martedì 18 novembre 2014

ALFANO BLEFFA SULL'ARTICOLO 18. E NON SAREBBE NEMMENO LA BATTAGLIA GIUSTA



Che Alfano, Quagliarello e company facciano saltare il governo per l'articolo 18 non ci credo nemmeno se lo vedo. Prima, quantomeno, devono aver ricucito saldamente con Berlusconi per avere una qualche speranza di rientrare in Parlamento, cosa che attualmente non credo avverebbero nemmeno se Renzino gli fa il regalo di abbassare la soglia di ingresso al 3% (figuriamoci il 5% attuale o anche il 4, che prevedo compromesso finale). 
Tra l'altro, fermo restando che finché non si parla di testi concreti è difficile valutare una legge, l'idea che sia previsto il reintegro dei lavoratori licenziati per motivi disciplinari pretestuosi ed inesistenti non lo giudico un male in sé. Come abbiamo scritto più volte, il problema non è il principio ma l'attuazione troppe volte folle che dello stesso hanno dato certi sciagurati giudici delle sezioni Lavoro. In un paio di post ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/10/i-giudici-nemici-dellarticolo-18.htmlhttp://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/10/ubriaco-fisso-reintegrato-i-mostri.html ) abbiamo raccolto una breve casistica degli obbrobri di cui sono stati capaci, avendo la discrezionalità di stabilire non se la mancanza contestata fosse reale o inventata ma la GRAVITA' sufficiente della stessa. In questo modo sono stati reintegrate persone che sono state sorprese a lavorare altrove mentre erano in malattia, che hanno aggredito verbalmente e a volte anche fisicamente colleghi o clienti, lavativi impenitenti, incapaci totali.
Ecco, se, come viene annunciato, l'annullamento con conseguente reintegrazione in caso di licenziamenti disciplinari verrà previsto in casi bene individuati, in modo da tagliare le unghie della scellerata discrezionale dei magistrati, la soluzione potrebbe essere accettabile.
Senza dimenticare che l'elevazione consistente dell'indennizzo economico sarà da una parte discreto deterrente ( un anno di retribuzione, se non di più,  nessuno lo tira fuori volentieri, figuriamoci per un'antipatia personale ), dall'altra soluzione preferita da parte del lavoratore, piuttosto che rimanere in un posto dove la sua presenza è assolutamente sgradita. E infatti in Germania, dove pure la reintegrazione in astratto è prevista, scatta in pochissimi casi, essendo la strada dell'accordo economico  di gran lunga la più percorsa. 
 
 

Emendamento al Jobs act Scontro nella maggioranza
Ncd e le correzioni: testo diverso? 
Si aprirà un bel contenzioso



ROMA Sul Jobs act , la riforma all’esame della commissione Lavoro della Camera, quella di ieri è stata un’altra giornata ad alta tensione. Tutto comincia con le parole del sottosegretario al Welfare, Teresa Bellanova, che annuncia per oggi l’arrivo a Montecitorio di un emendamento del governo sull’articolo 18, cioè sulle nuove regole per i licenziamenti. Bellanova dice che il documento sarà la traduzione dell’accordo politico raggiunto la settimana scorsa con la minoranza del Pd. E dunque che il reintegro nel posto di lavoro resterà possibile non solo per i licenziamenti discriminatori (cioè per motivi politici o religiosi) ma in alcuni casi anche per quelli disciplinari, cioè legati al comportamento del dipendente.
Il sottosegretario, parlando alla Camera, si addentra anche in dettagli tecnici: dice che il reintegro ci sarà solo quando il licenziamento è stato deciso sulla base di un fatto che poi si dimostra falso davanti al tribunale. E riaccende lo scontro con Ncd, che già nei giorni scorsi aveva minacciato di non far passare il provvedimento non tanto alla Camera, dove il Pd non ha problemi, ma al Senato, dove i centristi sono decisivi per la tenuta del la maggioranza. Non a caso a intervenire è Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro del Senato: «Se vedessimo un testo diverso da quello che conosciamo ce ne andremmo dalla commissione e si aprirebbe un bel contenzioso». Più tardi è lo stesso sottosegretario Bellanova a tentare di chiudere la vicenda: «I dettagli, come noto, saranno specificati più avanti con i decreti delegati. Davvero non capisco le ragioni del pandemonio che si è creato in queste ore».
Ma lo strappo resta. E dall’opposizione Forza Italia si gode lo spettacolo: «Ncd prima abbocca — scrive Renato Brunetta su Twitter — poi si accorge di essere stata presa in giro e reagisce. Un bel vaffa, no? Forza Maurizio Sacconi». Oltre a quella sull’articolo 18, dal governo arriveranno altre modifiche che riprendono alcune proposte sempre depositate dal gruppo pd in commissione. In particolare una sui controlli a distanza, precisando che queste attività potranno riguardare gli strumenti di lavoro (cellulare o computer) ma non direttamente il dipendente.
Ieri, intanto, è stato approvato un altro emendamento che limita lo stop alla cassa integrazione: non arriverà più, come stabilito nel testo approvato dal Senato, in caso di semplice cessazione di attività ma solo in caso di «cessazione definitiva di attività». Gli assegni continueranno ad essere pagati, in sostanza, se c’è la concreta possibilità di una riconversione dell’impianto anche se la produzione è ferma ormai da tempo. Una volta finito l’esame in commissione, il Jobs act arriverà in Aula entro il 21 novembre, con il voto finale previsto per il 26. La presidente dell’aula di Montecitorio, Laura Boldrini, sottolinea che si tratta di una «mediazione», visto che il governo aveva chiesto di fissare una scadenza ancora più vicina. Cambia poco, però: quello che voleva Matteo Renzi era chiudere la partita alla Camera prima di cominciare a votare sulla legge di Stabilità. Ed è questa la linea che è passata.

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