?) a compiere il miracolo di far sorridere gli italiani. D’altra parte, le notizie che giungono dal resto d’Europa mostrano che questo «male italiano» si sta lentamente diffondendo e che praticamente tutte le economie dell’Unione Europea sono in frenata. Per la prima volta ieri su organi di stampa tedeschi si è evocato lo spettro di una recessione, attribuendone indirettamente la causa al conflitto ucraino che ha seriamente danneggiato le esportazioni della Germania (e dell’Italia) verso la Russia.
Gli occhi degli europei, e non solo degli italiani, sono tutti puntati su San Mario Draghi, il quale, dall’alto dei 148 metri dell’Eurotower di Francoforte, dove ha sede la Banca Centrale Europea, sta preparando le sospirate misure «non convenzionali» che dovrebbero immettere denaro nell’economia, raggiungendo direttamente (ossia usando le banche principalmente come tramite) imprese desiderose di investire e famiglie desiderose di sottoscrivere prestiti per acquistare un’abitazione. E’ ragionevole attendersi un miglioramento che permetta all’economia europea di non scivolare in deflazione, ma non aspettiamoci che le economie ripartano a razzo: in economia è difficile trovare dei grandi santi che risolvano i problemi.
Milioni di italiani e di altri europei sembrano invece continuare a credere che la ripresa deve scendere dall’alto, derivare da fatti esterni senza accorgersi che in buona parte la si crea giorno dopo giorno, avendo il coraggio di compiere piccole scelte, comprese quelle di acquistare i beni che servono con spese che rientrino nelle normali disponibilità delle famiglie e di varare piani di crescita che restino nell’ambito della normale attività delle imprese. Decine di milioni di famiglie europee, con la somma delle loro decisioni, determinano in buona parte il «clima economico». Questi milioni di piccoli miracoli individuali sono la condizione necessaria, anche se non sufficiente, perché ci scuotiamo di dosso quest’infernale recessione.
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