Sul Corriere della Sera l'inviato da Berlino, Danilo Taino, spiega perché la Merkel non abbia certo vinto la partita di Bruxelles, avendo scontentato un po' tutti : i greci, inutile dirlo (credo che veramente questa estate la Grecia sia meta che i tedeschi è bene escludano dai loro abituali itinerari turistici) ; gli europeisti, perché comunque si continua a non affrontare il nodo vero, cosa debba essere questa cacchio di Unione ; i tedeschi, che, per la maggioranza, vogliono ormai fuori la Grecia dall'Euro.
Se però la Merkel non ride, sicuramente i greci piangono, e ne hanno tutti i motivi. La festa orgogliosa dell'OXI è durata una sola notte, ed è bastato passare da una domenica all'altra per ritornare velocemente alla crudissima realtà. Alla fine è probabile che i greci non pagheranno interamente i loro debiti - tanto più che il conto si starebbe per aggravare di altri 80 miliardi... -, e una ristrutturazione, come già avvenuto del resto per i privati, nella misura non piccola del 60%, prima o poi ci sarà. Intanto, si prestano i soldi per restituire le scadenze attuali...
Però, tutto questo dovrebbe essere pagato ad un prazzo salatissimo per le riforme imposte. E stavolta c'è anche l'asset di beni da privatizzare, con i proventi da destinare su un fondo controllato NON da Atene...
Un protettorato, di fatto. Non so se Tsipras sopravvivrà a tutto questo, a leggere l'articolo che segue, i dubbi sono leciti.
Pablo Iglesias, il leader di Podemos, l'omologo spagnolo di Syriza, è avvisato.
Syriza, i mille volti
della spaccatura
«Addio al sogno»
«È stato bello crederci, ora inizia l’inverno nucleare»
Al primo piano si è anche rotta l’aria condizionata. I giovani militanti spalancano inutilmente finestre dalle quali entra solo aria calda. Alcuni di loro si sporgono addentando panini fatti arrivare dal bar di piazza Koumoundourou. Una ragazza mora con canottiera bianca e piercing al naso piange e viene abbracciata da un signore dall’aria austera, che poi si rivela essere Panos Skourletis, attuale ministro del Lavoro ed ex portavoce di Alexis Tsipras.
«Not a good time», non è buon momento. Il professore universitario e deputato Costas Lapavitsas e il ministro dell’Energia Panagiotis Lafàzanis sfrecciano nel corridoio rovente ripetendo la stessa cosa agli interlocutori che li incrociano. Si rifugiano in un gabbiotto, accanto alla portineria al pianterreno, si suppone areato. Da Bruxelles è appena arrivato il testo dell’accordo. Devono leggere e valutare quel che appare già chiaro a tutte le persone presenti nella sede di Syriza. Entrambi sono due importanti esponenti della nutrita schiera di bastian contrari presenti all’interno del principale partito di governo.
«E’ stato bello crederci, ma adesso comincia il nostro inverno nucleare». Lafàzanis accartoccia i fogli e sembra che anche la sua faccia abbia subito lo stesso trattamento. E’ un comunista vecchia maniera, al quale fa capo Piattaforma di sinistra, il pezzo di partito alleato esterno e oppositore interno del più moderato Tsipras, che in Parlamento può contare su una ventina di rappresentanti. Al voto della scorsa settimana si è astenuto, chiedergli cosa farà nei prossimi giorni appare quasi superfluo. «Questo accordo» dice in un sospiro «è quasi peggio di un nuovo memorandum, perché contiene anche l’umiliazione del nostro popolo. Sono sei mesi che siamo costretti a ingoiare forme di liberismo mascherato e compromessi al ribasso, ma questa è una indigestione mortale. Lotteremo in ogni modo per farlo bocciare». Davanti a un’ira piuttosto evidente, pare quasi maleducato fargli notare il dettaglio della sua permanenza al governo. «Non so cosa farò a livello personale. Ma credo non ci sia una sola buona ragione al mondo per dare l’assenso a un accordo che distrugge la Grecia. Se passa, questo governo non ha più ragione di esistere, è prima di tutto un problema di coerenza».
Intorno a lui annuiscono molti dei dipendenti che lavorano in questa palazzina a due piani diventata crocevia della politica greca dove oggi sembra finire qualcosa. «Abbiamo perso la nostra innocenza» dice la ragazza che poco prima stava piangendo. Il professor Lapavitsas ha costruito la sua identità accademica sulla critica feroce all’euro. E’ stato eletto per Syriza ma si ritiene un indipendente, e lo ha sempre dimostrato al momento del voto. «Lo avevo detto ad Alexis che era una trappola. Dovevamo andarcene molto tempo fa. Adesso lo hanno messo in un vicolo cieco, e con lui tutto il Paese. Votare o non votare, ci hanno comunque uccisi». Magari domani andrà meglio. La convocazione del comitato centrale servirà a trovare una quadra che al momento risulta un miraggio.
Oggi però è il giorno dello spaesamento, testimoniato anche dalla homepage di Avgi, il quotidiano del partito, che parla di accordo disastroso frutto di una cospirazione ordita dalla Merkel in combutta con gli odiati armatori. Syriza può apparire come un monoblocco dotato di una struttura interna chiaramente ispirata ai partiti comunisti di una volta, con tanto di epurazione prevista per chi vota contro le indicazioni. Ma è sempre stata una realtà mercuriale che con molta fatica cerca di tenere insieme vecchi idealismi, nuovi movimenti e consuete tutele delle molte rendite di posizione presenti nella società greca.
«E’ la più brutta giornata della mia vita da quando i colonnelli cacciarono la mia famiglia e ci dovemmo rifugiare in Italia». Vassili Primirikis è uno dei fondatori di Syriza, fa parte della direzione nazionale e del Comitato centrale, dove è considerato un non allineato comunque fedele alla disciplina di partito. «Nulla sarà più come prima. Mi sembra che stiamo tradendo le promesse che avevamo fatto al nostro popolo. Oggi mi sento un po’ sporco. E’ chiaro che cambia tutto, anche per me». Sul marciapiede di fronte, sotto a un platano, la scena ispira tenerezza. I ragazzi usciti dalla sede di Syriza si abbracciano tra loro, si scambiano carezze, coraggio, vedrai che andrà meglio. All’improvviso passa il ministro Skourletis, fedelissimo e amico di Tsipras se mai ce n’è stato uno, impegnato in una agitata conversazione al telefonino. «Mi dici come c... possiamo farla mandare giù alla nostra gente?», chiede urlando all’anonimo interlocutore. L’inverno nucleare di Syriza è cominciato. Ma ci sono quaranta gradi all’ombra, e l’aria condizionata non funziona.
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