Non siamo, da tanto tempo, il popolo solare che descrivevano e che amavamo credere e far credere di essere.
Come potremmo del resto ? Certo, rispetto ad altri paesi, il declino lo stiamo vivendo assai peggio ; rassegnati e arrabbiati. Una combinazione fatale.
Danilo Taino riprende uno studio americano che paragona le reazione di vari popoli a determinate situazioni, e il quadro italiano non è positivo.
Il nostro umore è cupo, e del resto si può comprendere, visto che alle difficoltà obiettive, che sono diffuse anche negli altri paesi, noi aggiungiamo la sfiducia nel nostro sistema di correggersi adeguatamente.
Non crediamo più che studiando e lavorando di più e meglio potremmo raggiungere traguardi migliori. Contano solo le conoscenze, gli appoggi, le raccomandazioni, quando non peggio.
Io credo che la massificazione, il livellamento in basso spacciato per uguaglianza, lo svilimento del merito, abbiano colpe grandi in tutto questo, ancorché ovviamente non siano le sole.
Alla domanda finale del giornalista, che si chiede se il dato per il quale
il 66% degli italiani concorda con il dire che il «successo nella vita è determinato da forze fuori dal nostro controllo», sia dovuto a caratteristiche "antropologiche" degli italiani, o sconfortata e sconfortante osservazione della realtà, credo che la risposta più giusta sia : entrambe le cose, in un movimento circolare di causa ed effetto continuo e perverso.
Italiani pessimisti
con qualche ragione
di Danilo Taino (statistical editor)
Gli italiani sono pessimisti neri, quando si considera il futuro: questo non promette bene. Però hanno le idee estremamente chiare: questo è un bel vantaggio. Solo il 15% crede che i suoi figli saranno in una posizione finanziaria migliore della sua. Più o meno come i giapponesi ( 14% ) e i francesi ( 13% ) ma diversamente da tedeschi ( 38% ), spagnoli e americani ( 30% ) e ancora più distanti da vietnamiti ( 94% ), cinesi ( 85% ) e Paesi emergenti in genere. Questo pessimo umore si riflette anche nel peso che danno alla disuguaglianza sociale. Per il 73% degli italiani è un problema molto grande, come per i greci ( 84% ) e gli spagnoli ( 74% ). Mentre lo è molto meno per giapponesi ( 28% ), tedeschi ( 39% ), cinesi ( 42% ), i quali ritengono probabilmente che, più che restringere il gap tra ricchi e poveri sia importante ridurre la povertà.
Lo studio-sondaggio internazionale è condotto dal centro di ricerche americano Pew Research. Il quale scopre che, però, gli italiani sono, in Occidente, coloro che credono meno alle politiche di redistribuzione del reddito come via per limitare le disuguaglianze. Alla domanda «cosa contribuirebbe maggiormente a ridurre il gap ricchi/poveri» solo il 12% risponde tasse più alte, il 68% risponde tasse più basse: le politiche favorevoli alla crescita dell’economia sono insomma ritenute più adeguate alla semplice redistribuzione dell’esistente. Una considerevole lucidità per quel che riguarda la realtà italiana. E una notevole differenza rispetto a Paesi in cui le tasse sui ricchi sono invece favorite: per il 61% dei tedeschi, il 54% degli spagnoli, il 53% dei sudcoreani, il 50% dei britannici e il 49% degli americani. Le tasse alte e, più in generale, le caratteristiche socio-economiche del Paese, sembrano essere ciò che scoraggia gli italiani.
Quando Pew Research chiede loro cosa considerino «molto importante» per andare avanti nella vita, il 39% segnala «una buona educazione» e il 35% «lavorare sodo». Ma un 80% indica anche «fortuna» o «famiglia ricca» o «conoscenze giuste». «Lavorare sodo» è invece scelto dal 73% degli americani, dal 60% dei britannici, dal 49% dei tedeschi. In termini diversi, il 66% degli italiani concorda con il dire che il «successo nella vita è determinato da forze fuori dal nostro controllo»: solo il 32% non è d’accordo. Questione di carattere nazionale o l’osservazione di come funziona l’Italia.
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