giovedì 2 luglio 2015

SE VINCE IL SI, TSIPRAS CADE. SE VINCE IL NO...FORSE PURE



Pare che saranno in molti gli italici che domenica si trasferiranno ad Atene per sostenere moralmente Tsipras nella sua sfida all' arcigna Europa.  Grillo, Vendola, Fassina, D'Attorre...Il viaggio della speranza l'ha etichettato con sarcasmo qualcuno...
In effetti, il bluff giocato da Tsipras sembra prendere sempre di più i contorni del miracolo su cui confidano i pellegrini che si recano ai vari santuari (Lourdes, Campostela...), e non solo perché, a differenza di quanto pronosticato dal mio amico Mauro, i sondaggi vedono il SI sopravanzare l'OXI (no in greco) auspicato da Tsipras e Varoufakis (43 contro 37%) e a questo va aggiunto che la maggioranza dei greci che vuole rimanere nell'euro è decisamente più vasta : 65%.
Il popolo insomma teme l'azzardo, e questa settimana di difficoltà grandi nella vita ordinaria determinate dalla chiusura delle banche e dalla scarsità di liquidità, con i bancomat contingentati, è fin troppo lunga per i desiderata del governo, con la popolazione in grado di toccare con mano gli scenari prossimi venturi in caso di scollamento dall'Europa degli strozzini, i cui soldi però sono indispensabili.
E anche all'interno del palazzo governativo - e dintorni -  l'aria che tira è funerea, con diversi esponenti che sono assolutamente scontenti per la mossa giocata dal Premier con l'avallo ( spinta ?) del suo Ministro dell'Economia, famoso per la sua passione per la teoria die giochi. 
La conseguenza potrebbe essere che anche in caso di no ( se vincesse il sì non ci sarebbe alternativa) Tsipras potrebbe non essere in grado di proseguire nella sua leadership di fronte alla rigidità dell'Europa che continua a mantenere ferma la linea delle condizioni per la prosecuzione degli aiuti. 
Di questo, secondo i retroscena narrati da Fubini sul Corsera, si parlerebbe tra le mura di palazzo  Maximou.
C'è poi l'ultimo piano di Varoufakis, con la reintroduzione della dracma a particolari condizioni, cosa come visto non auspicata da circa due greci su tre.






Il piano segreto di Varoufakis:
una moneta parallela all’euro
di Federico Fubini
L’ipotesi di una conversione in dracme con un cambio uno a uno 
I pensionati senza bancomat possono ritirare 120 euro ogni 3 giorni 
 
 Nessuno sale più all’Acropoli. Da ieri ormai non ci salgono i turisti, i cui torpedoni sono scomparsi dai piedi della salita al tempio di Atena con l’approssimarsi dell’atto finale di questo dramma. Ma nel più puro senso ateniese del termine non ci sale più neanche Yannis Dragasakis, vicepresidente del governo di Alexis Tsipras: l’Acropoli era il luogo al quale nell’antichità ci si arrampicava per rendere omaggio alla dea con un sacrificio rituale. Ieri Dragasakis, 68 anni, leader nei negoziatori greci con i ministri delle Finanze europei, si è rifiutato di diventare l’oggetto del sacrificio da consumarsi in diretta con Bruxelles e non si è presentato al ministero delle Finanze per la teleconferenza dell’Eurogruppo.
È la prima volta, ed è un chiaro segno che in questi giorni le fedeltà intorno a Tsipras si stanno disintegrando insieme alla tenuta del governo. Il moderato Dragasakis, insieme all’ex governatore della Banca di Grecia George Provopoulos e (meno probabilmente) all’attuale governatore Yannis Stournaras, sono candidati di punta alla guida del prossimo governo che, con basi più ampie e moderate, dovrà portare la Grecia fuori dall’emergenza. Non c’è più tempo: i pagamenti nel Paese stanno collassando, i pensionati senza bancomat hanno diritto a ritirare non più di 120 euro ogni tre giorni e navi turistiche da 500 posti partono ormai dal Pireo per le Cicladi con 20 passeggeri a bordo. Tagliata fuori dai finanziamenti europei, in default e priva di piano di salvataggio, la Grecia si sta ripiegando come una mongolfiera senz’aria.
Del resto Tsipras ha ormai scelto lui stesso di andare al sacrificio, il proprio o dell’intera nazione. Un sintomo si è percepito ieri quando, di nuovo per la prima volta, la delegazione ellenica non ha montato teleconferenza con l’Eurogruppo al Maximou, il palazzo del primo ministro. La squadra greca si è raccolta negli uffici di Yanis Varoufakis, che fuori dalla finestra hanno il telo con lo slogan «No al ricatto dell’austerità» voluto dallo stesso ministro delle Finanze. Ma dentro, in videoconferenza con Bruxelles, gli uomini della delegazione erano diffidenti gli uni degli altri in un clima da bunker agli ultimi giorni di una resistenza disperata. Il più celebre di loro, Varoufakis, è del resto sempre più tentato dall’idea di trascinare il Paese verso una conversione monetaria in dracme «uno a uno con l’euro» se nel referendum di domenica prossima vincesse il «no».
«Non tutti erano preparati psicologicamente a questa situazione», osserva qualcuno che ha vissuto dall’interno questi cinque mesi nel governo. «Ma Tsipras ha capito che è alla fine, e vuole perdere sul campo da eroe: sconfitto semmai dalla volontà popolare dei greci ma non dalla Germania». Un sintomo che il premier pensa di avere davanti a sé pochi giorni al Maximou è nell’incoerenza di ciò che ieri ha detto ai greci: ha promesso un accordo con l’Europa in tempi brevi, dopo cinque mesi di negoziati a vuoto, a patto che i cittadini rifiutino nel referendum di domenica la sola proposta di compromesso esistente (ormai ritirata).
È stato il punto di arrivo di tensioni che covavano dentro il suo governo, e che fra lunedì e martedì sono esplose. Dragasakis ha contestato la scelta di Tsipras di andare al referendum senza un programma di assistenza, senza un accordo chiaro e con il Paese in default. Gli ha consigliato di cercare subito il compromesso con i Paesi creditori, nei termini che fino a quel momento aveva rifiutato, e di cancellare un referendum convocato senza valutarne le conseguenze. Attorno a Dragasakis si è compattato il gruppo di uomini di governo più consapevoli delle conseguenze alle quali la Grecia sta andando incontro se vincesse il «no»: il ministro dell’Economia George Stathakis, il braccio destro e vecchio amico di Tsipras Nikos Pappas, l’avvocato d’affari degli oligarchi greci Spiros Sagas. Sulla linea dell’intransigenza, a favore del referendum e per il «no» sono rimasti invece i falchi: Varoufakis stesso e Eukilidis Tsakalotos, lo studioso marxista-leninista che formalmente oggi sarebbe a capo dei negoziati con l’Europa.
Tsipras per qualche ora è rimasto nel mezzo, smarrito, poi martedì sera aveva iniziato a spostarsi verso il fronte che spingeva per cancellare il referendum e scendere a patti. È così che è partita la lettera a Bruxelles di accettazione di quasi tutte le condizioni, discussa con il commissario agli Affari economici Valdis Dombrovskis, ben oltre l’ultimo minuto. Ma non è servita, perché la reazione tedesca è stata gelida: la cancelliera Angela Merkel non intende stendere ancora la mano a un governo che non ritiene affidabile. Ha lasciato Tsipras fuori al freddo, incoraggiandolo a tenere il referendum e bere fino in fondo la sua cicuta. Ieri al premier non è rimasta altro che confermare la consultazione e raccomandare il «no».
Se domenica vincesse il «sì», come sembra possibile visto il panico nel Paese, Tsipras lascerebbe a un nuovo governo: o di unità nazionale, con l’ex governatore Provoupoulos, o (meno probabilmente) un esecutivo composto dai soli moderati di Syriza, dal Pasok e dai filo-europei di Potami, con Dragasakis come premier.
Se invece vince il «no», Varoufakis ha già parlato a Tsipras del suo progetto, in piena contraddizione con la promessa di entrambi che la Grecia resterà nell’euro. L’idea è quella di un nuovo «veicolo monetario» parallelo, solo in teoria convertibile alla pari con l’euro, ma necessario per ricapitalizzare le banche e permettergli di riaprire prima che ad Atene scoppi una rivolta. «Ucrainizzazione» è il modo in cui Varoufakis definisce quest’ultimo scenario, e per evitarlo si sta studiando come funziona il Bitcoin (la monete online).
In fondo ad Atene, anche nell’antichità, il culto dell’Acropoli si compiva sempre con un’ecatombe .

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