martedì 27 ottobre 2015

IL MANZO CRIMINALE. IL TERRORISMO MEDIATICO DELL'AGENZIA ONU

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Qui tocca che si mettono d'accordo. La dieta mediterranea, dove pasta e pane sono ben presenti, è nemica della bilancia e non si tratta di conseguenze solo estetiche - il non essere magri, secondo il MUST sociale - ma anche sulla salute, ben sapendo tutti come l'obesità sia fonte di importanti patologie, specie cardiache.
Ma le diete fondate sulle proteine, praticamente TUTTE quelle imposte da dietologi e nutrizionisti cui ci rivolgiamo per dimagrire, hanno altre serie controindicazioni.
Della carne rossa si diceva ormai da tempo dei rischi cancerogeni, ma adesso l'allarme viene dato con più enfasi, anche per la presunta autorevolezza dell'organo divulgatore : l'Agenzia internazionale della ricerca sul cancro (IARC) con egida Oms.
Quindi l'allarme si è subito diffuso. Se sulla carne rossa la luce di allerta potremmo definirla arancione, per insaccati di vario tipo, e tra questi gli amati wurstel, specie dai più piccoli (ma non solo), e proprio allarme rosso !
Allora ripiegare sulle carni bianche ? Sì, ma il pollo pure non va bene perché troppo spesso quegli animali sono rimpinzati di ormoni per favorirne la crescita ( e infatti la mia nutrizionista sul pollo ha posto il suo NIET ). Il pesce ? Quello sì, però su questo lato abbiamo un problema ambientale : il mondo ne sta mangiando TROPPO e la fauna marina ne sta risentendo in modo preoccupante. Se non diminuiamo i consumi, siamo a rischio impoverimento irrecuperabile.
Francamente mi sembra che abbia ragione Facci nello sfoderare il suo solito sarcasmo nel commentare la notizia sul manzo criminale.
Il terrorismo mediatico iniziò negli anni sessanta, quando l'antenato dell'agenzia attuale annunciò al mondo che il 40% dei tumori poteva essere evitato cambiando dieta.
Da quel momento abbiamo scoperto che TUTTO fa male : zucchero, sale, carboidrati, carne, non parliamo dei formaggi, il burro, la margarina, il cioccolato, il caffè, il latte,  ovviamente il vino, i cibi conservati, anche certa frutta e verdura a voler essere rigorosi...
Ma l'elenco è infinito e si estende ai materiali di cucina, e quindi le padelle, il forno a microonde, la plastica.
Va detto che questi studi non arrivano ad esplicitare l'eliminazione tout court dei vari alimenti, e questo quindi non abroga la carne rossa. Ribadisce, con toni più allarmisti, che non si deve esagerare, e quindi la carne non dovrebbe essere mangiata più di un paio di volte a settimana, oppure 300 grammi...
Mah...saranno contenti i vegani.
L'incipit di Facci lo uso come chiosa : la prima causa di morte al mondo è, notoriamente, la vita.

 Di seguito, l'articolo del Corriere della Sera che riporta i pareri dei vari oncologi interpellati



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L’allarme sulla carne che divide gli oncologi

di Luigi Ripamonti
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L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) ha inserito alcuni tipi di carne fra le sostanze che possono contribuire a provocare il cancro. Quelle «lavorate» sono nel Gruppo I (sostanze sicuramente cancerogene) per i tumori di colon e stomaco, mentre la carne rossa è nel Gruppo II (sostanze probabilmente cancerogene) per i tumori di colon, pancreas e prostata. Le carni lavorate sono quelle salate, essiccate, fermentate, affumicate, trattate con conservanti. Quelle rosse sono manzo, maiale, vitello, agnello, montone, cavallo, capra. La decisione dopo l’analisi di 800 studi epidemiologici. Gli oncologi: niente allarmismi.
L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) di Lione ha inserito ufficialmente alcuni tipi di carne fra le sostanze che possono contribuire a provocare il cancro.
Quelle «lavorate» sono state collocate nel Gruppo I (sostanze sicuramente cancerogene) per i tumori di colon e stomaco, mentre quella rossa è stata messa nel Gruppo II (sostanze probabilmente cancerogene) per i tumori di colon, pancreas e prostata.
Per carni lavorate si intendono, sostanzialmente, quelle salate, essiccate, fermentate, affumicate, trattate con conservanti per migliorarne il sapore o la conservazione.
Per carni rosse si intendono, invece, per esempio, manzo, maiale, vitello, agnello, montone, cavallo o capra.
La decisione è stata presa al termine dei lavori di una commissione composta da 22 esperti provenienti da 10 Paesi, che hanno analizzato 800 studi epidemiologici. I risultati del loro lavoro sono stati pubblicati in forma sintetica sulla rivista The Lancet Oncology.
Entrando nel dettaglio: il consumo di 50 grammi di carne lavorata ogni giorno incrementerebbe il rischio di cancro al colon del 18 per cento (e il tasso sale all’aumentare della quantità).
Invece, per il medesimo tumore, 100 grammi al giorno di carne rossa innalzano il rischio del 17 per cento.
Ma se gli 800 studi erano già stati pubblicati dove sta la novità dal punto di vista scientifico?
«Nel fatto che questa enorme analisi ci fornisce una significatività statistica molto solida» spiega il professor Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia. «Fino ad ora potevamo arrivare alle stesse conclusioni solo sulla base di osservazioni più limitate, per quanto importanti, mentre ora questo corpus di dati ci offre fondamenta scientificamente molto robuste a sostegno di questa tesi».
«In termini tecnici» spiega l’oncologo, «la significatività statistica di questa analisi ci permette di dire che l’affermazione “la carne lavorata può provocare tumori al colon” ha una probabilità del 95 per cento di essere vera».
«Per una persona il rischio di sviluppare il cancro del colon-retto a causa del consumo di carne rimane basso, ma aumenta se si esagera con le quantità» ha detto Kurt Straif, capo dell’Iarc Monographs Programme. «In considerazione però del gran numero di persone che nel mondo mangiano ogni giorno questo alimento, l’impatto globale sull’incidenza dei tumori è importante».
«Si tratta di una precisazione importante» riprende Veronesi «perché è vero che il fumo rimane estremamente più pericoloso della carne, ma mentre il fumo, almeno in Occidente, è in calo, per il consumo di carne il trend è opposto».
«I risultati del gruppo di lavoro — sottolinea Christopher Wild, direttore dell’Iarc — devono far riflettere sulla possibilità di rivedere le attuali raccomandazioni sui limiti all’assunzione di carne. Allo stesso tempo però questo alimento ha un alto valore nutrizionale. Quindi è essenziale che i governi e le agenzie regolatorie internazionali intervengano per bilanciare i rischi e i benefici del consumo di carne rossa e lavorata e forniscano le migliori raccomandazioni dietetiche alla popolazione».
Si allinea Federico Infascelli, professore di nutrizione e alimentazione animale all’università Federico II di Napoli: «Rimane fondamentale una dieta bilanciata e variata, perché noi siamo onnivori. Anche chi mangia soia tutti i giorni va incontro a problemi di salute. E poi per quanto riguarda il rischio-carne conta molto anche la sua provenienza. Certamente si corrono più rischi se la carne arriva da un allevamento intensivo in cui si usano sostanze magari di natura ormonale per incrementare o accelerare la crescita del bestiame».
«Una riduzione del rischio si può ottenere anche preferendo prodotti che siano relativamente poco ricchi di conservanti» aggiunge Ermanno Leo, direttore del reparto di chirurgia del colon dell’Istituto dei Tumori di Milano. «Scegliendo, per esempio, prodotti non destinati a una eccessiva durata». «È importantissimo che l’Organizzazione mondiale della Sanità (cui afferisce lo Iarc ndr ) abbia dato veste ufficiale a conoscenze da tempo in possesso della scienza medica. Ora tocca alle pubbliche autorità, trarre le conseguenze della classificazione assegnata alla carne lavorata, e alla carne rossa fresca, giudicata “probabilmente” cancerogena» ha affermato Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega Italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente. «Il ministero della Salute — ha proseguito — promuova senza esitazioni regimi alimentari alternativi a quelli fondati sul forte consumo di carne. Non si tratta solo di salute, ma anche di compiere una scelta etica, per rispettare la vita degli animali. Io ho già presentato due proposte di legge: una sulle mense e i luoghi di ristoro pubblici e privati, l’altra per attivare nelle scuole iniziative finalizzate alla promozione dell’educazione alimentare».

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