martedì 12 maggio 2015

ARMANDO SPATARO :QUANDO E' IL MAGISTRATO A MORDERE IL MAGISTRATO

 

Deve essere un momento di utili ripensamenti.
Da pochi giorni è uscito nelle edicole il libricino di Piero Tony, un magistrato da poco andato in pensione, titolato "Io non posso tacere ", nel quale punta il dito contro due patologie gravi della sua categoria : protagonismo e "supplenza". 
Lo sto leggendo, ne riparleremo. Ricordo qui soltanto che il Dr. Tony divenne per un certo periodo famoso nel processo Pacciani, dove rivestiva il ruolo di rappresentante della Procura nel processo d'appello, per aver clamorosamente richiesto, nella requisitoria finale, l'assoluzione del "mostro", per la semplice ragione che non riteneva che fossero emerse prove sufficienti a dichiarare la colpevolezza. Accadeva nel 1996 e Indro Montanelli, sul Corriere della Sera, gli rivolgeva un plauso esplicito concludendo il suo editoriale - non a caso titolato "La coscienza di un giudice", con queste parole : "Grazie procuratore Tony . Lei ha ridato, non dico a tutti, ma a molti cittadini , un po' di fiducia nella giustizia. E Dio sa quanto quella italiana ne ha bisogno. "
Claudio Cerasa, che ha curato la stesura del libro del Dr. Tony, chiosa giustamente che se queste parole erano sacrosante 20 anni fa, figuriamoci oggi.
E il Dr. Spataro, l'altro giorno a Torino, durante un convegno organizzato dalle Camere Penali incentrato principalmente sul problema dell'informazione in materia giudiziaria, non ha certo smentito questo quadro preoccupato, per non dire pessimista, anzi.
In questo caso, venendo ribadite le accuse di protagonismo, di tracimazione dei giudici dal loro alveo  legale di pertinenza, da un super procuratore di ferro come l'attuale  capo della procura di Torino, si rimane quasi a bocca aperta.
Possibile che sia proprio lo Spataro che conosciamo ? Lo sceriffo alla Gratteri, solo spostato al Nord ? 
Leggere per credere....




Il Garantista


Il super-Pm sbotta: «Giudici, ora basta»


a. Armando Spataro

 
Lo sapete tutti che nei manuali di giornalismo c’è scritto che una notizia è notizia quando l’uomo morde il cane, e non viceversa. Beh, stavolta è ancora più notizia: è il magistrato che morde il magistrato. Cosa mai vista, finora. E il magistrato in questione non è un tizio qualunque, ma è il Procuratore di Torino Armando Spataro, anni 67, carriera lunghissima, sempre impegnato in indagini molto delicate, prima la lotta al terrorismo di sinistra, nei primi anni ottanta, poi l’antimafia. Spataro è un’icona di coloro che amano i Pm. Duro, rigoroso, burbero, cattivo, non sorride mai. Uno sceriffo. E uno che parla chiaro, non si nasconde, te le grida in faccia. A occhio non è proprio il tipo del magistrato garantista. Ed è difficile trovare qualche sua frase di simpatia per i garantisti.
Beh, ieri Spataro è andato a parlare nella tana del nemico, e cioè a un convegno organizzato dalla camere penali del Piemonte, e ha pronunciato una requisitoria delle sue, ma stavolta contro i suoi colleghi.
Spataro ha tuonato contro i magistrati protagonisti, i magistrati presunti ”eroi”, i magistrati moralisti, i magistrati maestri di storia, i magistrati faziosi, i magistrati narcisi eccetera eccetera. Ha messo nel mirino (senza mai nominarli) Ilda Boccassini, Vittorio Teresi, Antonio Ingroia, Antonio Di Pietro (ma anche Borelli, D’Ambrosio e Colombo) forse anche Pignatone, sicuramente, e con durezza, il ministro Alfano. E poi ha disintegrato l’immagine dei giornalisti giudiziari, accusandoli di pigrizia e scarsa professionalità (ma anche un po’ di servilismo…).
Ha pronunciato un discorso simile agli articoli che su questo giornale scrive Tiziana Maiolo…

I casi sono due. O prendiamo questo sfogo di Armando Spataro come una boutade (o come semplice espressione della lotta interna tra le correnti della magistratura); oppure lo prendiamo sul serio ed esaminiamo una a una le cose che lui ha detto e immaginiamo che forse si è arrivati – nella vicenda del potere sempre più grande in mano alla magistratura – a quel punto di rottura che provoca reazioni, discussioni, dubbi, e che forse può portare a una inversione di tendenza. Speriamo.
Naturalmente è chiaro che alcuni degli attacchi di Spataro possono essere effettivamente letti all’interno della lotta tra correnti della magistratura. Spataro ce l’ha sempre avuta con ”Magistratura Democratica” e oggi gli tira un po’ di frecce avvelenate. Così come è noto che Spataro non ha mai amato la Boccassini, che addirittura una volta fece pedinare degli indagati sui quali stava indagando, appunto, Spataro, che la prese molto male. Ed è anche noto che Spataro non ama il ministro Alfano e perciò – come vedrete – lo espone a impietosi paragoni con ministri dell’Interno del passato (Virginio Rognoni, in particolare) e lo maltratta in tutti i modi.
Detto ciò, vediamo quali sono i sassolini che Spataro si toglie dalla scarpa. Trascrivendo pari pari le frasi che ha pronunciato a Torino, senza cambiare una virgola
Protagonismo dei magistrati.
«E’ una fortuna che sia finita l’era di mani pulite e l’era di Di Pietro. Rammento i giornalisti a frotte dietro i pubblici ministeri nei corridoi, e devo dire che alla fine qualche collega era più convinto dell’importanza della notizia in prima pagina che non dell’esito del processo…
«Badate che non sto contestando il diritto e il dovere del magistrato di intervenire nel dibattito civile. E’ giusto che intervenga. Senza però dare alcun segnale di dipendenza o vicinanza politica…
«Vi faccio qualche esempio di protagonismo non virtuoso: c’è un magistrato che a Palermo, dopo aver letto una sentenza che disattendeva le sue conclusioni, disse che se lui fosse stato un professore avrebbe dato quattro meno al giudice che aveva fatto quella sentenza (e qui si riferisce al dottor Vittorio Teresi, coordinatore del pool antimafia della Procura di Palermo, il quale pronunciò quella frase infelice commentando la sentenza del processo Mori, ndr); poi c’è chi ha detto che il Csm avrebbe dovuto valutare, al fine di designare il nuovo procuratore capo di Palermo, il grado di condivisione dei candidati con l’impostazione del processo sulla trattativa Stato mafia (e qui si riferisce ancora a Teresi, ma anche a Ingroia e più in generale a tutti i Pm che fanno capo all’ex Procuratore di Palermo De Matteo, ndr). Mi sembra una impostazione inaccettabile».

Boccassini e Pignatone.
«Poi c’è il caso di quei pubblici ministeri che a distanza di 20 anni dall’inizio dei processi di mafia al Nord, dicono: ”Finalmente arrivo io e indago sulle infiltrazioni di mafia al Nord”, oppure che continuamente fanno riferimenti a entità esterne, ai poteri forti…

Il vizio più pesante della magistratura è la tendenza a porsi come moralisti, come storici, cioè pensare che tocca ai magistrati moralizzare la società e ricostruire un pezzo di storia».
Giovanna D’Arco
«Non sopporto più i colleghi che si propongono come gli unici eroi che lottano per il bene, mentre tutto attorno c’è male, e loro sono una sorta di Giovanna D’Arco, e sono alla continua denuncia dell’isolamento nel quale si trovano. Ma l’isolamento del magistrato non ha niente di eccezionale, è una condizione tipica del nostro lavoro. Non sopporto quelli che vanno in piazza per raccogliere firme di solidarietà».

La stampa
«Se si dovesse fare una riforma della Costituzione, vorrei che fosse inserita una norma che prevede l’indipendenza della stampa dal potere politico. Anni fa feci un viaggio negli Stati Uniti e chiesi al Procuratore federale di Chicago come facessero a mantenere l’indipendenza visto che sono nominati dal presidente degli Stati Uniti. Lui mi rispose: «Ma qui c’è la stampa», alludendo al ruolo della stampa e alla sua assoluta indipendenza. In Italia invece abbiamo degenerazioni di ogni tipo: magistrati che sfruttano il processo famoso per curare la propria icona, avvocati che tendono a trasferire il processo in Tv per auto-promuoversi, giornalisti che non cercano riscontri ma inseguono misteri, e ministri che inseguono slogan e telecamere.

Alfano, Rognoni e le balle su terrorismo e migranti
«Quando arrestammo Mario Moretti, il capo delle Br, non potrò mai scordarmi che mi telefonò l’allora ministro dell’Interno (Virginio Rognoni ). Avevo 31 anni, mi emozionai ( in verità ne aveva 33…anche lui bada un po’ alla sua immagine e si cala l’età…peccato veniale…, ndr). Il ministro mi chiamò per dirmi: ”lei sa quanto è importante per noi diffondere la notizia dell’arresto di Moretti, ma deve essere lei a dirmi che posso farlo, perché prima vengono le indagini”. Oggi avviene esattamente il contrario: notizie di operazioni contro il terrorismo internazionale vengono diffuse prima ancora che si realizzino, abbiamo notizie che vengono riprese senza alcun potere critico da parte della stampa, ad esempio quella sui terroristi che arrivano sui barconi dei migranti in Sicilia. Veicolare questa informazione interessa alla politica: possibile che non ci sia nessun giornalista che scriva che questa cosa non sta né in cielo né in terra?…»

Conclusioni
Questa è la sintesi del discorso di Spataro. Non mi è mai capitato di parlare bene di Spataro…Però questi suoi ragionamenti, se fossero ripresi da qualche altro Pm, potrebbero essere un punto di partenza per una discussione seria, no? Del resto sono convinto che la possibilità di fermare l’aggressività politica della magistratura (e del patto di ferro tra magistratura e giornalismo) , oggi esiste solo se la critica parte dall’interno della magistratura.

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