lunedì 21 marzo 2016

"AVVOCA', ER DANNO C'E' ! " VERO, MA LA RESPONSABILITA' ?

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Non puoi aver fatto l'avvocato civilista e non esserti trovato di fronte, almeno una volta, ad un cliente o anche semplicemente uno che ti chiede un parere o consiglio (gratuito ovviamente) che con fare convinto ti dica " Avvoca' er danno c'è !!!" , con il segno del dollaro cerchiato negli occhietti speranzosi.
E' l'approccio di qualcuno che si è fatto male, o sponsorizza il danneggiato, e che pone l'accento, sicuro di attirare il tuo  interesse sulla concreta probabilità di lucrosi risarcimenti.
Non sempre è agevole spiegare che l'esistenza del danno è condizione sì necessaria, ma NON sufficiente per ottenere il risarcimento. C'è bisogno del nesso causale tra condotta ed evento.
NON SOLO, in determinati casi, anche se la causalità c'è, è necessario l'illeceità dell'azione che causa il danno.
Insomma, nella nostra società, divenuta piuttosto avida, ammettiamolo, vorremmo far sparire la condotta innocente, il caso fortuito, sventurato. Se qualcuno si è fatto male, iella o no, qualcun altro ha da pava' !!
Per fortuna qualche giudice ragiona ancora, specie in Cassazione - quelli di merito, più giovani, forse anche meno studiosi, sono più tentati da questa deriva americana del risarcimento sempre e comunque - e le pretese risarcitorie dei danneggiati trovano filtri logici che reggono l'urto.
E' il caso descritto nella sentenza che viene appresso riportata.
Una professoressa, che assiste ad un incontro di pallavolo della squadra della scuola, riceve sul volto una pallonata e riporta lesioni gravi. Subito causa di risarcimento contro il Ministero dell'Istruzione. Non gli hanno dato ragione. Se vai a vedere una partita, bè il rischio di prendere una pallonata fortuita c'è - a meno che si provi che uno studente avvelenato contro di te ti abbia mirato ! - e quindi, anche se ti sei fatto parecchio male, te lo tieni.
Non fa una piega, signori miei dal risarcimento facile.


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Professore colpito da pallonata? No al risarcimento se c’è nesso tra atto e gioco


Cassazione Civile, sez. III, sentenza 26/01/2016 n° 1322

Di
Maria Elena Bagnato

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Se nella dinamica del sinistro sussiste un collegamento funzionale tra l’azione ed il gioco in atto, non spetterà alcun risarcimento all'insegnante colpito da una pallonata. E’ quanto stabilito dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 1322/16. 

La vicenda riguardava una professoressa, colpita al volto violentemente dal pallone calciato da un alunno durante una partita di pallavolo diretta dall'insegnante di educazione fisica della classe maschile. A causa del suddetto incidente, la docente aveva lamentato gravi lesioni, per cui aveva convenuto in giudizio sia il Ministero della Pubblica Istruzione sia l’assicurazione, quale responsabile civile in virtù di una polizza assicurativa contro gli infortuni stipulata dal Ministero, per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni subiti, sia di natura biologica che patrimoniale. 

Il Tribunale adìto ha dichiarato il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria; tale decisione è stata poi riformata dalla Corte d'appello competente, che, per gli aspetti relativi al merito, ha poi rigettato la domanda.

Avverso tale sentenza, gli eredi della professoressa hanno proposto ricorso in Cassazione. Pur ritenendo che la motivazione fosse da correggere, la Suprema Corte ha ritenuto infondate le doglianze sollevate, rigettando il ricorso.

In particolare, è stata confermata la sentenza impugnata nella parte in cui viene esclusa la responsabilità ex art. 2048 c.c. a carico dei convenuti, atteso che la suddetta disposizione normativa non configura un'ipotesi responsabilità oggettiva né per gli studenti né per i professori, stabilendo che il danno sia risarcibile nel caso in cui lo stesso sia conseguenza del fatto illecito di uno studente, ovvero qualora l’istituto scolastico non abbia osservato obblighi di vigilanza e controllo, non adottando misure preventive idonee ad evitare il fatto.

Condizioni di applicabilità della norma che si traducono in un fatto costitutivo, l'illecito, che deve essere dimostrato dal danneggiato, ed in un fatto impeditivo, il non averlo potuto evitare, che va provato dall’istituto scolastico (Cass. civ. Sez. 3, 14/10/2003, n. 15321).

Nel caso in oggetto, l'azione dannosa si è consumata nel corso di una gara sportiva, svolta durante l’ora di educazione fisica, per cui si può fare riferimento ai principi elaborati in tema di responsabilità per i danni causati da un atleta ad altro atleta impegnato nel corso di una gara sportiva.

In particolare, il criterio per distinguere tra comportamento lecito e quello punibile va individuato nel nesso tra il gioco ed evento lesivo. Tale collegamento va senz'altro escluso se l'atto è compiuto allo scopo di ledere o con violenza incompatibile con le caratteristiche del gioco e, in tal caso, la condotta è sempre punibile anche se in ipotesi non avesse violato regole dell'attività sportiva svolta. Al contrario, non sussiste la responsabilità se, come nella vicenda de quo, le lesioni sono la conseguenza di un atto posto senza la volontà di ledere e se, pur in presenza di violazione delle regole di gioco, l'atto a questo è funzionalmente connesso (Cass. n. 12012/2002).

Infine, la Suprema Corte ha rilevato che le modalità di verificazione del sinistro, ovvero il calcio al pallone con cui si disputava la partita di pallavolo, dimostrano sia l’assenza di una finalità di ledere in capo all'alunno sia l'esistenza di collegamento funzionale tra l'azione di questi e il gioco in atto, anche se in violazione delle regole del gioco stesso, che non prevede lanci con i piedi.

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