venerdì 24 luglio 2015

FINALMENTE SI AVVIA IL MAXI PROCESSO ALL'ILVA. ALMENO LA FACCIAMO FINITA COI GIP

 Risultati immagini per ILVA A PROCESSO

Finalmente sull'ILVA ci sarà un processo,  che rappresenterà comunque un miglioramento rispetto alla morsa Procura - Gip, dove le garanzie per gli imputati sono, di fatto, estremamente ridotte . 
Non solo, forse ci sarà anche un freno a tutti questi provvedimenti ante sentenza, con iniziative che, a questo punto, saranno sottoposte al vaglio del Tribunale e non più del singolo giudice pappa e ciccia con il pubblico ministero. 
Sull'argomento ho già espresso tutto il mio personale biasimo per le toghe di Taranto. Sabino Cassese, noto giurista e già giudice costituzionale, è rimasto basito di fronte alla scomposta reazione di lor signori di fronte al decreto legge governativo, finalizzato a salvaguardare l'impresa, ricordando che, fino alla pronuncia della Consulta sulle questioni di legittimità sollevate, quel decreto è LEGGE e i giudici NON possono ignorarlo e tanto meno disapplicarlo. 
Oggi, a commento della notizia del rinvio a giudizio di 44 persone e tre imprese, lascio la parola ad un moderato, Dario Di Vico,



Un conflitto che è durato Troppo
di Dario Di Vico


Risultati immagini per VILMA GILLI GIP 

 Quello che partirà in ottobre a Taranto sarà di fatto un maxi-processo allo stabilimento siderurgico più grande d’Europa e che in passato è stato il vanto della città e dell’intero Sud. Accettando nella sostanza l’impianto accusatorio del procuratore Franco Sebastio il giudice dell’udienza preliminare Vilma Gilli ha ieri deciso il rinvio a giudizio di 44 persone e 3 società con l’accusa di disastro ambientale. Nel mazzo c’è di tutto: proprietari, dirigenti, amministratori pubblici, politici, funzionari e persino un sacerdote. Non è stata risparmiata nemmeno una figura come Nichi Vendola, segretario di un partito, Sel, che ha la parola ecologia nella ragione sociale.
È giusto che i fatti vengano dibattuti in piena libertà e del resto lo stesso Sebastio ha dichiarato che non essendoci precedenti a cui far riferimento il processo servirà a «interpretare il diritto in itinere ». È però evidente che in questo modo Taranto diventa il laboratorio dei rapporti futuri tra magistratura e imprese, almeno per ciò che concerne i reati ambientali. Si capisce così lo sconcerto della Confindustria che poche ore dopo il pronunciamento del gup Gilli ha fatto sapere che terrà il suo prossimo consiglio generale di settembre a Taranto, proprio per sottolineare come il caso Ilva contenga in sé un paradigma.
Gli industriali hanno sostenuto nei giorni scorsi che nel riposizionamento qualitativo post-Crisi delle nostre imprese è intrinseca una maggiore attenzione all’ambiente e al capitale umano.


  Per usare un termine che pure non amo, il sistema delle imprese italiane non intende «cinesizzarsi», anzi progetta fabbriche intelligenti, sistemi avanzati di logistica e maggior attenzione alla formazione del personale. C’è da crederci, caso mai l’unico dubbio è sul versante occupazionale: come faremo a conciliare un movimento verso una maggiore specializzazione con il mantenimento di robusti livelli di occupazione in settori come l’auto, gli elettrodomestici e la siderurgia? Non possiamo pensare che le uniche attività labour intensive siano i supermercati, il facchinaggio e la ristorazione. Quello che a questo punto si chiede alla magistratura non è certo il venir meno ai propri doveri e alle proprie prerogative, bensì di farsi raccontare le cose che stanno avvenendo nel sistema delle imprese dalle voci più autorevoli dell’accademia e della ricerca e non, come pure accade, da formazioni sindacali estremiste o da qualche consulente inacidito. E se vogliamo proprio dalle convulse vicende di Taranto di questi giorni un piccolo segnale in questa direzione va comunque registrato. Il confronto tra magistratura e Ilva che si è messo in moto dopo la tragica morte di un operaio, l’ordinanza di sequestro, il decreto governativo e la critica di incostituzionalità dei giudici, qualche spiraglio lo ha aperto e sta comunque consentendo in queste ore la continuità produttiva dello stabilimento.
Uscendo però dalla cronaca più immediata e sperando fortemente che si riesca ad evitare di spegnere il terzo altoforno, la discussione che va istruita, magari in parallelo al maxi-processo, è squisitamente di politica industriale. Un’Ilva progressivamente risanata e capace di confermarsi eccellenza in Europa va preservata o sacrificata per i peccati commessi in passato? Tutti coloro che giustamente lamentano come il Sud sia stato sostanzialmente lasciato a se stesso, e osservano che i migliori talenti se ne stiano andando dalle regioni meridionali, dovrebbero impegnarsi a rispondere a un quesito: come è potuto succedere che difendere i presidi industriali del Mezzogiorno sia diventato politicamente scorretto?

Nessun commento:

Posta un commento