martedì 29 settembre 2015

IL MONDO IRREALE SOGNATO DALL'ONU (E DAL PAPA), DOVE LE RISORSE SONO INFINITE

 
Sono veramente rare le volte in cui leggo il prof. Panebianco e non mi ritrovo nel suo pensiero  ( di più, ad esempio mi accade con l'altro guru del Corsera, Ernesto Galli della Loggia, pur apprezzatissimo, oppure Ostellino od Orsina).
Quando poi parla di ONU, l'adesione è totale.
La disaffezione per questo istituzione è assoluta, ancorché da lui espressa sempre con un certo garbo, che del resto è la cifra del personaggio.
Ma le denunce di retorica, irrealismo e anche ipocrisia sono comunque chiare, con una visione del mondo scioccamente ottimistica e fuorviante.
Come se l'umanità potesse essere governata grazie alla sola "buona volontà" (merce peraltro non diffusa), in una idea di redistribuzione di risorse avvertite come infinite e solo malamente diffuse.
Ero ragazzo quando un bravo biologo ( o chimico, o tutte e due, non ricordo) spiegava con tono paziente e pacato al futuro suocero (mio zio, da parte materna, affetto da retorica e scarso senso della realtà, evidentemente iscritto nel DNA di quel ramo familiare) che la Terra, intesa come pianeta, non ha risorse infinite, e solo l'ingegno dell'uomo può trovare, chissà se per sempre (speriamolo), le risposte alle crescenti esigenze derivanti da un dissennato aumento della popolazione mondiale (dovuta anche alla diminuzione della mortalità per povertà e malattie), con strumenti come i pur contestati OGM, la desalinizzazione delle acque di mari ed oceani e via discorrendo.
Sicuramente, la torta è limitata, e demagogia e populismo proprie di una certe ideologia cattocomunista non la ingrandisce.
Sarà un caso se la critica al Palazzo di Vetro viene, con tatto, estesa all'attuale pontefice ?
Buona Lettura






Il tocco magico che l’ONU non può avere
di Angelo Panebianco

 Risultati immagini per torta limitata

La settantesima sessione plenaria dell’Assemblea generale dell’Onu si è aperta in una fase delicata della vita del pianeta. Si spara in molti luoghi e, in altri, rumori minacciosi preannunciano tempeste. Nel Mar della Cina la volontà egemonica dell’Impero celeste mette a rischio la pace mondiale entrando in collisione con gli interessi vitali di tanti Paesi, ivi compresi alcuni alleati degli Stati Uniti come Giappone o Filippine. In Europa la guerra, ancorché di bassa intensità, è tornata nelle regioni orientali dell’Ucraina e la Russia non chiede ma pretende che ci si dimentichi dell’annessione della Crimea rivendicando il suo ruolo nella lotta allo Stato Islamico in Medio Oriente. L’abulia strategica degli occidentali (degli americani in primo luogo ma anche degli europei alle prese con la difficoltà di governare gli ingenti flussi migratori) lascia vuoti che altri, dai russi agli iraniani ai turchi — con i loro interessi non coincidenti con quelli occidentali — vanno riempiendo a modo loro. L’incontro che si è svolto ieri tra Obama e Putin forse porterà a una svolta (e forse no), innescherà, nelle prossime settimane, il salto di qualità che tutti attendono all’azione di contrasto allo Stato islamico (condizione indispensabile perché si possa un giorno costruire un ordine accettabile in Siria). Ma è un fatto che è Putin a guidare il gioco e i suoi interessi non sono necessariamente coincidenti con quegli degli Stati Uniti o con quelli dell’Europa.


Mentre i rumori di guerra si diffondono e a New York si danno convegno potenze coinvolte in giochi «misti» (parziale coincidenza di interessi su alcuni temi unita a una dura competizione su molti altri), l’Onu non rinuncia all’ideologia onusiana e, in suo omaggio, si impegnerà anche in questa occasione a votare a favore della distribuzione a tutti dell’elisir della felicità. Tra gli impegni che verranno solennemente presi ci saranno cose come bloccare i cambiamenti climatici in atto, assicurare a tutti la sicurezza alimentare, il disarmo, eccetera. Chi non è d’accordo?
Non si tratta solo di ipocrisia. È anche un omaggio al mito fondante dell’Onu. L’Onu fu voluta da Franklin Delano Roosevelt per rilanciare l’utopia che durante la Prima guerra mondiale aveva spinto il presidente Woodrow Wilson a concepire la Società delle Nazioni.
Quell’utopia era uno dei lasciti del pensiero liberale del secolo diciannovesimo: l’idea era che imbrigliandoli entro organizzazioni guidate da un nuovo diritto internazionale, gli Stati avrebbero cessato di farsi la guerra, direttamente o per procura, come avevano fatto per secoli. Si sarebbero assoggettati al diritto dirimendo le loro controversie pacificamente, allo stesso modo in cui i cittadini degli Stati liberali dirimono le loro. La conquistata armonia degli interessi avrebbe consentito agli Stati di cooperare lealmente per risolvere i problemi del mondo.
Non è andata così. 
Il compito ambizioso che era stato attribuito all’Onu si rivelò irrealizzabile non appena esplose la competizione fra Usa e Urss. Dopo la Guerra fredda, molte illusioni sul ruolo dell’Onu rinacquero ma si scontrarono quasi subito, e di nuovo, con l’impossibilità di sostituire la «armonia» alla competizione e al conflitto fra gli Stati. Così come si era dovuta adattare alla distribuzione bipolare del potere durante la Guerra fredda, l’Onu si è poi piegata (anche se con molte tensioni) all’unipolarismo americano successivo. Allo stesso modo, oggi va adattandosi al multipolarismo emergente.
Ciò non rende inutile l’Onu, essa continua a servire come vetrina e tribuna, un consesso in cui ciò che accade racconta a tutti noi quali siano il clima imperante e lo stato dei contenziosi in atto. Non si tratta di pretendere che l’Onu rinunci ai suoi miti fondanti, alla sua ideologia ufficiale e a quel tanto di ipocrisia che vi è inevitabilmente appiccicato. Si tratta solo, per chi ne ha voglia, di guardare alle cose con realismo. Non è vero che i problemi mondiali si risolverebbero tutti facilmente se solo ci fosse la «buona volontà». Chi ragiona così non vede che in un mondo di scarsità non c’è verso di sfuggire alla competizione.
Ed è proprio l’idea di scarsità, e delle conseguenze della scarsità, che manca, e non solo nell’ideologia ufficiale dell’Onu. Si pensi alla lodevole richiesta di papa Francesco di dare terra, casa, lavoro a tutti gli uomini. Anche nel suo caso c’è la sottovalutazione del vincolo della scarsità. Come nel proposito onusiano di assicurare a tutti la sicurezza alimentare, c’è in Francesco l’idea che le risorse siano tutte a disposizione e che la scarsità, anziché un vincolo obiettivo, sia piuttosto l’effetto di una congiura delle classi dominanti ai danni dei poveri del pianeta. Tanto in Francesco quanto nella visione ufficiale onusiana si sentono echi dell’ideologia ottocentesca del progresso (sia in variante liberale che socialista), l’idea secondo cui l’umanità sarebbe ormai entrata nell’era dell’abbondanza illimitata. Non è così. Non ci sono risorse illimitate che possano cadere dal cielo rinnovando il miracolo della manna. La scarsità non è venuta meno.
La povertà, ad esempio, non può essere eliminata con la bacchetta magica. Gli unici strumenti che l’hanno ridotta e che promettono di ridurla ulteriormente in futuro, sfortunatamente, sono proprio quelli che al Papa non piacciono e che, per giunta, non possono essere evocati esplicitamente in sede Onu, data la diversa costituzione economico-sociale di numerosi membri dell’Assemblea: il mercato e il capitalismo di mercato.
In un mondo di scarsità ove, per giunta, non sono affatto superate le sovranità territoriali, la competizione fra gli Stati, in barba alla mission dell’Onu, resta endemica e ineliminabile. Si possono anche mandare soldati per infoltire i caschi blu come ha fatto Renzi in omaggio a quell’ideologia onusiana che qui in Italia conta tanti adepti. A patto però di non dimenticare che esistono poi interessi (nostri e dell’Europa), in competizione con gli interessi di altri, e che l’Onu, di sicuro, non può tutelare.

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