Sono veramente rare le volte in cui leggo il prof. Panebianco e non mi ritrovo nel suo pensiero ( di più, ad esempio mi accade con l'altro guru del Corsera, Ernesto Galli della Loggia, pur apprezzatissimo, oppure Ostellino od Orsina).
Quando poi parla di ONU, l'adesione è totale.
La disaffezione per questo istituzione è assoluta, ancorché da lui espressa sempre con un certo garbo, che del resto è la cifra del personaggio.
Ma le denunce di retorica, irrealismo e anche ipocrisia sono comunque chiare, con una visione del mondo scioccamente ottimistica e fuorviante.
Come se l'umanità potesse essere governata grazie alla sola "buona volontà" (merce peraltro non diffusa), in una idea di redistribuzione di risorse avvertite come infinite e solo malamente diffuse.
Ero ragazzo quando un bravo biologo ( o chimico, o tutte e due, non ricordo) spiegava con tono paziente e pacato al futuro suocero (mio zio, da parte materna, affetto da retorica e scarso senso della realtà, evidentemente iscritto nel DNA di quel ramo familiare) che la Terra, intesa come pianeta, non ha risorse infinite, e solo l'ingegno dell'uomo può trovare, chissà se per sempre (speriamolo), le risposte alle crescenti esigenze derivanti da un dissennato aumento della popolazione mondiale (dovuta anche alla diminuzione della mortalità per povertà e malattie), con strumenti come i pur contestati OGM, la desalinizzazione delle acque di mari ed oceani e via discorrendo.
Sicuramente, la torta è limitata, e demagogia e populismo proprie di una certe ideologia cattocomunista non la ingrandisce.
Sarà un caso se la critica al Palazzo di Vetro viene, con tatto, estesa all'attuale pontefice ?
Buona Lettura
Il tocco magico che l’ONU non può avere
di Angelo Panebianco
La settantesima sessione plenaria dell’Assemblea generale
dell’Onu si è aperta in una fase delicata della vita del pianeta. Si spara in
molti luoghi e, in altri, rumori minacciosi preannunciano tempeste. Nel Mar
della Cina la volontà egemonica dell’Impero celeste mette a rischio la pace
mondiale entrando in collisione con gli interessi vitali di tanti Paesi, ivi
compresi alcuni alleati degli Stati Uniti come Giappone o Filippine. In Europa
la guerra, ancorché di bassa intensità, è tornata nelle regioni orientali
dell’Ucraina e la Russia non chiede ma pretende che ci si dimentichi
dell’annessione della Crimea rivendicando il suo ruolo nella lotta allo Stato
Islamico in Medio Oriente. L’abulia strategica degli occidentali (degli
americani in primo luogo ma anche degli europei alle prese con la difficoltà di
governare gli ingenti flussi migratori) lascia vuoti che altri, dai russi agli
iraniani ai turchi — con i loro interessi non coincidenti con quelli
occidentali — vanno riempiendo a modo loro. L’incontro che si è svolto ieri tra
Obama e Putin forse porterà a una svolta (e forse no), innescherà, nelle
prossime settimane, il salto di qualità che tutti attendono all’azione di
contrasto allo Stato islamico (condizione indispensabile perché si possa un giorno costruire un ordine accettabile in
Siria). Ma è un fatto che è Putin a guidare il gioco e i suoi interessi non
sono necessariamente coincidenti con quegli degli Stati Uniti o con quelli
dell’Europa.
Mentre i rumori di guerra si diffondono e a New York si
danno convegno potenze coinvolte in giochi «misti» (parziale coincidenza di
interessi su alcuni temi unita a una dura competizione su molti altri), l’Onu
non rinuncia all’ideologia onusiana e, in suo omaggio, si impegnerà anche in
questa occasione a votare a favore della distribuzione a tutti dell’elisir della
felicità. Tra gli impegni che verranno solennemente presi ci saranno cose come
bloccare i cambiamenti climatici in atto, assicurare a tutti la sicurezza
alimentare, il disarmo, eccetera. Chi non è d’accordo?
Non si tratta solo di ipocrisia. È anche un omaggio al mito
fondante dell’Onu. L’Onu fu voluta da Franklin Delano Roosevelt per rilanciare
l’utopia che durante la Prima guerra mondiale aveva spinto il presidente
Woodrow Wilson a concepire la Società delle Nazioni.
Quell’utopia era uno dei lasciti del pensiero liberale del
secolo diciannovesimo: l’idea era che imbrigliandoli entro organizzazioni
guidate da un nuovo diritto internazionale, gli Stati avrebbero cessato di
farsi la guerra, direttamente o per procura, come avevano fatto per secoli. Si
sarebbero assoggettati al diritto dirimendo le loro controversie pacificamente,
allo stesso modo in cui i cittadini degli Stati liberali dirimono le loro. La
conquistata armonia degli interessi avrebbe consentito agli Stati di cooperare
lealmente per risolvere i problemi del mondo.
Non è andata così.
Il compito ambizioso che era stato
attribuito all’Onu si rivelò irrealizzabile non appena esplose la competizione
fra Usa e Urss. Dopo la Guerra fredda, molte illusioni sul ruolo dell’Onu
rinacquero ma si scontrarono quasi subito, e di nuovo, con l’impossibilità di
sostituire la «armonia» alla competizione e al conflitto fra gli Stati. Così
come si era dovuta adattare alla distribuzione bipolare del potere durante la
Guerra fredda, l’Onu si è poi piegata (anche se con molte tensioni)
all’unipolarismo americano successivo. Allo stesso modo, oggi va adattandosi al
multipolarismo emergente.
Ciò non rende inutile l’Onu, essa continua a servire come
vetrina e tribuna, un consesso in cui ciò che accade racconta a tutti noi quali
siano il clima imperante e lo stato dei contenziosi in atto. Non si tratta di
pretendere che l’Onu rinunci ai suoi miti fondanti, alla sua ideologia
ufficiale e a quel tanto di ipocrisia che vi è inevitabilmente appiccicato. Si
tratta solo, per chi ne ha voglia, di guardare alle cose con realismo. Non è
vero che i problemi mondiali si risolverebbero tutti facilmente se solo ci
fosse la «buona volontà». Chi ragiona così non vede che in un mondo di scarsità
non c’è verso di sfuggire alla competizione.
Ed è proprio l’idea di scarsità, e delle conseguenze della
scarsità, che manca, e non solo nell’ideologia ufficiale dell’Onu. Si pensi
alla lodevole richiesta di papa Francesco di dare terra, casa, lavoro a tutti
gli uomini. Anche nel suo caso c’è la sottovalutazione del vincolo della
scarsità. Come nel proposito onusiano di assicurare a tutti la sicurezza
alimentare, c’è in Francesco l’idea che le risorse siano tutte a disposizione e
che la scarsità, anziché un vincolo obiettivo, sia piuttosto l’effetto di una
congiura delle classi dominanti ai danni dei poveri del pianeta. Tanto in
Francesco quanto nella visione ufficiale onusiana si sentono echi
dell’ideologia ottocentesca del progresso (sia in variante liberale che
socialista), l’idea secondo cui l’umanità sarebbe ormai entrata nell’era
dell’abbondanza illimitata. Non è così. Non ci sono risorse illimitate che
possano cadere dal cielo rinnovando il miracolo della manna. La scarsità non è
venuta meno.
La povertà, ad esempio, non può essere eliminata con la bacchetta
magica. Gli unici strumenti che l’hanno ridotta e che promettono di ridurla
ulteriormente in futuro, sfortunatamente, sono proprio quelli che al Papa non
piacciono e che, per giunta, non possono essere evocati esplicitamente in sede
Onu, data la diversa costituzione economico-sociale di numerosi membri
dell’Assemblea: il mercato e il capitalismo di mercato.
In un mondo di scarsità ove, per giunta, non sono affatto
superate le sovranità territoriali, la competizione fra gli Stati, in barba
alla mission dell’Onu, resta endemica e ineliminabile. Si possono anche mandare
soldati per infoltire i caschi blu come ha fatto Renzi in omaggio a
quell’ideologia onusiana che qui in Italia conta tanti adepti. A patto però di
non dimenticare che esistono poi interessi (nostri e dell’Europa), in
competizione con gli interessi di altri, e che l’Onu, di sicuro, non può
tutelare.
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