venerdì 28 novembre 2014

GIU' IL PREZZO DEL PETROLIO. QUELLO DELLA BENZINA, MENO.

 

Va riconosciuto che il prezzo del pieno sta scendendo ultimamente. Questa estate sfioravamo, se non ricordo male, i 2 euro al litro, oggi siamo sotto 1,70 euro. 30 centesimi non è male, però, sempre calcolando a spanne, si tratta della metà della diminuzione del prezzo del greggio, passato da 115 dollari a 71 : il 30% in meno.
I motivi li sappiamo da sempre : in Italia la benzina è sempre stata una mucca da mungere a piene mani, e il livello di tassazione è pari al 60% ! Spesso gli aumenti fiscali vengono giustificati con la scusa di coperture straordinarie, tipo terremoti, alluvioni...ma l'intervento cd. una tantum dovrebbe cessare i suoi effetti dopo aver raccolto il gettito extra, mentre invece lo Stato, in perenne condizione di drogato in astinenza (di denaro), fa presto a "normalizzare" ciò che era stato presentato come eccezionale. Il problema grande è che a questo noialtri italici siamo più che rassegnati : proprio assuefatti ! 
Naturalmente, appena il petrolio tornerà a salire, il che in passato prima o poi è sempre avvenuto (ancorché oggi lo shale gas degli USA apre nuove prospettive energetiche), assisteremo, more solito, all'immediato e perfetto allineamento dei prezzi all'insù. 




Se il calo del petrolio 
è invisibile per chi guida



Dopo le scaramucce degli ultimi giorni, lo stallo era tra le conclusioni attese del vertice Opec. Così come era tra gli eventi possibili il crollo delle quotazioni del petrolio, che dopo il mancato taglio della produzione hanno sfiorato i 71 dollari. Dai valori di giugno, quando il barile veleggiava intorno a 115 dollari, il passo indietro è superiore a un terzo.
Degli effetti di questo improvviso dietrofront si è discusso a lungo, mettendo ad esempio l’accento sulla politica dell’Arabia Saudita, che sta lasciando correre all’ingiù il barile per mettere fuori mercato i rivali all’interno dell’Opec e le «nuove» produzioni americane di petrolio non convenzionale. Oppure sulle difficoltà politiche e sociali che i «Petrostati» potrebbero incontrare se i loro budget fossero messi a rischio.
Minor enfasi, invece, sul significato del crollo del barile per i Paesi occidentali. Fino ad oggi, grazie all’abbondanza di gas e petrolio non convenzionali e a prezzi in calo, sono stati proprio gli Usa e le sue imprese a trarne il maggior beneficio. Non così è stato, sempre fino ad oggi, per l’Europa. Non si tratta per i Paesi Ue di trasporre la «rivoluzione» energetica Usa da questa parte dell’Oceano, questione complessa e fonte di conflitto. Quanto di prendere atto che si è aperta una finestra di opportunità notevole: approfittare della riduzione dei costi dell’energia per dare consistenza a una ripresa debole.
Per qualcuno sarà più facile, per altri più difficile: se come accade in Italia il peso del Fisco su benzina e gasolio si aggira intorno al 60%, anche una diminuzione del 30% del barile di petrolio verrà diluita parecchio sui prezzi finali. E ancora (questioni vecchie ma sempre attuali): i prezzi Platt’s dei prodotti, sui quali si basano quelli dei carburanti, paiono scendere sempre un po’ meno (del 20% da giugno a novembre secondo i dati Mise), e i prezzi industriali meno ancora (sotto il 20%). Insomma, l’impressione che il calo trovi sempre qualche «attrito» fatica a sparire.

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