lunedì 9 novembre 2015

DELITTO DI ANCONA. HA UCCISO MAMMA? VOGLIO STARE CON LUI.

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Torme di giudici, psicologi, assistenti sociali sono lì schierati per capirli, sempre, e difenderli, sempre.
Parliamo dei minorenni, perenni vittime dei genitori, della società, da proteggere fino a quando poi, meschinelli, non raggiungono il tragico traguardo dei 18 anni, la maggiore età.
Da quel momento la pacchia è finita. Improvvisamente, come per magia, gli innocenti per eccellenza, quelli da non toccare nemmeno con un dito, se no c'è pure la prigione (in Scandinavia succede, ancorché non ho capito come si mettano con le decine di migliaia di immigrati islamici che non hanno esattamente le stesse idee in materia di educazione) , o comunque le condanne in Tribunale, poi sottoposte a sospensione condizionale, diventano come tutti gli altri. Dice "è la Legge", e mi sembra una risposta demenziale, tenuto conto che questa bella gioventù arriva emotivamente  al traguardo della responsabilità giudiziaria,  e sociale,  assolutamente inadeguata.
Sono i pensieri, misti ad un pizzico di rabbia - propria di chi nelle aule giudiziarie assiste a questa tragico obnubilamento delle menti, che certo finirà, ma che intanto produce danni e rovina vite - che mi si affollano leggendo la cronaca dell'omicidio di Ancona, dove un balordo di 18 anni, senza arte ne parte, ha ucciso la madre e ridotto in fin di vita il padre della sua "fidanzata" di 16 anni.
L'avvocato di lui, in tv, dice che era andato per chiarirsi coi genitori di lei, contrarissimi al loro amore...
Devo dire, a favore del collega, che queste cazzate le dice con un evidente imbarazzo. Ad un colloquio non ci si va con una pistola, con la matrice abrasa, proprio come quelle dei criminali incalliti, carica e con altri due caricatori pronti...
Dopodiché tocca leggere di questa ragazza che sa della madre morta, del padre moribondo, ma che chiede del suo amato bene, di quando potrà rivederlo...
Certo, una mente poco a posto, e su questo disordine avranno avuto delle responsabilità anche i genitori.
Mi pare che l'abbiano pagata troppo cara...
E mi torna in mente Susanna Cassini, la madre di Erika, anch'essa uccisa dalla figlia sedicenne e dal "fidanzatino" Omar.
Sicuramente anche quella madre avrà avuto delle responsabilità per la squilibratezza della figlia, ma per Omar ?
E che colpe aveva invece Gianluca de Nardis, il fratello 11enne, pure lui massacrato dalla coppietta che non voleva ostacoli ?
Sforzarsi ogni volta di comprendere ci sta, anzi è giusto. Ma il giustificazionismo preconcetto, il non vedere come questa follia del culto del "Dio Minore" contribuisca ad una situazione diffusa di adolescenti, e pre, difficili e fuori controllo, sono più che sbagliati.
Sono colpevoli.






 Il Corriere della Sera - Digital Edition

 

"Ha ucciso mamma? Voglio stare con lui"

La figlia 16enne accusata con il fidanzato dell’omicidio di Ancona. Storia di un’ossessione



  
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DAL NOSTRO INVIATO
ANCONA «Io non sto bene, lo sa giudice?, ultimamente sono ingrassata, mangio tanto, ho preso almeno quindici chili...». Lei ora è seduta davanti al magistrato della Procura per i minori Anna Weger e dice frasi così, con gli occhi persi nel vuoto e una grande confusione nella testa. Sua madre è morta da poche ore e suo padre è in fin di vita all’ospedale delle Torrette, eppure non fa che chiedere di Antonio, l’ossessione che l’ha portata alla rovina, il suo fidanzato da quattro mesi, il diciottenne con la pistola che con lei, per lei, in via Crivelli ha fatto una mattanza. Le hanno anche detto che lui ha appena confessato, sì ho sparato, ma lei niente, china la testa, si soffia il naso e chiede: «Dov’è Antonio? Quando esco di qui potrò vederlo?», domanda con il volto solcato dalla lacrime la ragazza. L’avvocato Paolo Sfrappini, che è padre di un bambino di 8 anni, confessa il disagio profondo provato accanto a questa sedicenne che ha perso tutto e trema dai nervi sulla sedia della caserma. «Con mio padre non ci parlavo proprio, non c’era dialogo, con mia madre invece sì, con mia madre mi confidavo. Ma dov’è adesso mamma?», continua lei il suo racconto, in bilico estremo tra tormento e follia.
Tua madre Roberta è morta, le dicono bruscamente gli inquirenti, che vorrebbero aprisse gli occhi davanti alla realtà. Anche con Roberta, in verità, impiegata all’Agenzia delle Entrate, i rapporti ormai si erano fatti precari per via di Antonio. Discussioni in strada e liti dentro casa per quel fidanzato che i suoi non volevano proprio, parole grosse ascoltate dai condomini. «Mannaggia a me e a quando ti ho messo al mondo», sospirò la madre un giorno esasperata davanti ai pianti e alle crisi isteriche della figlia, alle sue troppe assenze da scuola e ai concreti progetti di fuga con lui.
«Hanno già deciso che si sposano l’anno prossimo e lei da Antonio vuole un bambino», aveva rivelato giusto domenica scorsa a una catechista della Chiesa del Sacro Cuore il fratellino minore di lui. Si erano conosciuti quattro mesi fa, facendo lo struscio nel centro di Ancona, da piazza Cavour al Monumento ai Caduti, avanti e indietro, tra una pizza e un gelato, come tutti i ragazzi della loro età. Simpatia immediata, attrazione reciproca e baci roventi postati su Facebook.
Poi un mese e mezzo fa lei era scappata di casa, era andata a vivere con lui dai genitori di Antonio, in corso Amendola, dopo venti giorni però era tornata, l’allarme sembrava rientrato ma tra un litigio e l’altro con il padre maresciallo dell’Aeronautica si era fatta venire un’altra crisi di nervi e ben due ambulanze chiamate dai vicini erano accorse in via Crivelli per calmarla.
«Tu adesso hai 16 anni, sei minorenne perciò te ne stai in questa casa, quando ne avrai 18 e sarai maggiorenne allora se vuoi seguire davvero quel ragazzo lo farai, ma sta attenta perché è pericoloso...», le aveva detto una delle ultime volte Fabio, suo padre, sottufficiale con un passato di missioni in Iraq; la voleva mettere in guardia da quel bulletto che non lavorava e non studiava. Lei voleva evadere a tutti i costi dalla vita familiare e la prima forma di disubbidienza era stata, forse, quella di cambiarsi continuamente il colore dei capelli, se li tingeva di verde, di rosso, di rosa — raccontano le amiche di scuola — e poi la sera andava con Antonio a ballare al «Sui Club» di Marina Dorica e lì finalmente si sentiva leggera, tra le onde possenti della techno e il fumo di uno spinello.
Maria Antonietta Vacirca, la preside dell’istituto tecnico frequentato dalla ragazza, adesso è «costernata», «addoloratissima». L’anno scorso, quando lei ebbe la sua prima crisi isterica a scuola, aveva chiesto di cambiare sezione perché non si trovava bene nella sua, così ora stava in III A, indirizzo biologico-sanitario e aveva legato particolarmente con l’insegnante di religione, una professoressa molto soave con cui aveva incominciato ad aprirsi. Le aveva raccontato, così, della sua prima storia d’amore finita male, anzi malissimo.
Quando aveva 12 anni, incontrò un ragazzo poco più grande di lei, come Antonio, anche lui molto violento che la precipitò in un inferno di minacce e botte. Però alla fine ne era uscita, riuscendo a tornare al suo tran tran di figlia unica con due cagnolini bianchi a farle compagnia. Negli ultimi tempi ha preso 15 chili, ha detto, «ma non risulta sia incinta», conclude l’avvocato Sfrappini, che ha passato con lei più tempo che con suo figlio nelle ultime ore. «Non doveva andare così, che cosa hai fatto?», ha chiesto lei ad Antonio mentre correvano via da quella casa, prima di buttare la pistola nel cassonetto.
Fabrizio Caccia

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