domenica 28 settembre 2014

ASSOLTO IL PAPA' DEL BIMBO MORTO ABBANDONATO IN AUTO. "AMNESIA DISSOCIATIVA"



Ricordo un dialogo con mio padre, un Magistrato di quelli per i quali potevi usare la M maiuscola (oggi accade assai di meno ), che mi spiegava come uno dei compiti di un bravo avvocato fosse anche quello di fornire/suggerire un "pretesto" giuridico al giudice per evitare l'applicazione asettica e formale della norma, realizzando in tal modo una sostanziale ingiustizia.  Un concetto che mi è tornato in mente quando l'amico e maestro Domenico Battista mi raccontava come in molte memorie difensive l'avvocato è assolutamente consapevole di forzare  un po' la procedura, con l'intento però di fornire al giudicante elementi importanti di ulteriore riflessione, confidando che gli stessi portino appunto ad un esito più giusto. 
Ecco, questi insegnamenti sono riaffiorati leggendo la notizia dell'assoluzione del padre che aveva dimenticato il figlio piccolissimo (due anni) in auto, invece di lasciarlo all'asilo nido, per poi trovarlo morto perché esposto per ore al sole, chiuso nell'auto.
Una dimenticanza ovviamente inconsapevole, ma che in altri casi portò alla condanna per omicidio colposo (con pene fatte rientrare nei limiti per l'applicazione della sospensione della pena), mentre stavolta il Tribunale si è fatto forza del "suggerimento" psichiatrico, che gli ha fornito lo strumento per la dichiarazione di non imputabilità : l' "amnesia dissociativa".  
Io, purtroppo, seguendo le consulenze di psicologi e psichiatri (più i primi però...) nel campo del diritto di famiglia, non mi sono fatto una buona opinione della categoria, tutt'altro. Li vedo capacissimi di sostenere, le stesse persone, tutto e il contrario di tutto solo a seconda del cliente che paga. Esattamente come gli avvocati, con la differenza che per i primi si sapeva, mentre i secondi si vantano di essere latori di un sapere scientifico (per quanto fallibile), quindi in teoria insensibile alla parcella...
 L'applicazione dell'amnesia dissociativa, patologia sicuramente esistente (ce sono migliaia, una che serve alla bisogna la trovi), al caso di specie, forse appartiene proprio a quel tipo di "pretesto" di cui mi parlava mio padre, per fare giustizia ed evitare una crudele applicazione del mero diritto (quella fatta da altri tribunali, come abbiamo ricordato). 
Peraltro, è di tutta evidenza che per Andrea Albanese, il papà del piccolo Luca, nessuna rilevanza abbia, nella sua vita, l'assoluzione o la condanna, visto che nulla cambierà quanto di tragico è accaduto.
Se è riuscito o riuscirà a superare il lancinante senso di colpa (glielo auguriamo), non sarà certo perché , in nome del popolo italiano, dei giudici hanno deciso di ritenerlo non colpevole, e lo stesso sarebbe accaduto all'inverso.
Lui oggi s'impegna per evitare che il suo dramma si possa ripetere, e pensa alla solita legge che obblighi a fare o non fare.
Peccato che ogni volta le persone pensino che sia sempre lo stato a dover intervenire per risolvere.
Ma questo è tutto un altro discorso.


Il Corriere della Sera - Digital Edition


Assolto il padre che dimenticò 
il figlio in macchina
Gli psichiatri: è stata un’amnesia dissociativa




Se sei un padre che senza volerlo ha ucciso il suo figlio adorato non c’è condanna o assoluzione di cui ti importi. Perché sei già condannato a dover convivere con quel dramma ogni santo giorno, fine pena mai. E anche se, com’è successo in questa storia, i giudici hanno deciso con una sentenza che non sei imputabile, poco importa. Conta soltanto che il tuo bambino non ci sia più, e contano i ricordi del tempo vissuto al suo fianco, fino a quel giorno nero che più nero non esiste.
Era il 4 giugno dell’anno scorso. Come racconta Andrea, «fino ad allora non sapevo nemmeno cosa fosse l’amnesia dissociativa. Poi mi ha distrutto la vita...». Quel giorno Andrea caricò in macchina suo figlio Luca, due anni, e partì in direzione dell’asilo nido. Ma il tempo di un incrocio e quel bimbetto tranquillo e al sicuro nel suo seggiolino scivolò via dalla mente del padre. Niente. Era sui sedili posteriori della Citroën ma non era più nei pensieri di Andrea. Che tirò dritto verso l’azienda in cui lavorava, a Piacenza, parcheggiò l’auto sotto il sole rovente ed entrò. Otto ore dopo lo chiamò sua moglie Paola: «All’asilo dicono che Luca non c’è». Nemmeno davanti a quelle parole la memoria illuminò l’abisso. Ancora niente. Andrea scese a controllare che il piccolo non fosse in auto, quasi in automatico, convinto che ci fosse stato un equivoco al nido.
Erano gli ultimi secondi dell’altra vita, quella con Luca. Andrea spalancò lo sportello. Nessuno dei suoi colleghi dimenticherà mai le sue grida disperate, il suo sgomento, le sue braccia a cullare quel piccolo che non poteva più essere salvato.
Gli psichiatri dicono che Andrea Albanese quel giorno fu vittima di una «transitoria amnesia dissociativa», appunto, e la tesi ha convinto i giudici a emettere una sentenza di «non luogo a procedere». Responsabilità annullata. Il padre di Luca non è imputabile poiché fu vittima di un vuoto nell’attenzione in grado di falsificare i ricordi. Un «buco nero», sintetizza Claudio Mencacci (direttore del Dipartimento di neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano) che può essere il risultato di «un evento traumatico, ma anche di un forte stress e dalla mancanza di sonno, complice la routine».
«Il risultato è positivo, certo, ma non cambia il trauma vissuto — valuta l’avvocato di Andrea, Paolo Fiori —. Il processo era l’aspetto minore di questa storia. La sentenza non è una consolazione, semplicemente non ha aggiunto altra sofferenza».
Andrea giura che «è secondario, dal mio punto di vista, capire quante e quali cause ci possono essere in ciò che è successo... Preferisco pensare a quante e quali soluzioni siano possibili». Da un anno lui e sua moglie vivono perché quel che è successo a Luca non succeda ad altri bambini: «Questa sentenza non è un successo per nessuno se non per la giustizia e per la nostra battaglia per la diffusione dei sistemi anti-abbandono».
«Quei sistemi ci sono già e sono a portata di mano — scrive Andrea sulla pagina del gruppo Facebook “Mai più morti come Luca” — Ma serve una legge». Una legge per salvare il prossimo bambino con un segnale acustico: «Con un bip», spera Andrea, «un semplice bip».

Giusi Fasano

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