giovedì 7 gennaio 2016

DOPO COLONIA, BATTISTA RICORDA I FATTI LONTANI DI PIAZZA THARIR.



Avevamo riportato ieri ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2016/01/a-colonia-violenza-sessuale-di-massa.html ) il pensiero di una femminista tedesca, Chantal Luis, sui fatti di Colonia, e il succo era che l'integrazione in Germania - credo si possa aggiungere in Europa - sta fallendo.
Però quelli di sinistra, o almeno la parte più cieca di loro (la maggior parte si può dire ? ) continuano a non capirlo, meritandosi in pieno l'amarezza del mio amico Massimiliano Annetta che ieri su FB scriveva così :
Sono un uomo di sinistra per molte, per me buone, ragioni. Ma una motivazione spicca: pari diritti per tutti; solo così può aversi una società non solo più giusta, ma pure migliore, più competitiva (ché meritocrazia, al di là di banali vulgate, è valore di sinistra). Per questo mal tollero le minimizzazioni, da sinistra, dei fatti di Colonia. Quanto avvenuto in Germania segnala una idea della donna inaccettabile, e non cianciamo di banlieue: basta farsi un giro in Via Montena...poleone o in Via Tornabuoni per vedere donne dotate di carte di credito, ma private dei più elementari diritti. Vogliamo dircelo che il sistema di integrazione europeo è in crisi? Oppure vogliamo far finta di niente coprendoci sotto il comodo, e vuoto perché manieristico, usbergo del "multiculturalismo". Non mi sorprendero' di risposte deludenti: la "mia" sinistra -che da quasi trent'anni si nasconde sotto l'altrettanta posticcia coperta della "legalità", che niente altro significa nella declinazione corrente che le Procure della Repubblica hanno sempre ragione- mi ha abituato alla sua mancanza di coraggio.
Oggi è il turno di Pierluigi Battista, che lodevolmente attacca i soliti demenziali commenti volti a minimizzare, a mischiare cose, come se un male (la violenza contro le donne pure esistente in Occidente) attenuasse l'altro ( una sub cultura che considera le donne inferiori tout court, sempre e comunque ).
Tutta gente che non ha nulla a che fare con Salvini, Le Pen o gli altri campioni dell'ostracismo agli immigrati.
Ma tanto non serve : chi ha poche idee (a volte nemmeno quelle, si limitano a ripetere quelle che leggono sui loro giornali) ha il vantaggio di non dover fare sforzi per ricordarsele e ripeterle come una litania, sordo a qualunque obiezione critica, per quanto logica e lampante essa sia.



Le donne libere umiliate a Colonia

di Pierluigi Battista

Risultati immagini per violenze a capodanno a colonia 2015

Quegli uomini-animali del Capodanno di Colonia volevano punire la libertà delle loro vittime. Considerano inconcepibile, peccaminosa, simbolo di perversione, l’esistenza di donne che studiano e lavorano.
Gli uomini che a Colonia si sono avventati come animali sulle donne in festa per il Capodanno volevano punire la libertà delle loro vittime. Hanno palpeggiato, molestato, umiliato, violentato, picchiato le donne che osavano andare da sole, che giravano libere di notte, che si abbigliavano senza rispetto per le ingiunzioni e i divieti consacrati dai padroni maschi.
Consideravano prede da disprezzare e da percuotere le donne che facevano pubblicamente uso di una libertà che gli stupratori e gli energumeni di Colonia considerano inconcepibile, peccaminosa, simbolo di perversione, donne che studiano e lavorano. Che sposano chi desiderano e non il marito oppressore che la famiglia, la tradizione, il clan assegnano loro. Che non sono costrette a uscire solo in compagnia dell’uomo prevaricatore. Che bevono e mangiano in libertà, entrano nei locali, fanno l’amore quando scelgono di farlo, brindano a mezzanotte, indossano jeans e magliette, flirtano, fanno sport e si scoprono per praticarlo, hanno la sfrontatezza di festeggiare il Capodanno con i loro amici maschi. Per chi considera la libertà delle donne un peccato da estirpare, le donne libere sono delle poco di buono da umiliare, da riempire di lividi sul seno e sulle cosce aspettandole all’uscita della metropolitana e con la polizia impotente e immobilizzata. Come si fa con gli esseri considerati inferiori.
Come è accaduto a Colonia in una tragica e sconvolgente prima volta nella storia dell’Europa contemporanea in tempo di pace. È stato un rito di umiliazione organizzato, coordinato, diretto a colpire quello che oramai comunemente viene definito uno «stile di vita». Nonostante i retaggi del passato, nonostante le tenebre oscurantiste che ancora avvolgono come fumo di un passato ostinato le città e persino le famiglie dell’Europa figlia dell’Illuminismo, malgrado i branchi di lupi che infestano i nostri Paesi e fanno morire di paura le donne che si avventurano sole, le ragazze indifese di fronte al bullismo e al teppismo, malgrado tutto questo, la libertà della donna resta pur sempre un principio e una pratica di vita inimmaginabile in altri contesti culturali, in altri sistemi di valori.
Ed è l’incompatibilità valoriale con questo spirito di libertà che le bande di Capodanno hanno voluto manifestare contro le donne che andavano a ballare, a bere, a baciare anche. Non capire il senso di «prima volta» che gli agguati di Colonia portano con sé è un modo per restare ciechi, per non capire, per farsi imprigionare dalla paura e dall’afasia. Così come non abbiamo voluto vedere, abbiamo fatto finta di niente, siamo restati volontariamente ciechi quando al Cairo, nella leggendaria piazza Tahrir, la «primavera araba» diventò cupa e le donne a decine cominciarono in nome dell’Islam ad essere aggredite, molestate, violentate dai super-fanatici del fondamentalismo misogino. Ora dovremmo cercare di capire che nelle gesta di prevaricazione degli uomini che odiano le donne libere si riflette un gesto di aggressività valoriale di stampo irriducibilmente sessista e non lo sfogo barbarico di un primitivismo pulsionale. Un atto di sopraffazione culturale, non di ferocia animalesca e irriflessa. Con tutte le cautele e il senso di responsabilità che si deve in questo genere di problemi, Colonia ha lo stesso significato di aggressione simbolica dell’irruzione fanatica nella redazione di Charlie Hebdo : lì veniva scatenata un’offensiva mortale contro la libertà d’espressione, considerata un peccato scaturito nel cuore del mondo infedele; qui contro la libertà della donna, la sua emancipazione impossibile e temuta in contesti culturali che danno legittimazione ideale e persino religiosa al predominio e alla sopraffazione del maschio. Certo, è diverso lo sterminio dei vignettisti dalle botte umilianti di Colonia. Ma c’è un comune sostrato punitivo, l’identificazione di un simbolo culturalmente indigeribile che stabilisce una distanza abissale tra uno «stile di vita» libero e una mentalità che bolla la libertà delle persone, uomini e donne allo stesso modo, come una turpitudine, un’offesa, un peccato, un oltraggio.
Rubricare invece le violenze di Colonia come una delle tante, tristissime manifestazioni di aggressione contro le donne che infestano la vita delle città europee significa smarrirne la specificità, la novità, il senso stesso della sua dinamica. Significa non capire cosa ha mosso gli aggressori, il fatto che fossero centinaia e centinaia in un abuso di massa del corpo e della libertà delle donne come non si era mai visto. Loro, gli aggressori, possono dire che le donne colpite e umiliate «se la sono cercata» semplicemente perché hanno scelto un modo di vivere inammissibile e peccaminoso.
A noi il compito di difenderlo, questo modo di vivere, e di considerare inviolabili le donne, e la loro libertà.

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