venerdì 31 luglio 2015

PIETRO ICHINO : PERCHE' C'ERA IL FUMUS PERSECUTIONIS CONTRO AZZOLINI

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L' amico e avvocato Mauro Anetrini ricordava ieri, correttamente, che il vaglio del Parlamento sulle richieste giudiziarie di arresto di propri membri è circoscritto all'esistenza o meno del cd. Fumus Persecutionis.  Camera dei Deputati e Senato non sono organi giurisdizionali che possono entrare nel merito, per esempio, della sussistenza dei famosi criteri senza i quali le misure di arresto non sono consentite : pericolo di fuga, inquinamento delle prove, reiterazione del reato. Come appresso ricorda Tiziana Maiolo NON basta che questi elementi ricorrano potenzialmente ma devono sussistere in CONCRETO, e fa degli esempi estremi ma utili per capire : l' indagato sorpreso col biglietto aereo in tasca, e/o intento a bruciare documenti compromettenti, e/o a insistere psicoticamente nel commettere il fatto imputatogli.  Questa concretezza la legge la prevede - e recentemente il legislatore è tornato a rafforzare questi concetti, stante la "sordità" dei destinatari - per evitare l'arbitrarietà dei magistrati preposti, limitandone la discrezionalità. Questo in teoria, perché la pratica è ben diversa.
Anche quando si tratta di parlamentari infatti, ormai certe toghe non mostrano alcuna prudenza e presentano richieste di arresti carenti in modo imbarazzante, confidando, probabilmente, nel clima forcaiolo pervicacemente alimentato da certe formazioni politiche (ortotteri in testa, leghisti un metro dopo), affinché Palazzo Montecitorio o Palazzo Madama non si azzardino a contrastarli.
Con Azzolini è andata male, e certamente la defezione di tanti piddini - in commissione avevano votato per consentire l'arresto - in aula non ha a che fare con rigurgiti garantisti, che da quelle parti è vano cercare, quanto per ragioni di opportunità politica ( la navigazione del governo, bisognoso di questi tempi dell'apporto di TUTTI). 
Ciò posto, sempre su Il Garantista oggi c'è l'intervento di Pietro Ichino che spiega ad alta voce (il voto era segreto) il suo "contro" l'autorizzazione all'arresto. 
Spiegazione che farà piacere a Mauro, perché in linea con la sua richiesta di "legittimità". 
Ichino si dichiara "sconcertato da quella che mi è apparsa una vera e propria confessione esplicita, nell'impianto accusatorio, della pretesa di mettere sotto controllo l'attività parlamentare". 
Prosegue : " mi ha molto stupito che il Tribunale della Libertà abbia convalidato la richiesta del GIP, ricalcandone alla lettera i motivi (ma non è vietato ormai il "copia incolla" ?? NdC) , senza rilevare l'anomalia dii un capo d'accusa che ha per oggetto principale l'attività legislativa di un parlamentare e che indica come movente del preteso delitto il puro e semplice interesse politico-elettorale del parlamentare stesso. "
Cosa lamentano infatti i PM, e il GIP, solito sodale ? Che il senatore Azzolini avesse fatto della Congregazione un bacino di consenso politico personale. Hai capito sto zozzo ??? E quindi, in Senato, si sarebbe adoperato per agevolazioni fiscali di cui, insieme a TUTTI gli altri, avrebbe beneficiato anche la congregazione in questione...
Bè, caro Mauro, con quest'aria che tira da troppo tempo, il fumus persecutionis ormai è REGOLA, per il semplice fatto che i magistrati hanno completamente perso di vista il funzionamento della politica, la formazione del consenso, il fatto che deputati e senatori vengono eletti anche e soprattutto per portare in Parlamento gli interessi dei propri elettori, purché legittimi. Anche un bambino comprenderebbe la deriva intollerabile lasciando continuare i magistrati a fare questo tipo di pulci all'operato degli eletti.
Tutto questo, sempre a proposito di "persecuzione", che suona molto male, da questo punto di vista, l'assoluta insussistenza, contestata da Ichino come dalla Maiolo, degli elementi che giustifichino l'arresto richiesto. 
Mi pare che basti.

Il Garantista


Caso Azzolini: lo sapete che per il Codice le manette sono un’eccezione?

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Il senatore Antonio Azzollini non andrà agli arresti domiciliari, ma non tornerà neppure a sedersi sullo scranno di presidente della commissione Bilancio che aveva diretto con maestria per dodici anni. Così intanto un risultato politico è stato comunque raggiunto dal Gip e dal Pm che aveva proposto le manette. Anche se, con una decisione che interrompe la propria giurisprudenza degli ultimi mesi, il Senato ha respinto la richiesta della magistratura di mandare agli arresti domiciliari il senatore pugliese.
E ha sottolineato il gesto anche con una maggioranza significativa, 189 no contro 96 sì e 17 astensioni, che contraddice e ribalta in modo clamoroso la decisione della Giunta per le immunità, che solo tre settimane fa aveva dichiarato con entusiasmo il proprio via libera all’arresto.

Va anche detto che in quell’organismo (lo stesso che con gaudio ancora maggiore aveva deciso l’espulsione di Silvio Berlusconi dal Senato) ci sono personaggi come Felice Casson, che è così indisponente nella sua sete di manette da farti venir voglia di augurarli a lui, un po’ di arresti domiciliari, magari in un’abitazione senza aria condizionata, in questa simpatica torrida estate. Lui naturalmente ha ritenuto vergognoso e immorale (chissà mai che cosa c’entra la moralità) il voto dell’aula. La compagnia con cui si è ritrovato, un po’ se la merita, quella del solito Giarrusso del Movimento cinquestelle, e un po’ dovrebbe creare disagio, se a sinistra esistesse ancora un residuo barlume di quel garantismo che fu. Non è così, purtroppo.
A qualcuno fa ancora impressione sentire Nichi Vendola dire «che tristezza» perché un senatore non finisce in ceppi, o Loredana De Petris a nome di Sel affermare «spero solo che di fronte a questo vergognoso mercanteggiamento nessuno osi adoperare il garantismo come alibi»? Non una parola, da parte di questa sinistra, sulle garanzie e i diritti di ogni cittadino, Azzollini compreso, solo la necessità di compiacere il nuovo Sire, il Pubblico Ministero. Eppure, prima ancora di “leggere le carte” (ah, il solito alibi!), sarebbe bastato, soprattutto per persone una volta esperte nella “controinformazione”, quando gli imputati erano i “compagni che sbagliano”, fare quel lavoro che l’indagato Antonio Azzollini ha messo insieme, in solitudine. Si sarebbe scoperto che, per l’ennesima volta un Giudice per le indagini preliminari aveva svolto un lavoro di copia-e-incolla sulla richiesta del Pm, il quale a sua volta lo aveva fatto sulla relazione delle forze dell’ordine. Pigrizia pre-vacanziera o scarsa professionalità?

Sarebbe bastato poco (e non occorreva ricordarsi il lavoro compiuto sul processo “7 aprile” o sull’omicidio Calabresi) per stupirsi del fatto che il senatore Azzollini non è “inchiodato” da compromettenti intercettazioni o dal ritrovamento di mazzette sui suoi conti o nascoste nel materasso, ma da dichiarazioni di due persone che avrebbero origliato dietro una porta e sentito una voce di uomo che dava ordini e insultava in modo volgare (la frase la lasciamo riportare a quelli del “Fatto quotidiano”, più usi di noi a questo linguaggio) alcune suore della Casa di cura Divina Provvidenza, il cui crac ha determinato il processo. Se Azzollini comandava, dunque, era responsabile quanto meno di un’associazione per delinquere.
Chi aveva curiosità, poteva anche domandarsi come mai i signori Antonio e Nicolino Lo Gatto, padre e figlio, preziosi testimoni della Procura di Trani, fossero stati interrogati a dieci mesi di distanza l’uno dall’altro, il che è un po’ strano e molto sospetto. Argomenti che non paiono interessare un granché alla sinistra. Tanto che, fin dal primo momento, lo stesso presidente del Pd Matteo Orfini si era affrettato a dichiarare che sì, vabbé, c’era questa seccatura di dover leggere le carte, «…ma mi pare che sia inevitabile votare a favore dell’arresto», aveva concluso. Costretto poi, in una telefonata al presidente dell’Ncd Quagliariello, a scusarsi e garantire che sicuramente le carte sarebbero state lette.


Questa storia delle “carte” è sempre più un alibi. Quando infatti si deve decidere su un arresto, che questo riguardi un parlamentare o un qualsiasi cittadino, la prima cosa che deve preoccupare è verificare se esistono le condizioni previste dal codice per la privazione della libertà. Se un deputato o un senatore non sta scappando (cioè se non ha in tasca un biglietto aereo di sola andata), non sta inquinando le prove (bruciando carte in un pentolone come fece l’ex ministro De Lorenzo) o replicando il reato (per esempio insultando suore) e il magistrato lo vuole arrestare lo stesso, allora vuol dire che lo vuole perseguitare. Cioè che esiste il famoso “fumus persecutionis”. Pare così chiaro. E allora, che cosa è questa libidine da tricoteuses che ha preso ultimamente il Parlamento? La decisione di ieri del Senato è decisamente una boccata d’ossigeno. Ma perché il senatore Azzollini nel frattempo ha dovuto rinunciare alla presidenza della commissione Bilancio? Per lasciare il posto a chi?

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