Sono un fautore della chirurgia estetica. In un mondo perfetto, non dovrebbe essere importante la bellezza, le persone non dovrebbero soffrire di complessi, e gli altri ci dovrebbero apprezzare per quello che siamo dentro e non fuori.
Il mondo perfetto non è, e, da questo punto di vista, negli ultimi tempi, dalle parti nostre (leggi Occidente, e ancora di più, Italia), è diventato pure assai più superficiale.
Per cui, se qualcuno decide di pareggiare qualche piccolo (a volte anche medio e grande) gap che la natura gli ha mollato dal punto di vista estetico, ha tutta la mia solidarietà e approvazione.
Ciò posto, occhio alle sòle, come diciamo noi a Roma, e a voler risparmiare, col rischio di inguaiare la salute.
Le protesi al seno, per esempio, sono una cosa delicata, e non è certo il caso di risparmiarci su.
Non lo dovrebbero fare i clienti-pazienti, e ovviamente nemmeno le case produttrci, per non parlare dell'eventuale malafede dei medici operanti.
Invece così pare così non sia andata, con le protesi prodotte dalla Poly Implant Prothese (PIP), con 120 denunce in tutta Italia per problemi di salute di vario genere. Della cosa ormai si occuperanno i Tribunali e non solo quelli investiti per le cause risarcitorie.
Che almeno l'informazione dell'imprudenza e dell'ingenuità di molte, serva alle scelte future delle colleghe di genere.
Protesi al seno:
120 denunce
da tutta Italia
Gravi danni provocati dal silicone: indagato il francese Mas, patron della Pip
Emergenza sanitaria per le protesi al seno prodotte dalla Poly Implant Prothese (Pip). Ingrossamento di linfonodi al seno, dolori provocati da infiammazioni, operazioni per la rimozione degli impianti. Centoventi le donne con gravi problemi. A provocarli l’utilizzazione di silicone commerciale anziché di quello medicale, il solo ritenuto sicuro a livello internazionale. Una scelta aziendale compiuta da Jean-Claude Mas, proprietario della ditta, ora indagato con l’accusa di lesioni dolose gravissime. Tra i reati contestati, anche la truffa e la contraffazione di cose in danno alla salute pubblica.
Il ricorso al silicone commerciale sarebbe stato deciso per aumentare i guadagni attraverso il taglio dei costi di produzione. Nella maggioranza delle situazioni al vaglio del pm Mario Dovinola le vittime hanno riportato lesioni guaribili oltre i 40 giorni mentre solo una piccola percentuale è riuscita a curarsi contenendo i tempi di guarigione tra tre e sei settimane. Le denunce provengono da tutta Italia e i fatti riguardano operazioni tra il 2000 e il 2013.
Lo scandalo per l’uso di silicone commerciale da parte della società francese esplode nel 2010, quando la Pip chiude. Tuttavia in un primo momento si ritiene che il materiale non abbia effetti dannosi. L’inchiesta viene avviata nel 2012 ma in una prima fase si procede solo per la frode commerciale. La svolta è più recente, con il deposito delle querele che aumentano in modo progressivo con il passare del tempo. Il racconto delle donne presenta elementi comuni: sostengono di essersi sottoposte alle operazioni di chirurgia estetica con l’assicurazione di procedere a un intervento banale che prevedeva l’inserimento di apparecchi ritenuti affidabile dalla totalità dei medici, ignari dalla bassa qualità del materiale delle protesi. Le complicazioni si manifestano solo diverso tempo dopo l’impianto: cominciano dolori sparsi in varie parti del corpo.
Nei certificati medici allegati alle centoventi denunce all’esame della procura, i problemi di salute sono i medesimi: crescita dei linfonodi, infiammazioni, nuovi interventi chirurgici di rimozione degli apparecchi. Al momento non si registrano casi di tumori. Un precedente destinato ad avere un peso nell’inchiesta: nel dicembre del 2013 Mas è stato condannato a quattro anni di carcere per frode dal Tribunale di Marsiglia.
Giulio De Santis
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