sabato 25 aprile 2015

DIVORZIO BREVE. I PERCHE' DI QUELLI A CUI NON PIACE

 

Se c'è una persona che ho imparato a disistimare profondamente, dai tempi in cui improvvidamente (ma non si è trattato di caso isolato...tutti gli "uomini del presidente" sono gente dal mediocre in giù) Renzi la mise come responsabile della giustizia nel PD, quella è Alessia Morani. Ad un certo punto si è dovuto arrendere pure lui, che quando è troppo è troppo, e l'ha sostituita (il successore non è un'aquila, ma peggio non può fare, nemmeno impegnandosi). Allora la signora si è messa alla testa di un disegno di legge che in Italia gira da quando ero studente di giurisprudenza : il divorzio breve. 
Per lustri, almeno 5, ogni tanto qualche cliente arrivava a studio chiedendomi se, come aveva letto sui giornali o sentito in tv, poteva chiedere il divorzio, ché era passato un anno dalla separazione...
Io regolarmente spiegavo che erano chiacchiere che ogni tanto tornavano per riempire un vuoto di notizie, ma che non era proprio aria. Negli ultimi due anni non ho risposto più così, percepivo che il momento fosse arrivato. E così il divorzio breve è diventato legge, prevedendo addirittura la risibile durata di sei mesi dalla separazione...Un'assurdità, il classico compromesso all'italiana - sistematicamente al ribasso - ché allora tanto valeva avere il coraggio di abolire il periodo di separazione e consentire il divorzio immediato. Sei mesi che senso hanno mai ?
Al di là del senso logico, c'è un problema di inutili costi, che le persone dovranno affrontare per un duplicato a questo punto ingiustificato, e anche burocratico, come ben presto ci accorgeremo che sarà. 
Ma a parte queste considerazioni, ed altre che magari faremo quando leggeremo il testo definitivo sulla gazzetta ufficiale, tornando alla Morani, la signora ha parlato di data "storica", con l'Italia che finalmente faceva ingresso nel novero dei paesi civili...
Niente di meno !!! Quanta retorica che gira da un po' di tempo in qua....
Leggendo qua e là sull'argomento, sono incappato oggi sul Corsera nelle obiezioni di Luca Diotallevi, che ho trovato pacatamente critiche della nuova legge. 
Sono uno che non si è mai sposato, e non capisco l'affanno dei gay a volersi sposare (ce l'hanno  anche in quei paesi dove non ci sono problemi di diritti civili a prescindere dal matrimonio...ad alcuni si vede che piace proprio la "festa"...), e sono d'accordo con Umberto Galimberti quando scriveva che più ancora che accorciare i tempi del divorzio sarebbe stato necessario allungare quelli PRIMA del matrimonio, passo affrontato in troppi casi con eccessiva superficialità. A questo, aggiungiamo che non sono un fervente credente, ed ecco che si capisce perché non sono certo un fanatico difensore dell'istituto. E infatti non mi sposo. Per quelli che lo fanno, in chiesa oltretutto, credo che le considerazioni di Diotallevi meritino una riflessione più attenta.



MATRIMONIO DEBOLE
SOCIETà PIù POVERA 
 
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Il divorzio breve è l’ultimo di una serie di provvedimenti legislativi che rendono più semplice porre fine ad un matrimonio. Il largo consenso e le timide critiche fanno apparire fuori luogo ogni polemica. Resta però lo spazio per qualche riflessione. In questi ultimi mesi la politica ha dato il proprio contributo al congedo che la nostra società sta prendendo dal matrimonio (sempre più affare privato).
Lungi dal sottovalutare quante sofferenze risultano abbreviate dall’accorciamento dei tempi necessari alla pronunzia del divorzio, ci si può però chiedere cosa è una società in cui le leggi sempre meno riconoscono il carattere speciale del matrimonio. Qui per matrimonio si intende quel fatto cui la Costituzione italiana si riferisce ad esempio all’art. 29. L’amore tra un uomo e una donna vi è riconosciuto capace, innanzitutto, di alimentare eguaglianza giuridica e morale tra i due, e di generare un tipo di unità che merita tutela da parte della legge. Il «per sempre» e l’esclusività di quel particolare amore, che non implica indissolubilità, veniva riconosciuto dalla Repubblica come rapporto etico-sociale non unico, ma insostituibile e meritevole di sostegno in vista del bene comune.
La legge, di questo qui si tratta, sa sostenere solo attraverso forme, tempi e pene. Per questo forme, tempi e pene variano, perché non sempre è in gioco un valore equivalente. La scelta del legislatore di semplificare le forme e di abbreviare i tempi di accesso al divorzio è stata estremamente significativa perché compiuta in un tempo in cui il matrimonio non è più e non pretende più di essere l’unica istituzione all’interno della quale è lecito praticare l’amore e la sessualità o procreare. Perché allora alterare la tutela di qualcosa che è sempre più facile non scegliere?
Le voci contrarie si sono appellate quasi sempre agli interessi dei figli. Sacrosanto, ma non basta. La Costituzione fonda la famiglia sul matrimonio e non giustifica il matrimonio con il fine della famiglia. Evidentemente credeva di vedere un valore dove non siamo più in grado di vederlo o che non apprezziamo più come allora (tra l’altro cancellando quel matrimonio rischiamo di far dilagare modelli di famiglia diversi, fondati ad esempio sul maschilismo).
Naturalmente non sarà vietato sposarsi cercando nel matrimonio anche cose che eccedono la forma del contratto. Tuttavia la domanda era un’altra: cosa è una società civile che riconosce in misura sempre minore il carattere speciale dell’amore matrimoniale?
Se Romeo e Giulietta avessero programmato qualche scappatella, probabilmente i boss Capuleti e Montecchi non si sarebbero preoccupati tanto. Il punto è che Romeo e Giulietta volevano sposarsi, e il matrimonio è una istituzione e dunque, come osserva S. Žižek, una sottrazione di potere alle altre istituzioni. Una società con un matrimonio più debole è una società più povera e più controllabile.

Luca Diotallevi

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