martedì 21 luglio 2015

COME REAGIRANNO GLI ALTRI PAESI DOPO LA LEZIONE GRECA ? LA PREOCCUPAZIONE DI RICOLFI

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Il Bundestag dei "neonazisti" - per qualche mente accaldata da questa estate africana questo sono i tedeschi di oggi, "crudeli" con i greci - ha dato il via libera al terzo piano di aiuti alla Grecia. 86 miliardi in tre anni, di cui la Germania verserà una buona parte (il contributo viene calcolato in base al PIL e alla popolazione, e i tedeschi sono il paese più ricco e popoloso dell'Europa). Schauble, il vampiro, si è espresso a favore dell'approvazione. Non è incoerente. La sua idea primaria era che la Grecia uscisse, magari " a tempo", dalla moneta unica, senza peraltro essere abbandonata. Sarebbe stata comunque aiutata, ma con modalità e principi diversi, e senza tagli del debito, in modo da non costituire un "precedente" a cui altri paesi potessero ispirarsi. Un piano Marshall, rivisitato, era concepibile ma FUORI dall' Eurozona, in modo da non violare formalmente i trattati.
Dal momento che questa tesi è stata scartata dagli altri, Francia e Italia in primis (USA sullo sfondo...), Schauble non ha fatto muro e nel suo paese ha comunque appoggiato il compromesso ottenuto dalla Merkel : nuovi aiuti, a condizione di un protettorato di fatto.
Sulla preoccupazione principale della Germania sul possibile "cattivo esempio" che la vicenda Grecia potrebbe costituire per altri paesi, specie dell'area mediterraea - Portogallo e Spagna, ma anche Irlanda e, perché no, Italia ( la seconda I del'acronimo PIIGS siamo noialtri ) - si concentra Luca Ricolfi in un suo articolo del Sole 24 ore che propongo.
Buona Lettura



 


Perchè la lezione rischia di non servire




Forse, per capire che cosa il futuro può riservare all'Europa, dovremmo guardare di meno alle opinioni pubbliche greca e tedesca, e molto di più a quelle degli altri PIIGS, ossia Spagna, Portogallo, Italia e Irlanda.
Non è affatto chiaro, infatti, quale sia la lezione che i cittadini di questi paesi possono aver appreso dalla crisi greca. Mentre è invece chiarissimo, anche se poco se ne parla, che le possibili reazioni delle opinioni pubbliche dei paesi periferici sono una variabile chiave, se non “la” variabile chiave, di qualsiasi soluzione del rebus europeo. Vediamo perché.
L'epilogo della crisi greca è fatto di tre ingredienti, due chiaramente visibili e uno meno evidente. Il primo è l'arrivo di una montagna di soldi: 86 miliardi, quasi metà del Pil greco (è come se all'Italia venissero prestati 700 miliardi). Il secondo ingrediente è il commissariamento di fatto della Grecia da parte dell'odiata Troika.


Il terzo ingrediente, quello meno evidente, è l'inversione della congiuntura economica prodotto dalla gestione della crisi: alla fine del 2014 il Pil greco si avviava a crescere del 2%, dopo la follia collettiva di 6 mesi di trattative inconcludenti si contrarrà nella medesima misura (è come se in Italia il Pil avesse perso 50-60 miliardi di euro). Il combinato disposto Tsipras-Troika è riuscito nel capolavoro di commutare una ripresa probabile in una recessione certa.
Di fronte a questi tre segnali le opinioni pubbliche degli altri Piigs possono reagire secondo due modalità opposte. La prima è di “scampato pericolo”: abbiamo fatto bene ad accettare i sacrifici chiesti dall’Europa, noi ora siamo in ripresa, non ci affideremo mai a demagoghi con Tsipras. La seconda è di “invidia vittimistica”: la Grecia non pagherà mai i suoi debiti, anche noi vogliamo uno sconto sostanzioso sui nostri.
Quale reazione prevarrà? Quali saranno le lezioni che le opinioni pubbliche degli altri Piigs trarranno dalla crisi greca?
Nessuno può saperlo, perché la pessima trattativa Tsipras-Troika è come una macchia del test Rorschach: ognuno ci vede quel che è portato a vedervi. Il punto, però, è che questa incognita è il non detto che blocca ogni soluzione del problema greco. Tutti pensano che il debito greco sia insostenibile, ma non tutti se la sentono di ammetterlo pubblicamente. E la ragione è molto semplice: ci sono due scommesse opposte sulle reazioni della opinioni pubbliche dei paesi periferici. Il Fondo monetario, la Banca centrale europea, gli Stati Uniti temono il ripresentarsi (per la quarta volta!) della crisi greca, e scommettono su una prevalenza di una reazione da “scampato pericolo”. La Germania, i “Paesi del Nord”, la Commissione Europea, pur capendo perfettamente che i soldi prestati alla Grecia non torneranno mai indietro, fingono di credere il contrario, perché temono che alleggerire il debito della Grecia scateni una reazione da “invidia vittimistica”, con la richiesta di un taglio generalizzato dei debiti pubblici europei. È questo ragionevole timore, e non certo la cattiveria o l’egoismo nazionale, che sta dietro l’intransigenza dei falchi alla Schäuble.

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