giovedì 26 novembre 2015

IL CRITICO DEL CORSERA : ROMA SQUADRA DI NARCISI. GLI AMICI DELLA LUPA COSA NE PENSANO ?

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Un amico, Sandrino,  del club di tennis che frequento - Tor Carbone, nel cuore del parco dell'Appia Antica, un'oasi di verde e di tranquillità rare nelle capitale - e col quale negli spogliatoi faccio il "punto tecnico" del campionato ( il luogo è assolutamente deputato a questo tipo di analisi ), è un romanista sfegatato ma anche ottimo conoscitore di calcio giocato, per averlo esercitato con buoni risultati e per seguirlo con passione tecnica oltreché tifosa.  Conviene con me che Luca Valdisseri, tra i cronisti sportivi - lui non lo legge ma gli capita di sentirlo alla radio, e del resto Roma è inflazionata di emittenti che dedicano al calcio romano il 70% dei loro palinsesti... - è tra quelli più lucidi e anche obiettivi, e questo a prescindere dalla sua fede calcistica (giallorossa).
Non è per esempio uno che scrive sulla base dei risultati domenicali, e in questo è quasi unico nel panorama dei critici di calcio. Per cui, in passato ha difeso Luis Enrique, convinto che fosse un buon tecnico ( e magari, svillaneggiato nella capitale, qualche soddisfazione se la sta togliendo a Barcellona), non ha crocifisso Garcia l'anno scorso ma nemmeno quest'anno si è fatto abbagliare da due settimane al primo posto.
In realtà, è da tempo che del tecnico francese Valdisseri delinea un ritratto ragionato, con luci e ombre, ma dove le seconde hanno un po' preso il sopravvento. Per nulla convinto delle ultime campagne acquisti ( Sandrino scherzando lo dice vedovo di Laijc e in effetti il giornalista ha disapprovato fortemente la cessione dello slavo, tornandoci spesso fino a quando Salah e soprattutto Gervinho non hanno cominciato a girare bene), con particolare riferimento al settore difensivo, ora mette sotto osservazione anche il centrocampo, rilevando come i guai, grossi, della difesa romanista dipendano anche dal reparto più avanzato. generalmente considerato (io tra gli altri) il più forte del nostro campionato.
Queste e altre cose scrive l'indomani della disfatta del Camp Nou, che io trovo, come sempre ripeto con questo cronista, condivisibili e non banali, e per questo le sottopongo all'attenzione dei lettori del Camerlengo amanti del calcio, in particolare tifosi della lupa. Pochi, ma ne ho anche tra di loro...




 

Squadra di narcisi, servono un grande tecnico e un leader
Luca Valdisseri

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La Roma ha due problemi reali. Il primo, il più importante, non è la difesa intesa come individui che formano un reparto, ma l’intera fase difensiva, intesa cioè come squadra che copre il proprio territorio quando gli altri hanno il pallone. La qualità di alcuni difensori (Ruediger su tutti, ma anche Digne, Torosidis, lo stesso Florenzi in quel ruolo) è poco più che normale, ma la squadra lascia spesso solo il suo reparto, non è adatta a sorreggerlo. Il centrocampo è perfetto sulla carta, quasi mai sul campo. È ottimo per fare pressione in avanti e tenere il pallone, ma è sbagliato quando l’azione si rovescia. De Rossi ha tutto per il calcio fuorché il movimento. È statico, copre poco campo, ha bisogno di avere altri compagni accanto. Pjanic è un campione che sta perfino crescendo, giocasse nel Barcellona diventerebbe il migliore. In una squadra che deve anche difendere, perde mentalità, non ha contrasto e lascia facilmente la posizione. C’è un dato molto interessante nel cammino della Roma. Le uniche due giornate in cui non ha preso gol in campionato Pjanic non c’era. Non è lui il problema, ma la sua parte unica nel gioco si aggiunge alla staticità di De Rossi e raddoppia il disagio. L’unica mezzala completa è Nainggolan, il solo che sappia giocare negli spazi aperti e abbia un concetto largo del dover recuperare il pallone. Questo limite pesa anche in Italia. L’Inter non ha subito gol 9 volte su 13, il Napoli 8. La Roma 2. In Italia ha tanta qualità da poter spesso dimenticare il suo limite. Segna molto. Questo però porta direttamente al secondo problema della squadra, la sua mentalità ballerina. La Roma ha un’alta concezione di sé, allargata dalle voglie dell’ambiente e dal dovere di vincere in fretta. Questo la mette spiritualmente in vantaggio su tutti tranne quelli che giocano altrettanto bene. La qualità degli altri, i tempi stretti di quelle partite, non esaltano la Roma. Prima la sorprendono, poi la perdono. Non sono un caso i punteggi tennistici, anche improvvisi e non definitivi come a Borisov: rappresentano l’abbandono normale dei narcisisti. Qui ci vorrebbe un grande allenatore, ma Garcia è narcisista almeno quanto la squadra. È cosciente dei limiti, altrimenti non cercherebbe sempre nuovi mediani, ma non li sa curare. Ha esaurito la sua differenza, mi sembra che anche la squadra avverta questa mancanza. Servono leader, serve certamente Strootman. Servirebbe però anche un allenatore o molto riflessivo o molto duro. Garcia è nel mezzo. Ed è là che la Roma, tra i suoi incredibili eccessi, per adesso resta.

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