mercoledì 10 settembre 2014

PORTA A PORTA RIPRENDE DA DOVE AVEVA SMESSO : RENZI AL SALOTTO DI VESPA

 
Riprendeva ieri Porta a Porta e naturalmente il primo ospite di Vespa è stato l'onnipresente presidente del Consiglio. Devo dire che lo trovo un po' tirato e pure un attimo invecchiato. Del resto non si può dire che si stia risparmiando, lo dico senza ironia, che sicuramente l'uomo si dà un gran da fare e le vacanze, in un resort lussuosissimo ospite del solito amico, sono durate solo una settimana (figuriamoci se uno così può stare a sentire le lamentele dei giudici che si ritrovano con 45 giorni di sospensione feriale da decenni ! ). A parte l'aspetto, il piglio rimane però vivace, e poi Vespa non è irritante come altri (Floris da ultimo) e tutti i premier si sono sempre trovati a loro agio nel salotto di RAI 1. 
Quanto alle cose che dice, poche novità. Qualche correzione sugli 80 euro, che a suo tempo, visto che erano stati scelti al posto della riduzione dell'IRAP (misura più coerente con un programma di crescita e quindi occupazionale), erano stati presentati come un incentivo ai consumi, che invece non è avvenuto (ancorché ancora diversi dicono che magari avverrà in seguito, quando le persone avranno finito di pagare qualche debito, qualche scadenza fiscale più pressante e vedranno che il bonus continua ad affluire nella busta paga).  Ieri Renzi ha parlato di "giustizia sociale", tema sempre caro soprattutto ai suoi, e che ha indubbiamente la sua valenza, se non fosse che oggi l'ingiustizia più grossa la vivono quelli che il lavoro NON lo trovano, o quelli che temono sempre di perderlo in parte o del tutto. 
Renzi, pur non abusando del termine "gufi", che va bene più per la platea della festa dell'Unità a Bologna che nel salotto buono della tv di stato, continua poi la polemica coi suoi critici, facendo presente che in questo momento non servono proprio quelli che spiegano dottamente ciò che non va, ma semmai quelli disposti a dare una mano per cambiare. 
Il discorso ha molta presa vedo su certi miei amici, però non è onesto, in quanto, magari indicando soluzioni sbagliate. molti dei critici che io leggo non si limitano a spiegare le cose che non vanno, ormai peraltro note a tutti o quasi, ma provano a suggerire soluzioni.
Che Renzi disattende. Ricolfi per esempio, PRIMA degli 80 euro, sapendo che le risorse erano limitate, esortò espressamente il governo di destinarle alla riduzione del costo del lavoro alle imprese, sottolineando che proprio da quella scelta si sarebbe avuta la conferma, o meno, del "cambio di verso" della sinistra. E infatti...
Alesina e Giavazzi pure a Monti e Letta suggerirono di andare in Europa con un coraggioso piano di tagli alle tasse, anche qui soprattutto sul fronte del lavoro (per favorire l'occupazione), e da favorire tramite un serio progetto di tagli alla spesa pubblica, descritti nei particolari e quindi credibili. In tanti, tra cui Giacalone, parlano da anni di dismissione di parte del patrimonio pubblico per l'abbattimento del debito, suggerendo come procedere in questo senso, per acquisire immediati denari senza svendere. 
Poi certo, può benissimo essere che tradurre in pratica queste soluzioni non sia possibile, ma NON è questa l'obiezione del Premier. Semplicemente lui fa altre cose : appunto gli 80 euro, poi l'assunzione di 150.000 precari della scuola ( ma l'anima di chi t'è muorto...dicono a Napoli !), senza parlare delle riforme storiche di Senato e legge elettorale, tutte da approvare definitivamente.
Sulla giustizia non parlo, perché voglio vedere i testi definitivi. Certo è che leggere che finalmente dopo 20 anni si può pensare veramente di riformarla perché è venuto meno il demone oscuro, fa venire un forte mal di stomaco, essendo evidente che la verità stava nella oscena alleanza tra sinistra e magistratura per abbatterlo, il demone. 
I patti col diavolo sono frequenti nella Storia. Hitler e Stalin lo fecero per dividersi la Polonia, Churchill disse che se baffone era satana, lui non aveva remore ad andare all'inferno pur di battere il nazismo, e oggi vediamo cosa accade con gli americani che di fatto aiutano Assad contro lo Stato Islamico.  Insomma, accade. Però una cosa non smette di essere oscena solo perché "utile", specie poi quando l'utilità è partigiana. 
Fare quindi va bene, ma bisogna vedere come e cosa. Renzi è abile nel cercare di dividere il mondo tra chi fa , LUI, e chi parla, i GUFI, ma non è la verità. Semmai dovrebbe dire un'altra cosa, e che gli italiani TUTTI sono contrari a cambiamenti che me tocchino i piccoli o grandi privilegi cui si sono abituati, e qualunque riforma viene ostacolata. Ma questo NON Lo dice, perché gli rovinerebbe l'idillio con quella parte di popolo cui piace sentire dire "noi siamo l'Italia", l'"Italia deve tornare a fare l'Italia", slogan bellissimi che fanno un po' a cazzotti con la storia ma chissene. E allora la colpa non può essere degli italiani, ma solo dei cattivi, i gufi, i "ricchi". 
Si chiama demagogia, e in politica se ne fa grande smercio.
Renzi in questo non è il peggiore, semmai il più abile.



C’è meno tempo



“E’ tardi, è tardi”, ammoniva l’agitato coniglio bianco, in Alice nel paese delle meraviglie. Correre, muoversi, avverte il governatore della Banca d’Italia. C’è tempo, risponde il ministro dell’Economia. Intanto Maria Elena Boschi va a Cernobbio e si chiede, divertita, ma si può essere accusati d’andare troppo veloce e troppo piano allo stesso tempo? Non ha torto, infatti è un raggiro. Che ella contribuisce ad alimentare. Qui contano due cose: la direzione e il tempo di marcia. Dire di volere riscrivere lo statuto dei lavoratori per favorire sia la mobilità che la stabilità significa indicare direzioni opposte. Bloccare contratti statali e assumerne 190mila in più, sono direzioni opposte. Volere il merito e premiare le graduatorie sono cose opposte. E veniamo ai tempi, che sono una cosa seria.
Nessuno si faccia illusioni: le iniziative monetarie illustrate da Mario Draghi non aumentano il tempo a disposizione dei governi europei rimasti inerti, ma lo diminuiscono. C’è un colossale equivoco, su questo punto. Forse qualcuno pensa che il gioco funzioni come quando, nel luglio del 2012, il presidente della Banca centrale europea bloccò le speculazioni contro l’euro imbrigliandone il sintomo, ovvero la divaricazione esagerata degli spread. Lì si poteva essere beneficiati e immobili. Ora no. Ora non basta chiedere la grazia a santa Bce. Ora vale il diverso adagio: aiutati che Dio t’aiuta. E fai in fretta.
La riduzione del tasso d’interesse non ha effetti immediati sul sistema produttivo, né quel differenziale nel costo del denaro risulterà decisivo (si tenga presente che con il tasso Bce allo 0,15% i tassi reali, pagati dal sistema produttivo, oscillavano dal 4 al 9%). In quanto all’effetto riduttivo del cambio, avvantaggiandoci sul dollaro, ha effetti sicuramente positivi per le esportazioni, ma queste, importantissime, riguardano solo un pezzo del nostro mercato. Si avvantaggiano di più i tedeschi, se la mettiamo su questo piano. Iniziative come Tltro (rifinanziamento a lungo termine), ora targhettizzato sul sistema produttivo, non portano automaticamente i soldi dalle banche alle imprese. Non sono vasi immediatamente comunicanti. Serve che ci siano imprese intenzionate a chiedere credito per crescere ed espandersi, non solo per salvarsi e galleggiare. Tltro non sfiora i problemi di chi ha chiuso o si è trasferito. O si accinge a farlo. Se le aziende non assumono e licenziano non è solo perché il credito scarseggia, ma anche perché il fisco e la burocrazia abbondano e straripano. Gli stimoli monetari sono utili, ma da soli non producono effetti ragguardevoli. E’ un po’ come dare il Viagra a un paziente anestetizzato: se ne può anche (forse) propiziare la turgidezza, ma non ne può trarre alcun dinamico utile.
Il bello è che, tanto a Jackson Hole quanto nella conferenza stampa di Francoforte, Draghi lo ha detto e ripetuto chiaro e tondo: provo a fare la mia parte, ma senza riforme che fluidifichino i sistemi produttivi e li adeguino alla realtà della globalizzazione (le riforme definite “strutturali”, con una formula che più la si ripete e meno significa) e senza pulizia dei bilanci pubblici, non servirà a nulla. A questa evidenza dobbiamo aggiungere una postilla: la Bce parla dell’euroarea, giustamente, ma non sta scritto da nessuna parte che si muoverà tutta in modo omogeneo, anzi, sappiamo per certo che è avvenuto e avverrà il contrario. Questo significa che le iniziative Bce porteranno giovamento maggiore a chi si è mosso, minore a chi si muove in ritardo, nessuno a chi resta fermo. Possono anche mettere la stessa camicia, ma mentre il francese Manuel Valls (buttando fuori un ministro dell’economia che diceva di ispirarsi a Matteo Renzi) ha varato tagli per 50 miliardi, qui si cincischia su 20. Se continuiamo a parlare senza costrutto e senza concretezza, se continuiamo a biascicare gnagnere come “riforma degli ammortizzatori sociali” o “premio al merito”, “semplificazione” o “velocizzazione”, senza né dire che cosa significano, nello specifico, cosa comportano e come si ottengono, il solo effetto sarà l’aumento della distanza relativa fra l’Italia e gli europei che hanno capito.
A ciò aggiungete il peso e il costo del debito pubblico e avrete un risultato impressionante. La disputa sui tempi è surreale, se letta con i cronometri delle sceneggiate interne, mentre è decisiva se misurata con quelli delle opportunità da cogliere. La Bce ha prima conquistato e comprato tempo, favorendo anche chi era al volante ma faceva brum-brum con la bocca, ora passa a distribuir carburante, sicché i piloti immaginari resteranno al palo, mentre altri correranno altrove.

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