domenica 21 giugno 2015

L'ABITO SU MISURA (ITALICUM) FA DIFETTO...AL BALLOTTAGGIO, IL PD RISCHIA DI PERDERE

 Risultati immagini per sarto

Si tratta di intenzioni di voto, e poi le elezioni non sono alle porte. E, a leggere lo studio che Pagnoncelli propone sul Corriere della Sera, a questo punto non convengono più veramente a nessuno, nemmeno a renzino che finora le ha spesso usate come arma di ricatto contro i peones parlamentari.
Già perché, come dimostrano anche le ultime esperienze elettorali, l'appeal del premier si è un po' svaporato, dopo appena un anno, gli 80 euro da regalare non ci sono più, quelli di sinistra sinistra lo votano solo in Parlamento pur di conservare la poltrona, però la gente fuori no : si astengono, votano 5 Stelle, Renzi proprio no.
Dei voti un po' li recupera da quelli di Area Popolare, il che peralro ha anche una sua coerenza : a forza di fargli da stampella al governo, è pure giusto che, al di là delle parole al vento ( "quando ci saranno le elezioni, noi saremo avversari della sinistra", Alfano e Quagliarello dixit...), ma il resto del centro destra o vota qualcuno dei suoi, oppure non vota.
Risultato : in linea meramente astratta il PD si sogna di vincere al primo turno, pur essendo il primo partito ma con poco più del 30% (sideralmente lontana quota 40% per far scattare il premio di maggioranza), e se la rischia di brutto al ballottaggio dove prevarrebbe di poco sui 5 Stelle ( e francamente ho paura che questa previsione potrebbe essere smentita, ché temo più gli ortotteri di renzino) e perderebbe più nettamente di fronte ad una lista unita del centro destra. Solo in un testa a testa contro Salvini ce la farebbe comodamente.
Non credo proprio fosse lo scenario che renzino si aspettava ritagliandosi su misura l'abito sartoriale dell'Italicum, il "prorenzum", come lo ha definito Giovanni Orsina. 
Il vestito "tiene 'o difetto"...


Il Corriere della Sera - Digital Edition


Incognita ballottaggi sull’Italicum 
Il Pd batterebbe (di poco) i 5 Stelle
Una lista unica di centrodestra al secondo turno
si imporrebbe con il 53,5% sui dem
 Vittoria ampia per il partito di Renzi se nel duello il concorrente fosse la sola Lega
 Nando Pagnoncelli
 

Ai risultati delle recenti elezioni regionali e comunali è stato attribuito un significato «nazionale», nonostante abbiano coinvolto meno della metà del corpo elettorale. È una tendenza comprensibile ma che porta spesso ad analisi inappropriate, anche in considerazione dell’elevato tasso di astensione che si è verificato e che difficilmente potrebbe confermarsi in occasione di elezioni legislative.
Il sondaggio odierno intende fotografare gli orientamenti di voto degli elettori nel caso di elezioni politiche con la nuova legge elettorale, l’Italicum. Ancora una volta è opportuno sottolineare che si tratta di una fotografia istantanea che misura lo stato di salute dei partiti e non la previsione di quanto potrà avvenire quando si terranno le elezioni, nel 2018 o prima.
Alla luce delle intenzioni di voto abbiamo testato le preferenze degli elettori al secondo turno che prevede il ballottaggio tra le prime due forze in campo se nessuna, come accadrebbe oggi, supera quota 40% dei consensi. Al momento si tratta di Partito democratico e Movimento 5 Stelle e il primo si affermerebbe di misura: 51,2% a 48,8%. È interessante osservare il comportamento degli elettori dei partiti esclusi dal ballottaggio. Oltre la metà dei leghisti (55%) voterebbe per il movimento di Grillo, il 37% sarebbe propenso ad astenersi e l’8% sceglierebbe il Pd. Diverso il comportamento degli elettori di Forza Italia, il 60% dei quali si asterrebbe, uno su quattro voterebbe per il M5S e il 15% per il Pd. Sembrano davvero lontani i tempi in cui, grazie anche al patto del Nazareno, i berlusconiani risultavano attratti da Renzi. L’elettorato di sinistra si divide quasi a metà: 50% per il Pd e 45% per il M5S; Area popolare per il 70% voterebbe per il Pd mentre Fratelli d’Italia si dividerebbe tra il M5S (50%) e l’astensione (42%). Da ultimo, gli indecise e astensionisti al primo turno si riducono e propenderebbero in misura leggermente superiore per il movimento di Grillo (23%) rispetto al Pd (20%).
Rispetto all’attuale composizione della Camera dei deputati il Pd grazie al premio di maggioranza aumenterebbe i propri seggi, come pure il M5S, la Lega e Fratelli d’Italia. Al contrario si ridurrebbe il numero di deputati di Forza Italia, di Area popolare e della lista di sinistra (raffrontata a Sel).
Ma cosa potrebbe succedere se al ballottaggio il Pd incontrasse la Lega o il centrodestra unito in una sola lista? Si tratta di due simulazioni del tutto ipotetiche, dato che al momento la distanza della Lega dal M5S è ragguardevole e il progetto di un’alleanza di tutte le formazioni di destra e centrodestra stenta a decollare.
Nel primo caso il Pd si affermerebbe in misura molto netta sulla Lega: 61,5% contro 38,5%. I grillini opterebbero, nell’ordine, per l’astensione (42%), Lega (33%) e Pd (25%); gli elettori di Forza Italia voterebbero prevalentemente, ma non in modo compatto, per la Lega (60%), come pure gli elettori di Fratelli d’Italia (68%), mentre quelli di sinistra e di Area popolare — i primi prevedibilmente, i secondi un po’ meno — propenderebbero in misura massiccia per il Pd (rispettivamente 95% e 75%).
Nel secondo caso il centrodestra risulterebbe vincente sul Pd 53,5% a 46,5%, in virtù di un voto molto coeso (tra l’85 e il 95%) degli elettori di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Al contrario i sostenitori di Area popolare voterebbero più per il Pd (60%) che per il centrodestra unito (35%). Anche in questo caso la maggioranza dei grillini (55%) si asterrebbe mentre gli altri privilegerebbero sia pure di poco il Pd (25%) sul centrodestra (20%).
Riassumendo: al ballottaggio il Pd si affermerebbe di misura sul M5S, in modo largo sulla Lega Nord e perderebbe contro il centrodestra unito in un’unica lista.
Le ipotesi sul possibile ballottaggio dipendono dalle ultime intenzioni di voto. Iniziamo dalla partecipazione: la quota di astensionisti ed indecisi si attesta al 35,5% e lascia presagire una crescita dell’astensione rispetto alle Politiche del 2013 (è stata pari al 27,5%, considerando anche le schede bianche e nulle), ma più contenuta rispetto alle Europee del 2014 (44,4%).
Quanto ai partiti, rispetto ai mesi scorsi lo scenario che emerge non presenta novità nella graduatoria ma fa registrare cambiamenti di rilievo nei rapporti di forza. Il Pd si conferma il primo partito con il 31,5% ma risulta in significativa flessione rispetto alle elezioni europee. Si è fortemente ridotto il divario con il Movimento 5 Stelle (ora di 4%) che si mantiene al secondo posto ed è in notevole crescita con il 27,5% dei consensi, soprattutto — ma non solo — dopo le inchieste giudiziarie degli ultimi mesi, dalle grandi opere, a Ischia e, soprattutto, Mafia Capitale.
A seguire la Lega Nord (14,7%) che allarga il divario rispetto a Forza Italia (12,4%). Infine, tra i partiti al di sopra della soglia del 3%, si registrano un’ipotetica lista nella quale potrebbero confluire le formazioni a sinistra del Pd (4,4%), Area popolare (4,3%) e Fratelli d’Italia (4,2%).
L’infinita transizione che caratterizza la politica italiana non sembra affatto destinata a terminare. Indubbiamente l’Italicum può accelerare processi di cambiamento e la riconfigurazione delle proposte politiche, in termini di liste e programmi. Ma non è un processo facile. Ne è un esempio la situazione del centrodestra: se da un lato il clima sociale sembra più favorevole a quest’area politica, dall’altro appare difficile individuare un progetto in grado in grado di aggregare le diverse anime che la compongono. E la storia recente del nostro Paese ci insegna che unire formazioni politiche talora consente di vincere ma non sempre di governare.

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