venerdì 10 aprile 2015

BONAFE', POLITICA MEDIOCRE, ATTACCA RICOLFI A BALLARO', E GIANNINI SI SCHIERA COL PROFESSORE

 

Non c'è nessun esponente del PD, NESSUNO, che io conosca (personalmente, in tv, sui giornali, in rete) che possa anche solo allacciare le scarpe a Luca Ricolfi in materia economica, socialogica e, aggiungo, anche se si tratta di elemento che non mi entusiasma, etica. Meno che mai la Bonafé, un'altra delle miracolate dell'era renziana. 
Eppure la mediocre signora a Ballarò, dopo che Giannini aveva mandato in onda una intervista al Professore nella quale quest'ultimo aveva "osato" parlare di "bolla dell'occupazione" (timore di molti, per le caratteristiche del Jobs Act), senza minimamente preoccuparsi di entrare nel merito del problema posto, il contrasto alla disoccupazione, rinfaccia a Ricolfi di aver sostenuto, in suo libro, che Berlusconi aveva rispettato il contratto con gli italiani.
Ora :
1) che min...c'entra con l'oggetto specfico della trasmissione ? 
2) quello che la Bonafé dice è completamente FALSO , e per Ricolfi è facile sbugiardarla nell'articolo sul Sole 24 Ore, che trovate di seguito
3) la conclusione, a cui perviene anche Massimo Giannini, che lodevolmente si schiera da parte del giusto, e quindi del Professore, è che i politici (mediocri) quando non sanno cosa rispondere, sparano falsità, la buttano in caciara, e la chiudono così.
Di seguito, prima il commento del conduttore di Ballarò, poi la replica di Ricolfi alla stordita parlamentare.

Massimo Giannini (Olycom)
 
Quello che mi preme di più è ragionare sulla seconda parte dell'editoriale di Ricolfi, in cui il professore affronta il tema del rapporto tra i fatti e la politica raccontata in televisione. E lo faccio per dire subito che, anche in questo caso, sono perfettamente d'accordo con lui. Anche io, come lui, non voglio che ai politici sia consentito «non rispondere alle domande che vengono loro rivolte», «Interrompere continuamente l'interlocutore impedendogli di esporre il suo pensiero». Anche io, come lui, mi chiedo «perché delle questioni fattuali si parla come se si stesse discutendo di opinioni, per cui se io dico che il Pil è aumentato e tu dici che è diminuito, sono affari nostri». E «perché, di fronte a statistiche e numeri sgraditi, qualsiasi politico, in qualsiasi programma televisivo, sa benissimo che gli basta dire “non è vero” per chiudere la questione».



Tutti al Circo Massimo, 2.000 anni dopo


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 Pensavo che lo stalinismo fosse finito. Morto e sepolto. Forse lo è, nel senso che l’Unione Sovietica non c’è più, e fortunatamente non ci sono più adoratori di Stalin (o se ci sono non ce lo vengono a dire). Però i comportamenti stalinisti sopravvivono, eccome. Il più tipico è prendere una persona (meglio se assente, così non si può difendere) e accusarla di qualche misfatto, inventando di sana pianta i crimini di cui si sarebbe macchiata. Spudoratamente e senza contraddittorio.
È successo a me, martedì sera a Ballarò. Massimo Giannini aveva appena mandato in onda una mia intervista (registrata il giorno prima), in cui tra le altre cose dicevo che nel 2015, probabilmente, ci sarebbe stata una “bolla occupazionale”, e che la bolla rischiava di sgonfiarsi nel 2016.
E che cosa risponde la politica di turno (Simona Bonafé), invitata a commentare l’ipotesi di un aumento artificiale dell'occupazione nel 2015?
Ben poco, nel merito. Però sfodera uno dei più vieti (e vili) argomenti della retorica, il cosiddetto argumentum ad personam, che consiste nell’attaccare la persona anziché discutere le sue affermazioni. E che cosa tira fuori? Che Ricolfi è lo stesso che nel 2006 diceva che Berlusconi aveva onorato “tutti i punti” del Contratto con gli italiani. Doppia squalifica, dunque: vieni accusato di aver fatto delle valutazioni palesemente errate, e in più l’ascoltatore è indotto a pensare che le hai fatte perché sei berlusconiano (che non è un insulto in generale, ma lo è agli occhi di tanta sinistra; dimenticavo: Bonafé è del Pd).

Qual è il problema? Il problema è che, prima delle elezioni del 2006, poi vinte da Prodi, un libro sul “Contratto con gli italiani” io effettivamente l’avevo pubblicato ma in quel libro sostenevo l’esatto contrario, e cioè che Berlusconi NON aveva affatto rispettato il contratto, e che avrebbe quindi dovuto mantenere l’impegno a NON presentarsi alle elezioni.
A scanso di equivoci riporto in modo testuale le conclusioni del mio libro: «La nostra analisi mostra (…) che Berlusconi ha fatto molto di meno di quanto aveva promesso, e che l’impegno di raggiungere in questa legislatura almeno 4 traguardi su 5 non potrà in alcun modo essere mantenuto. Se almeno in questo vorrà rispettare il contratto, Berlusconi non può ripresentare la propria canditura alle elezioni politiche del 2006”. (…). La pretesa di aver rispettato tutti gli impegni (…) è un’offesa alla verità ma anche all’intelligenza degli elettori». (Tempo scaduto. Il “Contratto con gli italiani” alla prova dei fatti, Il Mulino 2006).
La mia colpa, allora, fu solo di aver riconosciuto che quel che era stato fatto non era pochissimo, e che almeno 1 dei 5 impegni era stato pienamente mantenuto. Che ci volete fare? È il mio mestiere (insegno Analisi dei dati) ricostruire, attraverso i dati e le statistiche, come sono andate le cose.

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