domenica 15 febbraio 2015

IL CAMPIONATO DI CALCIO COME UN REALITY

 

Mi è molto piaciuta la riflessione di Davide Ferrario, di professione regsta, dedicata al calcio.
Un reality, con tanto di regia, ma che ammette qua e là improvvisazioni e contenuti colpi di scena.
In questo modo i tifosi si illudono che il loro penare, angustiarsi, smoccolare e gioire abbia un senso.
Un'illusione, che però contagia ancora milioni di persone.




Il calcio ridotto a reality
(ma continua a stregarci)
 

Tanto tempo fa il calcio è stato uno sport dove era possibile credere che vincesse il migliore. L’ultima volta è stato nel 1985, con lo scudetto del Verona. Poi arrivarono tv, globalizzazione, intrecci societari, scandali… Nessuno osa più dire, come si usava anni fa, che in fondo «il calcio è solo un gioco». Il calcio è prima di tutto un business .
Così, dopo il rigurgito del calcioscommesse e le dichiarazioni di Lotito, il tifoso che è in me combatte con la natura di homo sapiens e si chiede: fino a quando io e tutti gli altri appassionati potremo credere alla gigantesca messa in scena che è diventato il calcio? Poi, all’improvviso, la mia terza identità, quella professionale di regista, mi viene in soccorso: se ci crediamo ancora, è proprio perché è una messa in scena.
Il calcio moderno è un reality show . In questo senso, non solo è assolutamente in linea con lo spirito dei tempi, ma è anche ingenuo interpretarlo tramite concetti quali l’onestà. Chiunque sa che un reality è pilotato da una regia: ma è anche vero che, al contrario di un film, non è scritto in tutti i dettagli. Gli interpreti e le loro interazioni forniscono un margine di imprevedibilità che finisce per incuriosire il pubblico. Lo sai che è finto — ma è anche un po’ vero. Ed è proprio quello che ti piace.
Una partita è diventata come la puntata di un reality . In fondo all’animo, nessuno crede che ciò che succede in campo non sia influenzato da fattori esterni. Giocatori, arbitri, dirigenti hanno tutti a turno dimostrato di non essere credibili fino in fondo, proprio come uno del Grande fratello in confessionale. Eppure, ogni domenica, noi tifosi siamo lì a soffrire e sperare, illudendoci che il copione sia contraddetto da un evento non previsto dal reticolo di interessi economici che condizionano tutto il sistema. E quindi, paradossalmente, una giustificazione l’abbiamo. Tifare un senso ce l’ha ancora. Solo che, credendo di guardare il campionato, stiamo invece assistendo a una puntata di MasterChef .

Davide Ferrario

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