Non potevano mancare i sondaggi sulla questione del giorno : l'articolo 18.
Ebbene Nando Pagnoncelli sforna i suoi, e ci fa una sorpresa : anche su questo, la gente sta dalla parte di Renzi, e soprattutto questo avviene nel PD.
Che quelli di Forza Italia, il 67%, o i centristi, il 66%, siano favorevoli ad una riforma che comprenda anche l'abolizione della norma di reintegro, così come oggi formulata, non è una sorpresa, mentre lo è sicuramente leggere che quelli del PD addirittura superano quella percentuale, arrivando al 73%. Accipicchia, Renzi sarà pure criticato dai poteri forti, dalla Chiesa, dai giornali (anche da noi, che però non contiamo !), dai sindacati , dai grillini e dai rottamati, però conserva una forte presa sulla "sua" gente !
E anche il dato del favore alla CGIL, un misero 20%, sorprende, per quanto si sappia che il sindacato è in forte crisi ( metà degli iscritti sono pensionati..., e l'endorsement della Camusso per Cuperlo è servito zero al momento di eleggere il nuovo segretario del PD).
Messa così, a me sembra che l'arma dello sciopero generale sia un'arma spuntata, altro che i tre milioni mobilitati da Cofferati ai tempi belli ("belli" si fa per dire eh !!).
In tutto questo, non è invece una sorpresa, anzi, leggere che la maggior parte degli intervistati "vota" ma sa poco della materia su cui si esprime.
Questo è un fenomeno molto in voga da decenni, e vieppiù accentuato nell'epoca di twitter e FB : tutti esprimono la loro idea, rivendicando non solo il diritto di farlo (ci mancherebbe) ma anche la sua legittimità "a prescindere", come se una cazzata possa essere nobilitata dal fatto di chiamarla "opinione".
Ecco, l'opinione, per meritare questo termine, e non l'altro..., dovrebbe essere accompagnata da una conoscenza decente dell'argomento. E per decenza non ci si aspetta una cultura universitaria o anche superiore (l'errore opposto che fanno altri, per i quali solo gli "esperti" possono esprimere opinioni), ma essenziale sì.
Che invece, secondo quando constatato da Pagnoncelli, sull'articolo 18 non c'è per circa i due terzi degli intervistati...
L’articolo 18? Non è più un tabù
Sì alla riforma dal 56% degli italiani, ma in molti
non conoscono la norma
I giudizi più positivi tra gli elettori di Pd (73%) e FI (67%).
Con la Cgil solo il 20%
In questi giorni tiene banco il tema della riforma del lavoro e della modifica dell’articolo 18. Ma quanto ne sanno gli italiani di questo importante articolo dello statuto dei lavoratori in vigore dal 1970? Non molto. Uno su due (53%) confessa candidamente di non sapere esattamente cosa prevede e, tra coloro che dichiarano di essere informati (47%), due su tre sanno che la norma prevede il reintegro del dipendente licenziato senza «giusta causa» mentre un terzo ha conoscenze poco precise o fuorvianti.
Lo stesso vale per la stima del numero di lavoratori attualmente tutelati dall’articolo 18: un quarto circa (23%) di chi dichiara di saperne qualcosa ritiene che siano tutti i lavoratori italiani o la maggioranza di essi, un quarto (26%) che siano la metà e poco più di un terzo (37%) solo una minoranza. In realtà i lavoratori interessati sono circa 6,5 milioni e rappresentano il 57% dei lavoratori del settore privato (industria e servizi). Rappresentano circa il 30% se invece consideriamo il totale degli occupati, includendo i lavoratori del pubblico impiego, del settore agricolo, quelli con contratto a tempo determinato e gli autonomi.
Ciò significa che mentre il dibattito pubblico si fa incandescente e tutti, legittimamente, si esprimono sul merito della questione, solamente il 30% parla con cognizione di causa e il 17% ha contezza della dimensione del fenomeno, mentre la maggioranza è guidata dalle proprie personali percezioni che non sempre corrispondono alla realtà.
Da più parti si dice che l’articolo 18, indipendentemente dalla sua portata, presenti un elevato valore simbolico, perché rappresenta un diritto dei lavoratori faticosamente conquistato oltre quarant’anni fa. A questo proposito nel sondaggio odierno abbiamo testato il giudizio sulla proposta di modifica avanzata dal governo in due modi diversi: a un campione abbiamo sottoposto una domanda nella quale si chiedeva il grado di accordo con le modifiche, menzionando esplicitamente l’articolo 18; a un secondo campione abbiamo formulato la domanda evitando di menzionarlo. Ebbene, le risposte dei due campioni non sono risultate molto diverse, a differenza di quanto registrammo con un analogo sondaggio solamente tre anni fa, quando la menzione dell’articolo 18 determinava una maggioranza di contrari a qualsiasi cambiamento, indipendentemente dal merito. Ciò significa che il valore simbolico continua a essere presente ma risulta ridimensionato rispetto al passato: è probabile che la perdurante crisi occupazionale alimenti l’aspettativa che la modifica all’articolo 18 possa determinare, a torto o a ragione, un mercato del lavoro più dinamico.
Nel merito della proposta del governo la maggioranza degli intervistati (56%) esprime un giudizio positivo: 18% la giudica ottima e 38% buona; al contrario il 38% si esprime criticamente: per il 20% è negativa e per il 18% è pessima.
I giudizi positivi sono nettamente più elevati tra gli elettori del Pd (73%) e prevalgono tra gli elettori centristi (66%) e quelli di Forza Italia (67%). E, sia pure di poco, persino tra gli astensionisti e gli eletti delle liste minori (50%). Viceversa nell’elettorato grillino prevalgono le opinioni negative (59%) su quelle positive (38%).
Riguardo al botta e risposta tra Renzi e Camusso dei giorni scorsi, il 47% dei rispondenti sta dalla parte del premier, perché ritiene che i sindacati difendano i diritti di pochi mentre il governo intende aumentare i diritti di chi oggi non è garantito; al contrario il 20% dà ragione al segretario della Cgil, perché ritiene che il governo intenda ridurre in maniera sbagliata le garanzie dei lavoratori, mentre un terzo pensa che nessuno dei due abbia ragione o non si esprime in proposito. Anche in questo caso gli elettori del Pd si mostrano nettamente a favore di Renzi (56%), quindi a favore del cambiamento.
Potrebbe destare sorpresa questo atteggiamento degli elettori del principale partito del centrosinistra, come se l’articolo 18 non rappresentasse più un totem per molti di loro. In realtà il significativo aumento dei consensi per il partito di Renzi alle elezioni europee ha determinato un forte cambiamento della composizione del suo elettorato: il 41% di coloro che hanno votato Pd non appartiene al cosiddetto «zoccolo duro» ma proviene da altri partiti, in particolare Scelta civica, M5S e Forza Italia, quindi ha storie politiche e valori diversi ed è portatore di domande diverse rispetto all’elettorato tradizionale del Pd.
Il Jobs act si conferma una materia spinosa: l’opinione pubblica è divisa, scarsamente informata, guidata dalle percezioni e in difficoltà nel valutare i pro e i contro dei possibili cambiamenti. Meglio che la politica faccia il suo lavoro, evitando di rincorrere il consenso e di inseguire le opinioni dei cittadini.
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