mercoledì 20 aprile 2016

"IL GIUSTIZIALISMO E' UNA BARBARIE" VIVA RENZI !



Non so se questa presa di posizione avrà un seguito, oppure, come non di rado accade al presidente del consiglio, durerà in funzione dell'umore del momento e, soprattutto, dall'andamento dei sondaggi in materia, però le parole dette ieri a Palazzo Madama sul giustizialismo noi le scolpiremo su pietra, e le (gliele) ricorderemo almeno finché l'uomo non si sarà ritirato in pensione.
IL GIUSTIZIALISMO E' UNA BARBARIE , è miele per le mie orecchie, e retrodatare di almeno 25 anni il malcostume giudiziario in questo senso, ancorché pecchi ancora per difetto, è comunque una buona approssimazione storica ed un contributo prezioso alla verità nella storia di questa nazione.
Quindi, guadando alle parole, e accantonando le possibili motivazioni, stavolta l'intervento del premier è da applausi a scena aperta.
Davigo, nuovo capo del sindacato toghe ( una elezione infausta...già anche quelli sereni, su quella sedia, non si possono sentire, figuriamoci l'ultimo dinosauro di mani pulite...) , uomo nervosetto di suo, ironizza sul fatto che il capo del governo non chieda di incontrarsi con loro...
Bene, questo è un altro merito di Renzi (non ne ha poi moltissimi, quindi quando ci sono, diamoglieli) .
Questa presa di distanza l'aveva manifestata subito, regnante (in ASM) Sabelli. Figuriamoci se cambiava rotta ora che le toghe "pregiate" (quelle degli avvocati sono ordinarie, si sa) si sono messi come capo uno del club delle manette, adepto del rito ambrosiano, con codice di procedura personalizzato incluso.



Il Corriere della Sera - Digital Edition


Renzi e le inchieste «Il giustizialismo è una barbarie»

 
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Il Senato boccia le mozioni nate dal caso petrolio. Il premier: «Ci sono giudici eroi ma niente barbarie»

Applausi pd per la citazione del senatore assolto a Potenza. E Napolitano ricorda la morte di D’Ambrosio

 

ROMA Alle mozioni di sfiducia numero 9 e 10 — 183 contrari e 96 favorevoli la prima, 180 a 93 la seconda — il premier ha imparato ad essere moderato nei toni ma durissimo nel merito. Così ieri era a Palazzo Madama, davanti all’assalto innescato dall’inchiesta di Potenza, con i grillini alleati del centrodestra e di Sel, Renzi ha potuto menare duro su magistratura e circo mediatico-giudiziario. Lo ha fatto, tra l’altro, richiamando gli ex alleati di Forza Italia ai bei tempi del Nazareno: «La politica è altrove e quando avrete finito le sceneggiate televisive noi vi aspetteremo. Il governo, intanto, gli impegni li ha mantenuti».

Poi, però, Renzi ha cambiato timbro quando ha indicato in aula il senatore lucano Salvatore Margiotta, del Pd: inquisito, imputato e giudicato innocente proprio a Potenza. Ecco, ha scandito Renzi scatenando un applauso tra i dem che ha contagiato i banchi del centrodestra, «io credo nei tribunali e non nei tribuni...Credo nei giudici e non nelle veline che violano il segreto istruttorio... Perché noi abbiamo avuto giudici eroi che hanno combattuto la mafia e la camorra ma negli ultimi 25 anni si è aperta una pagina di autentica barbarie legata al giustizialismo: un avviso di garanzia strumento a tutela dell’indagato è stato trasformato in sentenza mediatica definitiva». Il «giustizialismo a senso unico», per Renzi, è quello che «condanna prima ancora di una sentenza definitiva». Dunque, «quando diciamo che bisogna arrivare a sentenza non accusiamo la magistratura ma stiamo rispettando la Costituzione ».

E sulle intercettazioni si è concentrato anche Giorgio Napolitano: «Vengono pubblicate anche intercettazioni manipolate, pezzi di conversazioni estrapolate dal contesto. Come è successo al mio consigliere Loris D’Ambrosio che ci ha rimesso la pelle con un attacco cardiaco. E io certe cose non le dimentico».
Insomma, quella che avrebbe dovuto essere una vetrina delle opposizioni per mostrare l’incapacità del governo si è risolta in un assist per Renzi che ne ha approfittato. E con lui il capogruppo Ap Renato Schifani per il quale bisogna «fare presto con la riforma delle intercettazioni». Per Loredana De Petris (Sel), «il premier conferma il disprezzo per il Parlamento cui spetta il giudizio politico sull’operato del governo che si è dimostrato permeabile alle pressioni delle lobby». Intanto, intervistato da La7, il neo presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Piercamillo Davigo, ha illustrato lo stato dei rapporti tra politica e magistratura: «Noi non abbiamo chiesto un incontro e comunque lui (Renzi, ndr) non manifesta la voglia di parlare con noi»,

Ieri le opposizioni (M5S, FI, Lega e Sinistra italiana) hanno depositato alla Corte Cassazione le 166 firme raccolte alla Camera per chiedere il referendum sulle riforme. Firme raccolte anche in Senato.

Dino Martirano

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