Bene, Napolitano si è dimesso e non è una cattiva notizia. Non perché reputi che sia stato un pessimo Presidente della Repubblica. Personalmente, però preferisco figure presidenziali meno "intraprendenti", per non dire invadenti, rispetto a quelle che ormai sono aduse salire al Quirinale, ma solo Scalfaro, devo dire, ho reputato fazioso e partigiano oltre ogni tollerabilità. Sicuramente Napolitano aveva le sue preferenze, ma la sua linea guida è stata la STABILITA', sempre e comunque, che come corollario aveva un fastidio forte per le elezioni, il che, in regimi democratici, non tanto bene si capisce.
La strapazzatura e stiracchiatura della Carta Costituzionale, con i poteri del Presidente ampliati in un'ottica più da repubblica presidenziale (che pure io preferirei, ma allora il Capo dello Stato lo elegge la popolazione !) che parlamentare, non è comunque copyright di Napolitano.
Non è stato certo un amico del centro destra, nel periodo in cui è stato Berlusconi al governo, più indulgente è sembrato con gli esecutivi a lui più affini, ma, a mio avviso, senza esagerare.
Insomma, condivido l'analisi di Antonio Polito che oggi sul Corriere definisce ingiusta la critica dura che viene indirizzata al presidente dimissionnario da parte di Silvio Berlusconi e dei suoi.
I fatti riportati dal giornalista sono esatti, ancorché certi interventi, che di fatto favorirono il Cavaliere e il Popolo delle Libertà (come il rinvio del foto di fiducia nel 2010, il mancato scioglimento delle Camere nel 2011, nominando invece Premier Monti), furono presi nel timore di uno scioglimento anticipato delle Camere, visto sempre come una iattura da Napolitano. Ciò posto, Polito non è un ingenuo , quindi non può non sapere le ragioni VERE dell'astio di Berlusconi nei confronti del Capo dello Stato appena dimesso : il mancato salvacondotto giudiziario. Nelle sue confidenze poco segrete, il Cavaliere ha sempre fatto capire di aver ricevuto promesse poi non mantenute al riguardo. A dire il vero, nell'occasione della legge, poi dichiarata incostituzionale, che bloccava i processi - sospendendo i tempi di prescrizione - nei confronti delle più alte cariche dello Stato, e quindi anche del Presidente del Consiglio (in Francia funziona così, e nessuno grida allo scandalo), Napolitano non si era opposto e i rumors dicono che, al riguardo, avesse appunto assicurato Berlusconi che alla Corte non ci sarebbero stati problemi. Se andò così, probabilmente gli ingannati furono due, ma Berlusconi non ha mai creduto alla buona fede del Presidente della Repubblica.
Certo, nel 2011, al momento delle dimissioni da Premier, Berlusconi poteva provare a pretendere la nomina, concessa in quel momento a Monti, di Senatore a vita, che pure lo avrebbe "scudato" non male.
Non so se non ci pensò a chiederla, nel caso lo abbia fatto e Napolitano gli abbia risposto negativamente, si capisce il rancore mai sopito, visto i guai occorsi nel 2013, con la sentenza di condanna definitiva, l'inagibilità politica elettiva, l'umiliazione del servizio sociale. Insomma, politicamente Napolitano non è stato un nemico del centro destra. Certo nemmeno un amico...ma non è quello il ruolo del Capo dello Stato che anzi dovrebbe essere arbitro e garante.
Quando Napolitano ha fatto delle preferenze, lo ripetiamo, lo ha fatto, secondo noi, seguendo una SUA idea, non quella del soggetto di volta in volta favorito. Ma NON è stato amico del Cavaliere, ed è questo che Berlusconi non gli perdona.
Umanamente comprensibile, politicamente irricevibile.
La critica
ingiusta
È comprensibile l’ostilità che si riversa anche in queste ore contro Napolitano da parte dei propagandisti dell’antipolitica; cioè di tutti coloro i quali hanno sperato che la crisi economica, morale e politica dell’Italia sfociasse in un collasso del sistema istituzionale, per sostituirlo con qualcos’altro. Un’ondata così forte di rabbia e disprezzo per i partiti e il Parlamento in Italia non si vedeva da tempo. Napolitano l’ha affrontata di petto, senza indulgenze, con severità. Nella convinzione che l’unico modo di domarla fosse il rinnovamento delle istituzioni democratiche. Da questo punto di vista è stato il più formidabile nemico degli agitatori. Si spiegano dunque l’astio e la collera con cui ne salutano l’addio.
Meno comprensibile è l’ostilità che gli proviene da Berlusconi e dagli ambienti a lui vicini. Napolitano infatti, proprio per fronteggiare il rischio di collasso del sistema politico, ha avuto come stella polare della sua azione la stabilità di governo. Il che, in tutte le crisi politiche che si è trovato a gestire, lo ha portato sempre a favorire soluzioni che tenessero il centrodestra di Berlusconi dentro l’area di governo, o comunque agganciato. Al punto di irritare spesso gli oppositori dell’ex Cavaliere. Nel 2010, quando Fini spaccò la maggioranza di centrodestra, Napolitano si adoperò affinché la discussione della mozione di sfiducia a Berlusconi fosse posticipata a dopo la legge di Stabilità. Questo diede un mese di tempo al premier, che lo usò per conquistare e trasferire voti in Parlamento, e gli consentì di ribaltare a sorpresa il risultato e restare in sella.
Nel terribile autunno del 2011, quando il governo Berlusconi cadde al pari di tutti i governi dei Paesi travolti dalla crisi dei debiti sovrani, Napolitano non sciolse le Camere, indicendo elezioni che in quel momento avrebbe sicuramente vinto il centrosinistra guidato da Bersani, ma puntò sul governo Monti per uscire dalla emergenza finanziaria. Berlusconi gradì questa soluzione al punto che diede la fiducia al nuovo esecutivo, e per mesi lo sostenne; non a caso fu lui a proporre prima e a votare poi il bis di Napolitano.
All’indomani delle ultime elezioni, il presidente negò a Bersani la possibilità di dar vita a un governo senza maggioranza parlamentare e incaricò invece Letta alla guida di un esecutivo che comprendesse Berlusconi. E quando Renzi arrivò sulla scena, Napolitano diede via libera al suo tentativo, che consisteva nel riportare nel gioco politico Berlusconi con il patto del Nazareno, nonostante nel frattempo fosse stato condannato per frode fiscale e decaduto dal Senato, e per questo avesse rotto con la maggioranza e con Alfano.
Tutte queste scelte, peraltro pubblicamente motivate, ovviamente sono suscettibili di critiche; ma certo non per essere state di pregiudizio al centrodestra. I cui problemi politici di oggi hanno ben altre spiegazioni e radici.
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