mercoledì 15 luglio 2015

STATALISMO ASFISSIANTE, TASSE SOPRA IL 50%, FLORILEGIO IMPAZZITO. EPPURE LA COLPA E' DEL "LIBERISMO SELVAGGIO"

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Scrive giustamente l'amico Roberto Natali, riportando il bell'articolo scritto da Carlo Lottieri sul giornale on line "L'Intraprendente" , che sarebbe bello se venisse presa una " iniziativa, da parte delle menti più acute che frequento sulle pagine, sui gruppi, sui giornali online da tempo, e Carlo Lottieri è una di queste, per cercare di costruire un movimento, un'aggregazione, chiamatela come vi pare, che esca dalle dotte disquisizioni intellettuali, dal purtroppo sterile "cazzeggio" (in senso buono, ovviamente!), per irrompere con forza nel panorama politico italiano?"
A mio avviso, FARE per fermare il declino aveva un po' questa Mission, ma sappiamo com'è andata a finire. Non ci fosse stato il casus Giannino, forse nel 2013, chissà, il movimento sarebbe anche riuscito ad entrare in Parlamento, ma con quanti eletti ? Sicuramente, le divisioni tra liberali sono - sorprendentemente - infinite, superando in tafazzismo la nota vocazione della sinistra. E  ancora bene scrive sempre Natali quando osserva : " bisognerebbe fare un sacrificio e rinunciare a qualche "certezza", meritatamente conquistata in anni di gratificanti carriere professionali, ma io ritenga che ne varrebbe la pena e sarebbe cosa giusta se non si vorrà essere ricordati per coloro che avevano individuato le soluzioni per sovvertire il degrado del proprio Paese - non s'intenda ciò come un afflato nazionalistico o statuale - e non hanno fatto nulla o quasi per cercare di attuarle."
Sono assolutamente d'accordo con lui, però ricordando che in Italia il liberalismo, ancorché negli ultimi anni non sia più una parolaccia e anzi, in alcuni periodi, tanti si sono iscritti - a parole - sotto la sua nobile bandiera, non appartiene al DNA del nostro paese. Ragioni storiche e sociali hanno portato ad una prevalente struttura paternalista e familista per cui gli italiani, più che sul merito, sulle proprie capacità,  puntano  sulle conoscenze e/o sulla protezione statale. 
Ieri era il 14 luglio, l'anniversario della RIVOLUZIONE per eccellenza. 
A parte che, a guardarla da vicino, quella rivoluzione fu scandita da tanti orrori e non piccole miserie umane, però ebbe il merito di portare in Europa - negli Stati Uniti ciò in parte era già avvenuto un paio di lustri prima - i principi di Libertà, Uguaglianza e Solidarietà (Fraternità).
Solo che intanto questi valori erano paritari, e quindi da conciliare tra loro (cosa non facilissima, si scoprirà), e poi il presupposto dovrebbe essere che i deboli, gli "ultimi", da soccorrere non dovrebbero diventare la maggioranza ! E qui invece questo è, che interi popoli ( prima a livello regionale, adesso addiritura statale !) si affidano (pretendono ?) alla solidarietà altrui. 
Per assurdo che possa sembrare, questo è, con gente che teorizza ormai apertamente che il debito sia uno strumento irrinunciabile per consentire benefit altrimenti non sostenibili. Il risultato, a lungo andare, è che il DEBITO sia diventato insostenibile.
Ma tutto questo lo sostiene e lo predica una minoranza. Folta magari, ma minoranza. DI questo, caro Roberto, dobbiamo essere consapevoli.
Dopodiché hai mille volte ragione nell'auspicare che almeno quei minoritari non si dividano e riescano a realizzare una casa comune. 
Buona Lettura 


L'intraprendente

Avercelo, il liberismo in Europa

Ora comunque vada sarà un disastro, specie per il popolo greco, prigioniero del mito che si possa vivere senza produrre. Ma per estremisti di destra e di sinistra è colpa delle politiche liberiste. Ci fossero, in un Continente in cui la pressione fiscale supera il 50%, e dove l'alternativa è tra dirigismo della Merkel e socialismo di Tsipras...
Europa 
Comunque andasse, sarebbe stato un disastro. E disastro sarà, specialmente per una popolazione (quella greca) prigioniera del mito che sia possibile vivere senza produrre, che l’erba-voglio esista nel giardino di ogni politico, che ogni disastro sociale sia imputabile a qualche cattivo assai lontano, invadente, irrispettoso. Fa comunque sorridere che da più parti s’intenda attribuire al liberismo – inesistente in Europa e certo ben poco presente anche al di fuori del Vecchio Continente – la responsabilità dei nostri drammi.
La realtà è diversa. E in questo senso mi sembra impossibile dare torto a chi, come Marco Bassani, sottolinea a più riprese che la Grecia è un immenso Mezzogiorno che ha sognato d’individuare nei tedeschi e nel resto d’Europa quello che il Meridione d’Italia, nel dopoguerra, ha trovato nel Nord produttivo: una vacca da spremere e sfruttare. Il guaio è che chi paga comanda e che quando sei pieno di debiti, ti può capitare che il conto corrente a te intestato sia sottratto alla tua disponibilità, così che ogni cifra depositata finisce per essere messa a disposizione dei creditori. Ha sicuramente sbagliato chi ha dato soldi (altrui) alla Grecia e ancor più i governi di Atene che quelle risorse hanno utilizzato per comprare consenso e corrompere un’intera società. Nello scontro tra Bruxelles e Atene, allora, non ci sono carnefici e vittime, buoni e cattivi, perché sono stati commessi errori a ogni latitudine. Ormai è del tutto evidente che la Grecia neppure doveva entrare nell’euro e – dato che oggi l’Europa non è un libero mercato, ma un apparato burocratico altamente redistributivo – neppure nell’Unione europea. Se fosse rimasta lontana da Bruxelles e fosse stata collegata ai mercati del continente da patti bilaterali che permettessero la massima circolazione di beni, persone e servizi, la Grecia avrebbe dovuto trovare in sé le risorse e le capacità necessarie e crescere. Così non è stato e ora ci si appresta ad assistere a una Grexit che farà precipitare la società ellenica in un girone infernale ben noto a chi conosce il mondo latino-americano.
L’estrema destra e l’estrema sinistra che mettono sotto processo l’Europa liberista oscillano tra ignoranza e malafede. Come si può parlare di liberismo per un’area del mondo in cui la pressione reale sulle famiglie e sulle imprese è ormai al di sopra del 50%? Come si può parlare di liberismo per un’Unione che eccelle solo in un’incessante produzione normativa e nella ricerca di sempre nuove forme di compressione delle libertà individuali? Come si può parlare di liberismo per questa Bce di Mario Draghi che è impegnata in un quantitative easing destinato, nel tempo, a dilatare come mai in passato la massa monetaria degli euro in circolazione? Se l’Europa fosse liberista, nessuno Stato si sarebbe indebitato per dare servizi oggi e scaricare sulle generazioni a venire l’onere di pesanti interessi da pagare. Se l’Europa fosse stata liberista, non avremmo avuto una moneta comune a corso legale e senza copertura, ma ci si troverebbe in un contesto di libertà valutaria e concorrenza, nel quale potremmo avere monete diverse (anche emesse da banche commerciali) e vi sarebbe quella “denazionalizzazione” della moneta di cui parlò Hayek in uno dei suoi ultimi scritti. Se l’Europa fosse liberista, le coperture previdenziali sarebbero private, liberamente scelte, a capitalizzazione: e non ci troveremmo costretti a finanziare ora – con il lavoro dei giovani – le pensioni di chi ha lavorato in passato. Questa Europa confusa e alla deriva, divisa tra il dirigismo tecnocratico della Merkel e il populismo dei troppi Syriza di ogni colore, è figlia del socialismo. È da università europee intrise di Rousseau, Hegel, Marx e Keynes che è uscita la classe dirigente: ad Atene come a Berlino. Gli statalisti si fronteggiano e fingono di litigare, ma certo non mettono in discussione l’essenziale e soprattutto non rigettano assolutamente la loro religione di Stato: la loro fede assoluta nel potere e nelle burocrazie.
L’Europa che declina non sa cosa sia il liberismo. Quando lo evoca è solo un fantoccio polemico, utile per fingere di essere ancora vivi e per cercare di trovare un capro espiatorio. È un film che abbiamo già visto, perché nella Germania degli anni Venti e Trenta con l’ebreo s’identificava un tratto etnico, ma anche sociale. Allora si parlava, appunto, di “demoplutogiudocrazie”. Ecco: siamo ancora lì, prigionieri di stupidaggini da cui non riusciamo a liberarci.

4 commenti:

  1. Gli italiani non sono liberali: vero. I liberali sono spaccati: vero anche questo. Io stessa sono stata a qualche riunione di FARE (dopo Giannino, quando Boldrin cercava di riunire la "galassia" liberale) e ho visto andare in onda più che la divisione dell'atomo la polverizzazione del neutrino, addirittura. Secondo me ciò che serve è un po' di sano realismo e salutare pragmatismo, l'Italia e l'Europa non sono gli USA ed è meglio digerire questa realtà. Però tu Stefano hai da poco postato un bellissimo articolo sulla "terza via" svedese, si potrebbe incominciare da qua. Inoltre, Corrado Passera, con la sua Italia Unica, si presenta a sindaco di Milano: è un'occasione. Conosco già le obiezioni: non ha appeal, è un "bankiere", è compromesso con l'ex governo Monti ecc, tutto vero, ma da qualche parte bisognerà pur cominciare.Una volta creato un possibile polo d'aggregazione e d'attrazione, emergeranno nuove personalità, nuovi leaders, nuove idee...succede sempre, guardate i 5Stelle o la lega! D'altra parte sappiamo già quali sono le possibili alternative per noi liberali se rinunciamo in partenza: l'astensione, o (lo dico per esperienza) finire col votare il male minore, cioè Renzi, per contrastare Grillo e co

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  2. Cara Caterina,
    intanto, plaudo alla scelta di commentare direttamente sul blog, anziché su FB come più spesso fanno i miei amici lettori.
    Nel merito, sulla terza via svedese, dovrei approfondire la questione. Il fatto che siano sostanzialmente "pochi" , circa 10 milioni, su una superficie più grande della nostra, credo aiuti. Poi c'è una cultura nordica, con ricaschi sull'educazione civica e sulla laboriosità, che noi purtroppo... Però potrebbe essere un modello, da provare ad imitare sapendo che la strada è lunga e impervia. Sulla polverizzazione del neutrino che dire ? Purtroppo hai assolutamente ragione

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  3. A proposito di liberismo, vorrei segnalare un sito che parla della Scuola Austriaca di Economia: www.vonmises.it. La Scuola Austriaca è una corrente di pensiero di tipo liberale, rappresentata principalmente da Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek e da Murray Rothbard. Questa scuola ha elaborato teorie decisamente originali sul Mercato e sullo Stato, dimostrando, già negli anni 20 e 30, l'impossibilità del calcolo economico nei sistemi socialisti. Un'altra teoria austriaca é quella del ciclo economico, secondo la quale le banche centrali perturbano il mercato monetario, causando cicli di espansione e recessione.

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    1. Grazie al gentile lettore - magari la prossima volta aggiunge Carinamente il suo nome - per la pertinente e preziosa segnalazione .

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