Confesso che da molto tempo ormai nel sentire giudici, avvocati, psicologi e ormai anche gente comune riempirsi la bocca con l'espressione "interesse superiore del minore" mi viene voglia di mettere mano alla pistola e fare fuoco. Per fortuna una pistola non ce l'ho.
Il minore è il nuovo Dio dell'Occidente, orfano di ogni altra religione spirituale e laica (crisi del cristianesimo e scomparsa del comunismo). In attesa che l'Islam, come profetizza Houellebecq nel suo libro Sottomissione (a metà mese in uscita anche in Italia) riempia il vuoto esistente, noi occidentali abbiamo fatto dei figli i nuovi idoli. Ne facciamo meno, per egoismo, dice il Papa, perché in effetti a questi livelli di idolatria troppo impegnativi (oltreché costosi), in compenso li trattiamo come cose sacre, ansiandoci (e ansiandoli) per ogni immaginario pericolo, viziandoli, proteggendoli dai cattivoni del mondo esterno (compagni, insegnanti, istruttori...chiunque li contrari). Non si sa bene quando questa condizione divina cessi, sostanzialmente. Legalmente avviene con la maggiore età, almeno in relazione al mondo di fuori (ché in famiglia capita che un genitore debba mantenere il figlio ultra trentenne, bamboccione e sfigato per pochi arcigni detrattori, sfortunato per i più,vagamenti dementi, tra cui non rari giudici). Ovviamente, la tempra di questi giovani, paragonati agli immigrati per esempio, balza agli occhi, e non sarà un caso che il nostro sia il Paese dove la raccomandazione, la conoscenza resta il principale strumento di affermazione, visto che la competizione non è prevista, sia per carattere dei potenziali concorrenti, che per la falsificazione delle regole da parte dei parenti e conoscenti degli stessi. Tutto, ma veramente tutto, è subordinato all'interesse del Dio Minore, e quindi anche l'Ordine Pubblico viene dopo...come hanno stabilito tre donne ( a quando le quote azzurre nei ruoli dell'insegnamento e della magistratura ? ) componenti la Corte d'Appello di Torino, che hanno riformato la sentenza del Tribunale che aveva negato l'iscrizione all'anagrafe della "seconda" mamma, vale a dire la compagna della mamma partoriente. Oggi i giudici sfidano il senso comune, i principi giudicati prevalenti nel nostro ordinamento, per cui la coppia genitoriale è quella naturale, composta da un padre e una madre, e lo dicono apertamente. Un domani, se intervenisse una legge che, prendendo atto dei nuovi tempi, disciplinasse in maniera chiara ed esplicita la materia, magari decidendo di escludere la possibilità di "doppie mamme e doppi padri", vedrete che sfideranno anche la legge.
Preciso che il caso in sè non mi appassiona. Rimango semmai perplesso pensando che, ancora nel 1967, nella civile Gran Bretagna, l'omosessualità era un reato punito col carcere (tuttora in molti paesi arabi è così), e la scoperta della cosa comportava licenziamenti, carriere troncate...Sono passati 50 anni, un soffio, e parliamo di genitore 1 e genitore 2.
Non ci piacciono evidentemente le vie di mezzo.
Ma la questione che mi urta è la motivazione addotta. Questo mantra stucchevole dell'"interesse superiore", a cui tutto andrebbe subordinato. Una boiata da cui prima o poi ci sveglieremo, e guarderemo i danni fatti.
Ah, naturalmente se si guardassero i tempi dei processi nel diritto di famiglia, l' "accuratezza" dell'istruttoria, con i periti preferiti dai giudici pieni di incarichi, che a quel punto vengono svolti in tempi inaccettabili e spesso svogliatamente, l'inadeguatezza di luoghi e di mezzi ( stanze dove ascoltare i minori, possibilità di video registrazioni, scarsità di personale tra gli assistenti sociali, preparazione spesso discutibile di questi ultimi), inosservanza frequente dei protocolli che pure di volta in volta vengono partoriti, anche a livello internazionale, si capirebbe meglio perché 'sta storia della tutela del minore è una bufala retorica con cui si giustificano convegni pieni di vane parole.
Perché alla base, ci dovrebbe essere una schiena dritta, di gente che veramente pensa che un bambino dovrebbe essere tutelato e quindi è capace, in nome di questo valore, di sacrificare il proprio interesse personale. E quindi i CTU dovrebbero imparare a rinunciare agli incarichi se troppo oberati (c'è chi lo fa, ma troppo pochi), i Giudici dovrebbero ruotare maggiormente le consulenze (non è che gli psicologi manchino eh ?? ed è meglio spesso affidarsi a più giovani e motivati, rispetto a certe mummie che si sono fatti un nome in modo ambiguo) e lavorare di più, arrivando in udienza preparati, avendo studiato gli atti o almeno letti, i tempi delle perizie dovrebbero essere stretti, mentre oggi sono dilatati e con pochi incontri (dovrebbe essere esattamente l'OPPOSTO).
E noi avvocati, dovremmo, almeno in questa materia, sospendere la nostra propensione alla prostituzione, per cui basta che ci paghino e ogni prestazione è lecita. Discorso che vale, elevato a potenza, per i consulenti di parte, capaci veramente di firmare oggi bianco e domani nero, semplicemente in relazione al cliente che paga.
"Se facessimo così, se ci opponessimo alla volontà dei genitori in conflitto, otterremmo solo di vederci revocare il mandato". I più sinceri confessano questo.
La mia risposta, sempre, è : sarebbe meglio che li ancipaste, e con dignità rinunciaste voi a quel mandato.
Lo facessero la maggior parte, finirebbe l'acqua in cui sguazzano genitori patologici che distruggono con la loro guerra i propri figli.
Ma di tutto questo ai convegni, ai seminari di formazione in diritto di Famiglia non si parla.
Bimbo nato da una coppia di donne.
I giudici: «Sono mamme entrambe»
Il primo sì a due madri. Concepito in Spagna con l’eterologa, le due sono divorziate
La Corte d’Appello di Torino: «L’interesse prevalente è la tutela giuridica del minore»
MILANO È un bambino nato in Spagna da inseminazione eterologa, per la legge locale è figlio di due mamme, cioè della madre che lo ha partorito e della partner, prima sposatesi e poi divorziatesi a Barcellona, con affidamento congiunto del bimbo. Ma le opinioni sul complicato puzzle dei rapporti in questa coppia omosessuale devono essere accantonate di fronte alla prioritaria individuazione del «superiore interesse migliore per il minore, in funzione del quale deve essere declinato» anche il concetto di «contrarietà» o meno all’«ordine pubblico». Per questo la sezione famiglia della Corte d’Appello di Torino, per la prima volta in Italia, ha ribaltato l’iniziale no del Tribunale, ha accolto invece la richiesta delle due donne e quindi ordinato all’ufficiale di stato civile del Comune di Torino di trascrivere la nascita del bambino come figlio di entrambe le mamme.
L’italiana e la spagnola, in seguito alla fecondazione medicalmente assistita eterologa con l’impianto di gameti da una all’altra, sono indicate nello stato civile del Comune di Barcellona come «madre A» e «madre B». Il Tribunale di Torino aveva respinto la richiesta di trascriverlo nell’anagrafe italiana, ritenendo la trascrizione «contraria all’ordine pubblico» inteso come insieme di principi desumibili dalla Costituzione e fondanti l’intero assetto ordinamentale, «fra i quali le norme in materia di filiazione che fanno espresso riferimento ai concetti di padre, madre, marito e moglie».
La questione, ora in Appello, era «se l’atto di nascita del bambino nato da inseminazione eterologa, figlio secondo la legge spagnola sia della madre che lo ha partorito sia della partner di sesso femminile coniugata con la prima, non sia contrario all’ordine pubblico, e se l’omosessualità dei genitori sia di ostacolo alla formazione di una “famiglia” secondo la legge italiana».
Ai fini del riconoscimento o meno dei provvedimenti giurisdizionali stranieri, ragiona in premessa la Corte rifacendosi alla Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 1989 e al regolamento comunitario 2201 del 2003 , «il concetto di ordine pubblico deve essere declinato in funzione dell’interesse superiore del minore». E «nel caso in questione non si tratta di introdurre ex novo una situazione giuridica inesistente, ma di garantire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da anni, nell’esclusivo interesse di un bambino cresciuto da due donne che la legge spagnola riconosce entrambe come madri».
La nozione di famiglia ha sì rilievo, ma «non tanto sul piano dei partners», bensì «con riferimento alla posizione, allo status e alla tutela del figlio», tanto che «non devono essere collegati fra loro il piano del legame fra i genitori e il piano del legame fra genitore e figli».
Questa è una linea, additano i giudici, tracciata peraltro «in una fattispecie analoga» da «due recenti sentenze emesse nel giugno 2014 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo» di Strasburgo contro la Francia, condannata per «aver violato il diritto dei minori al rispetto della loro vita privata» quando «non ha trascritto il rapporto di filiazione tra un padre e i suoi figli biologici nati all’estero da una madre surrogata».
Nel caso torinese, la presidente Silvia Daniela, la relatrice Daniela Giannone e la giudice Federica Lanza valutano che «la mancata trascrizione dell’atto di nascita limita e comprime il diritto all’identità personale del minore e il suo status» in Italia, dove non avrebbe alcuna relazione parentale con la mamma non partoriente, «non avrebbe un esercente la responsabilità genitoriale con riferimento a problematiche sanitarie, scolastiche, ricreative», e «verrebbe anche privato dei rapporti successori nei confronti della famiglia della signora» esclusa.
Inoltre le due donne hanno divorziato a Barcellona nel 2014 ma «sulla base di un accordo nel 2013» hanno scelto la «condivisione delle responsabilità genitoriali», sicché «la mancata trascrizione del certificato di nascita comporterebbe anche conseguenze rilevanti in ordine alla libera circolazione del minore» e di una delle due mamme in Italia.
Luigi Ferrarella
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