Ancora non lo si può annoverare tra i gufi, ma certo le perplessità di Angelo Panebianco in ordine all'efficacia della politica del governo crescono. Renzi viene ancora visto come l'uomo deciso di cui ci sarebbe bisogno, ma l'azione dell'esecutivo viene definita, garbatamente, "poco convincente".
E gli italiani, anche col nuovo inquilino di Palazzo Chigi, continuano a sentirsi poco cittadini e assai più sudditi. Panebianco cita in proposito il bel libro curato da Nicola Rossi e uscito ormai un paio di anni fa che aveva proprio questo titolo : " SUDDITI", e il Camerlengo ne parlò in un paio di post ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2012/06/non-piu-sudditi.html ; http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2012/06/nicola-rossi-e-il-suo-libro-ci.html ) che, avendo un po' di tempo, rileggerei per poi, incuriositi, acquistare il saggio.
Panebianco si mostra in particolare esasperato per la gestione delle tasse, e cita il caso esemplare della TASI, con la maggioranza dei tosati, cioè noi, che ancora non sa quanto dovrà pagare !
Per l'IMU, ricorderete, era accaduta la stessa cosa. Così ci si riduce all'ultimo, i cittadini costretti a disagi assurdi per PAGARE, e facilmente incorrendo in errori e/o ritardi che l'Amministrazione, pur colpevole, non esiterà a sanzionare.
Francamente, pur condividendo pienamente lo sfogo, non attribuisco a questo aspetto la ragione fondamentale della crisi sociale ed economica italiana, visto che "sudditi" lo siamo sempre stati eppure per due decenni (dalla fine della guerra a poco più della metà degli anni 60 del secolo scorso), siamo cresciuti brillantemente, per poi rallentare e infine, 20 anni fa, fermarci. Come sempre accade, quando si smette di avanzare, presto o tardi si arretra, ed è quello che sta accadendo.
LE VERE CONDIZIONI PER LA CRESCITA
Non trattateci come sudditi
È solo un paradosso apparente che i
sondaggi mostrino il sostegno degli italiani per Matteo Renzi (raggiunge
il 64 per cento dei consensi nel sondaggio di cui ha dato conto il
Corriere domenica, e in nessun altra rilevazione scende sotto il 50),
unito però a un diffuso scetticismo sulle misure del governo. Non c’è
nulla di irrazionale. Anzi, il pubblico si mostra giudizioso. Si affida a
Renzi perché lo riconosce come l’uomo forte del momento, colui che
domina la politica e dice di sapere che cosa occorra fare per portarci
fuori dai guai. In situazioni tribolate non è insensato affidarsi
(provvisoriamente) all’uomo forte disponibile. Ma, al tempo stesso, gli
italiani non si mostrano stupidi, non si fanno prendere in giro.
Fino ad
oggi il governo non è risultato molto convincente nella sua azione e i
sondaggi lo registrano.
Proviamo a domandarci che cosa ci sia di
poco convincente. Detto in modo enfatico e (non troppo) esagerato, di
poco convincente c’è il fatto che non si è visto fin qui nessun
provvedimento volto a restituire agli italiani i diritti di
cittadinanza, nessun provvedimento che dia l’impressione di volerli
trasformare da sudditi, quali per molti versi sono, in cittadini. Alcuni
anni fa l’economista Nicola Rossi scrisse un bel libro (Sudditi ,
Istituto Bruno Leoni) che documentava il modo in cui politica e
amministrazione avevano ridotto alla stato di sudditanza gli italiani,
che pure, stando alla Costituzione, dovrebbero essere cittadini. Nel
periodo intercorso non è cambiato nulla. E nemmeno Renzi finora ha fatto
granché. Il caso della Tasi è esemplare. Come documentavano, sul
Corriere di ieri, Fracaro e Saldutti, a meno di un mese dalla scadenza,
più di 3.000 Comuni su 8.000 non hanno ancora fissato l’aliquota che
dovrà essere versata. Una grande quantità di italiani continua ad
ignorare quanto dovrà pagare. Il governo Renzi, sulla scia di Letta, ha
ripetuto l’errore fatto a suo tempo dal governo Monti con l’Imu.
Ma perché mai dovrebbero ripartire i
consumi se si impongono tasse e poi si lasciano passare mesi e mesi
prima che i cittadini (pardon : i sudditi) possano conoscerne l’entità?
Eppure sarebbe bastato poco. Sarebbe bastato stabilire che le
inefficienze dell’amministrazione sono a carico solo
dell’amministrazione. Sarebbe bastato decidere che i Comuni avevano
tempo, poniamo, fino al maggio 2014 per stabilire l’ammontare
dell’aliquota. Dopo di che, avrebbero perso il diritto di esigere il
pagamento della tassa.
Sbaglia chi crede che perché ci sia
crescita economica occorra che la politica sia «amichevole verso il
mercato». Occorre invece che sia amichevole verso i diritti di
cittadinanza. L’orientamento pro-mercato ne è soltanto una conseguenza.
Chi, ad esempio, oggi vuol fare impresa è sottoposto alla tagliola e al
ricatto delle autorizzazioni che l’amministrazione rilascerà a suo
comodo, quando vorrà. Anche qui basterebbe poco per ristabilire il
diritto di cittadinanza: il silenzio-assenso. Se l’autorizzazione
esplicita non arriva entro un termine preciso, si dà per acquisita. E i
funzionari che non se ne sono occupati nel tempo previsto saranno
civilmente e penalmente corresponsabili di eventuali abusi.
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