Non è in effetti una storia che fa bene alla vigilia di Natale, però questa è la festa che toccherà a vari padri (più spesso) e madri (capita anche a loro, più raramente) vessati da un ex coniuge criminale che una giustizia pusillanime, quando non peggio, non riesce a punire e nemmeno ad arginare.
Si può fissare a dicembre l'udienza di discussione di un ricorso, presentato a luglio, che chiede l'iscrizione della figlia ad una nuova scuola ? In Italia sì. Poi certo, vengono le condanne dell'Europa, lo Stato risarcisce, coi soldi dei cittadini, mentre i giudici ignavi, insensibili burocrati, non pagano mai.
Se qualcuno poi pensasse che la storia di Sergio Lombardo, che trovate appresso, sia un' "eccezione", vuol dire che non solo ha la fortuna di non avere a che fare, nemmeno indirettamente (amici, conoscenti), con la giustizia che si occupa di famiglia e di minori, ma neppure si è preso mai la briga di leggere qualcosa nelle pagine di cronaca, ormai infestate da storie similari.
No, il sig. Lombardo non passerà un buon Natale, ma io prego di cuore che questo capiti anche a tutte le persone infingarde che ha avuto la ventura di incontrare nella sua odissea.
Il padre separato: “Così da dodici anni inseguo mia figlia”
“Decisioni del giudice ignorate, ma nessuno mi aiuta”
23/12/2015
torino
Trecentocinquanta chilometri all’andata e altrettanti al ritorno. Ogni sabato mattina un uomo di 76 anni parte da Roma, raggiunge Termoli, si sistema in un appartamento e aspetta che il campanello suoni. Non capita spesso, anzi, il più delle volte è un’attesa vana e straziante, ma quando succede dietro la porta c’è sua figlia. «È l’attimo più bello della settimana. Ma dura solo un’ora. Poi me la portano via». Da quasi tredici anni Sergio Lombardo vive per inseguire una figlia che quasi mai riesce a vedere. «Ho fuso tre auto a furia di viaggiare, ho avuto due incidenti, ma queste sono sciocchezze. Quel che conta è che mia figlia ed io insieme stiamo bene, le poche volte che ce lo permettono». Anche oggi si metterà in viaggio: il tribunale di Larino ha fissato un’udienza, a due giorni dal Natale, per decidere se autorizzare la ragazza - che ha 14 anni - a trasferirsi a Roma per frequentare la prima superiore. Peccato che la scuola sia cominciata a settembre e non ci sia più niente da decidere: Lombardo aveva presentato ricorso urgente a giugno, serviva una risposta entro l’estate, invece il giudice ha convocato le parti il 23 dicembre.
LA BUROCRAZIA
Sergio Lombardo è un pittore famoso, ha esposto a Tokyo e New York, al Centre Pompidou di Parigi e alla Biennale di Venezia. È professore emerito all’Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 2003 conduce una battaglia estenuante contro una burocrazia che pare un muro di gomma, nonostante l’Europa abbia riconosciuto le sue ragioni. Sua figlia aveva due anni, quando la mamma è scappata da Roma portandola con sé a Termoli, dai parenti. Lombardo ha cominciato i suoi viaggi in Molise, senza saltare una settimana. «A volte stavo due giorni per niente. Mi dicevano che era fuori città, che non potevano portarmela. Per un anno e mezzo non l’ho vista. Ho fatto denuncia e non è cambiato niente. Allora per qualche settimana non sono più andato: hanno denunciato me».
Con il suo avvocato, Giorgio Vaccaro, ha cominciato a scrivere ricorsi per vedersi riconoscere i suoi diritti di padre: si è rivolto ai tribunali, ai servizi sociali, «che sono l’occhio del giudice, ma se vedono strabico è finita». Risultati? «Mai una risposta».
L’EX COMPAGNA
Eppure la sua ex compagna è già stata condannata tre volte per non aver rispettato le decisioni dei tribunali. Anche l’Italia è stata condannata. Due anni fa la Corte europea per i diritti dell’uomo ha accolto il ricorso di Lombardo:
«Le autorità giudiziarie nazionali non hanno adottato alcuna misura adeguata al fine di creare le condizioni necessarie all’effettivo esercizio del diritto di visita».
Lo Stato l’ha dovuto risarcire. «L’ho vissuta come una liberazione: finalmente qualcuno mi ascoltava, qualcuno capiva la durezza degli abusi e delle ingiustizie che avevo subito». L’Europa ha capito, l’Italia no: ha pagato e tirato dritto come se nulla fosse. «Pare che con il mio ricorso abbia offeso giudici e servizi sociali».
L’ORA D’ARIA
Lombardo continua a farsi 700 chilometri ogni settimana per la sua ora d’aria (quando è fortunato). Sua figlia dovrebbe trascorrere un week end a Roma: mai successo. Dovrebbe passare con lui dieci giorni a luglio e dieci ad agosto: mai successo.
«Vado a Termoli, sto lì e aspetto. Quando viene, l’aiuto a fare i compiti, qualche volta andiamo al mare; ma dopo poco sua madre torna a prenderla».
Ci sono paletti precisi, non vengono rispettati, ma va bene così. Del resto chi dovrebbe custodire le regole non sembra averle molto a cuore. «Qualche mese fa mia figlia ha detto di volersi iscrivere al liceo a Roma». Lombardo ha subito presentato un’istanza urgente al tribunale, essenziale per ottenere l’autorizzazione del giudice. Che ha fissato l’udienza oggi. «Uno Stato che si comporta così nei confronti di un uomo, infischiandosene di quel che dice un tribunale internazionale, è una barzelletta», riflette l’avvocato Vaccaro. Ma perché? «Glielo dico io: non c’è responsabilità diretta e questo legittima la più totale impunità e l’incuria nei confronti dei cittadini». Sergio Lombardo, invece, non molla: «Non voglio. Non posso. Chi torna indietro diventa colpevole: se smettessi di presentare ricorsi, di tartassare i tribunali penserebbero che non voglio più vedere mia figlia. Forse lo penserebbe anche lei: io invece voglio che sappia tutti gli sforzi che ho fatto per essere il padre che merita».
Oggi andrà a Larino comunque, anche se è inutile. È l’unica occasione per vederla prima di Natale. Forse.
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