Mi sembra di capire che l'"abbiamo vinto" di Tsipras non abbia convinto molto quelli di casa sua, con parte dell'elettorato che rumoreggia e con esso l'interno di Syriza, dove si parla di spaccature e fuoriuscite.
Danilo Taino, analista lucido, attento ai numeri, che ho imparato a conoscere ed apprezzare leggendo il Corriere della Sera, scrive oggi cose giuste ma con una premessa, a mio avviso, sbagliata.
Ha ragione quando indica le cose che sarebbero necessarie per riformare seriamente la Grecia (molte sono uguali a quelle che necessitano a noialtri italici ), ma sbaglia quando sostiene che è per fare quelle riforme che Tsipras ha ricevuto il mandato degli elettori.
Finché si parla di tasse ai ricchi, va bene, visto che quelli sono pochi e quindi tutti gli altri gridano evviva (purtroppo in genere il risultato è che i ricchi se ne vanno, portando con sé le loro ricchezze). Ma quando poi devi andare ad incidere su cose come la corruzione (diffusa a tutti i livelli, compresi quelli bassi), il lavoro nero, le corporazioni il discorso cambia eccome.
Syriza è stata votata perché ha promesso di farla finita con l'austerità, con le regole, con i tagli alle spesa, e quindi ai posti pubblici, alle pensioni facili. QUESTO è il programma di Tsipras, e su questo la maggioranza dei greci è d'accordo. Per farlo, i due leader andati a Bruxelles speravano di ottenere grossi sconti sul debito pregresso e la possibilità di farne ancora... Della serie : i soldi passati NON te li ridò, o almeno, non ora e non tutti, intanto però tu dammene altri...
Gli hanno detto di no, e loro ci sono rimasti pure male, evidentemente non rendendosi conto della non ricevibilità delle richieste.
La Grecia può tranquillamente non restituire quanto avuto. Mica gli mandiamo i carri armati per esigere il dovuto. MA il problema è che hanno bisogna di ALTRI denari, e chi glieli dà in caso di default puro e semplice ?
Di qui il loro piegarsi, che tanto dispiace ai loro elettori sinistresi.
Il gioco greco
non può essere
il ping pong
di Danilo Taino
È stata la giornata del ping pong, ieri, tra Atene e Bruxelles. Dalla capitale greca uscivano bozze del programma che il governo greco deve sottomettere ai creditori, arrivavano sul tavolo della ex troika (Ue, Bce e Fmi) che li deve valutare, tornavano sulle sponde dell’Egeo arricchite di «consigli». Avanti e indietro. Non è così che dovrebbe andare. Se infatti Syriza e il suo leader Alexis Tsipras hanno ancora una chance di fare qualcosa di positivo per il loro Paese, dopo la perdente prima tornata di negoziati con i 18 partner dell’eurozona, dovrebbero essere loro a condurre il gioco del cambiamento. Sono stati eletti per trasformare la Grecia, non possono aspettarsi che lo facciano il presidente della Bce Mario Draghi, quello della Commissione europea Jean-Claude Juncker e la signora Christine Lagarde, a capo del Fondo monetario internazionale.
Difficile dire se un governo della sinistra radicale possieda la visione per cambiare un Paese che ha bisogno di una trasformazione straordinaria e profonda per potere stare in modo decente nell’economia del Ventunesimo secolo. Se però ci sono un momento e una situazione in cui provarlo, questi sono adesso e la Grecia. Quando mai un riformista radicale come il partito Syriza, che vuole cambiare tutto, ha non solo un grande appoggio popolare ma anche la possibilità di ricevere il finanziamento vitale se questo cambiamento ha successo? Finora, Tsipras e il suo ministro delle Finanze Yanis Varoufakis hanno dato l’impressione di puntare a uno «sconto» europeo che dovrebbero pagare i cittadini dei 18 Paesi partner: non lo otterranno. Nel quadro dei patti dell’eurozona, però, possono attaccare i mali storici della Grecia, possono aggredire i privilegi delle oligarchie, liberalizzare i settori dell’economia ingessati dagli interessi di casta, aprire i mercati e le pratiche della politica per rendere difficile la corruzione. Possono promuovere la meritocrazia a scapito delle rendite.
Certo, un impegno enorme: ma è per quello che sono stati votati. Certo, non è un programma di sinistra tradizionale: sarebbe però un programma a favore della Grecia e dei greci. E difficilmente criticabile a Bruxelles. Il ping pong è un’altra cosa.
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