Massimo D'Alema simpatico non lo è mai stato, però prima, quando era uno che contava - in certi momenti anche tanto - era rispettato. Il dubbio che il rispetto potesse non essere cosa dovuta lo insinuò Renzino, ponento proprio Il Migliore in cima alla lista dei rottamandi. Una lesa maestà, ai tempi, che portò bene al suo autore. Da allora è passato nemmeno tantissimo tempo, eppure sembrano ere, per quante cose sono cambiate. D'Alema non è più in Parlamento e non è nemmeno più uno dei gestori, di fatto, della segreteria PD. Anzi, è decisamente marginalizzato, come peraltro altri, ma lui fa più sensazione. Come spesso accade, il leone vecchio e vulnerabile, diventa preda più facile ed ecco che anche all' ex segretario, ex premier, ex presidente di tante cose, tocca la palata di melma mediante intercettazione. Anche lui, come tanti prima, non è indagato, eppure questo non è sufficiente a preservarlo. La differenza è che, a differenza dei gatti spelacchiati alla Lupi, per intenderci, questo è un felino che per quanto indebolito ancora qualche zampata la dà, e i suoi attacchi a questo uso barbaro delle intercettazioni, scandalo incancrenito della realtà sociale italiana, con i dementi dell'"intercettateci tutti", i bavagli sui giornali e sui social, tutto questo ciarpame qui..., non passano inosservati.
E così, di fronte alla chiamata in causa, il vicepresidente del CSM, Legnini, sente il dovere di rispondere, giustificandosi naturalmente ma anche aggiungendo che il problema è serio ed il legislatore deve porre rimedio : «Il presidente D’Alema pone un tema serio, quello della riservatezza e dell’onorabilità delle persone non indagate - ha commentato Legnini - Il Csm però non è munito di poteri d’intervento d’ufficio, può intervenire se investito dal pg o dal ministro». Il tema della fuga di notizie, quindi, «meriterebbe un intervento legislativo appropriato».
Adesso sì che possiamo stare sereni...
L'articolo della Maiolo , sul Garantista, ben denuncia la prassi di magistrati (pm e gip) soliti da lustri a usare questo mezzo per avviare i processi in piazza prima che nelle aule, e se qualcuno veramente tra i politici e i governanti volesse porre seriamente argine a questa deriva, dovrebbe superare la paura di fare la fine di Mastella, colpito e affondato da ministro della Giustizia, proprio per aver voluto toccare questi fili.
Senza il ritorno ad una vera immunità parlamentare, da questo commissariamento giudiziario non se ne esce,
Caro Massimo, benvenuto tra i perseguitati
Negli Stati Uniti il magistrato si tiene le intercettazioni ben strette nel proprio cassetto”. Così il giornalista Federico Rampini nella trasmissione Piazza pulita, ricorda, dal Paese in cui vive e lavora, l’anomalia italiana paragonata a un sistema, come quello americano, dove in uno spazio dieci volte più grande, il numero complessivo delle intercettazioni è pari alla metà di quelle italiano. E del resto, non occorre andare lontano per avere l’esempio di un magistrato che di recente è stato capace di “tenere ben strette nel proprio cassetto” le intercettazioni che lui stesso aveva disposto. Parliamo del Procuratore aggiungo di Venezia Carlo Nordio, che è riuscito a condurre un’inchiesta colossale come quella sul Mose senza che neppure una riga fosse sfuggita dalle maglie del segreto investigativo, intercettazioni comprese
Il che significa che è possibile evitare lo “sputtanamento”, soprattutto di persone non indagate, purché il magistrato, che è il custode naturale della riservatezza delle indagini, lo voglia.
E quindi, a contrario, ogni volta che la notizia scappa, significa che il magistrato, prima di tutto ( e con lui le forze dell’ordine che dipendono dal Pm ) lo ha voluto. Intercettazioni depositate in edicola, si dice, con ammiccamento complice, tra giornalisti
E’ capitato, buon ultimo, a un esponente del Pd, Massimo D’Alema, non uno qualunque, ma che ha il torto di non essere sull’inginocchiatoio davanti a San Matteo. Sadicamente, e con un po’ di malizia, avremmo preferito che la vittima dell’ennesimo circo mediatico-giudiziario fosse un amico del premier Renzi, secondo il detto del “chi la fa l’aspetti”. Perché questo problema delle intercettazioni in edicola in genere viene preso a cuore solo da chi lo subisce e dai propri amici. Inoltre gli argomenti usati per lo “sputtanamento”, soprattutto del personaggio politico, sono sempre quelli più adatti a suscitare invidia sociale, dal posto di lavoro per il figlio o l’orologio di valore simbolico come il Rolex ( se così non fosse non esisterebbero i falsi ), come nel caso di Maurizio Lupi, o le bottiglie di vino pregiato come nel caso di Massimo D’Alema.
Lo “sputtanamento” è costruito ad hoc per istigare i cittadini all’odio e all’invidia. Il personaggio individuato serve da cappello su inchieste che spesso non conquisterebbero le prime pagine (con conseguente tam tam televisivo e sui social ) senza “il nome” del politico da rosolare. E qui si apre un problema di politica giudiziaria molto serio. Da un po’ di tempo i magistrati delle indagini preliminari hanno introdotto il costume di allegare all’ordinanza di custodia cautelare il testo delle intercettazioni. Il documento complessivo è “a disposizione delle parti”, il che non vuol dire che siano atti pubblici. Ma ormai è come se lo fossero, perché magistrati e forze dell’ordine li distribuiscono a piene mani ai giornalisti dietro l’alibi che i responsabili di queste propalazioni potrebbero anche essere gli avvocati.
Ma quale difensore avrebbe interesse a rendere pubbliche intere pagine che danneggiano il loro assistito? La risposta è ovvia. Inoltre, in mezzo alle intercettazioni, ne viene allegata abilmente qualcuna che riguarda un uomo politico famoso, che non è indagato, che spesso non è neppure intercettato (come nel caso di D’Alema ), ma di cui parlano altri. Che cosa si imputa, con titoloni e strilli, al non-indagato che diviene immediatamente un imputato al Tribunale del popolo? Il “comportamento”. Il re dei cattivi comportamenti resta sempre Silvio Berlusconi, e giù moralismi a palate. Ma insomma, anche Lupi e D’Alema: era opportuno che…..e giù moraleggiando. A nessuno ( o quasi ) viene in mente di considerare che il magistrato dovrebbe limitarsi, se proprio deve, ad allegare all’ordinanza solo le intercettazioni relative alla commissione di reati, e non ai comportamenti, soprattutto se di persone estranee. E comunque che dovrebbe tenerle ben strette nel proprio cassetto, come Nordio e tutti i magistrati Usa insegnano.
Purtroppo queste questioni non riguardano più solo il mondo della politica, come insegna tutto quanto il processo a Massimo Bossetti, che è già diventato il processo della pubblica moralità, di cui sono diventate vittime, oltre all’imputato, tutte le donne della sua famiglia, nella cui vita affettiva e sessuale si fruga con rara morbosità, in modo che tutti noi “spettatori” possiamo sentirci più virtuosi. Il problema delle intercettazioni (una volta erano i verbali d’interrogatorio ) in edicola non ha soluzione, purtroppo. Perché ogni volta che il Parlamento o un Governo cercano di metterci mano, partono sempre con il cercare di erogare sanzioni all’utilizzatore finale, il giornalista, arrivando persino a tentare di punirlo con il carcere. Si sa già come va poi a finire, con i sindacati, gli articoli ventuno, le senonoraquando, tutti a protestare con il bavaglio sulla bocca e la cosa finisce in niente. Del resto una parte ( ma solo una parte ) di ragione i giornalisti l’hanno, perché il cane cui viene dato l’osso, come fa a non rosicchiarlo?
L’unica punizione che veramente meriterebbero certi giornalisti è di essere intercettati, non solo al telefono, anche in camera da letto o sulla Comasina, che è una strada abitualmente popolata da prostitute. Per il resto, l’unico che dovrebbe essere sanzionato ( ma da chi? Dai suoi colleghi?) è il naturale custode della notizia, colui che l’ha prodotta e che dovrebbe tenerla “ben stretta nel proprio cassetto”. Ecco perché il problema non ha soluzione, ecco perché è inutile lamentarsi, caro compagno D’Alema. Benvenuto tra noi.
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