giovedì 19 maggio 2016

CONFESSIONE SEMPRE UGUALE A COLPEVOLEZZA ? ANCHE NO. SE POI A DIRLO E' CAROFIGLIO...

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Nel leggere con un pizzico di stupore questo passaggio dell' ultimo libro di Gianrico Carofiglio (Passeggeri Notturni, una raccolta di brevissimi racconti alternate a riflessioni ) , riguardante l'insidia rappresentata, in campo giudiziario e processuale, dalle confessioni, mi è tornata in mente la recente notizia della Amanda Knox che si è rivolta alla Corte Europea per i Diritti Umani - che ha già dichiarato ammissibile il ricorso - al fine di ottenere la condanna dello Stato Italiano per il trattamento cui fu sottoposta in occasione delle indagini per l'omicidio di Meredith Kercher (ricorderete che alla fine la Cassazione ha confermato in via definitiva l'assoluzione sua e di Raffaele Sollecito, criticando in modo molto aspro proprio il modo di conduzione delle indagini).

Panorama, nel riportare la notizia, rappresenta come l'americana lamenti che : " il suo interrogatorio venne reso senza un difensore nonostante - ad avviso dei giudici - la giovane rivestisse di fatto già il ruolo di indagata per l'omicidio Kercher. Nel ricorso a Strasburgo la Knox afferma poi che il suo diritto a un equo processo è stato violato perché "non è stata informata in tempi brevi in una lingua a lei comprensibile della natura e dei motivi dell'accusa formulata a suo carico".

Inoltre di non essere stata assistita da un interprete professionale e indipendente nel corso degli interrogatori. L'americana invoca inoltre la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani affermando che "gli scappellotti" ricevuti hanno costituito un trattamento inumano e degradante. "Un fortissimo stress psicologico subito nei giorni dell'indagine" ha detto l'avvocato Dalla Vedova".
 
So che Amanda è antipatica  a molti italiani, certi, a dispetto dell'assoluzione, che la ragazza sia colpevole, e che si sia salvata per la sua nazionalità. IL fatto che sia pure bella non aiuta, probabilmente.
Di una cosa sono sicuro : se fosse stata per caso condannata, dopo un processo condotto alla nostra maniera, con un'assoluzione in appello poi revocata in altri giudizi, gli Stati Uniti mai e poi mai l'avrebbero estradata.
Per fortuna le cose sono andate diversamente (i complottisti ovviamente giurano che proprio per questo sono andate così) ché l'Italia avrebbe avuto problemi di imbarazzo forti nel sentirsi dire un no secco e forte da quello che resta un alleato importante.  
Comunque, secondo la verità processuale - non sempre coincidente con quella reale, ma è una cosa che dobbiamo imparare ad accettare - è dimostrato che a suo tempo Amanda confessò una sua responsabilità non vera.
La ragione sta in quelle violenze psicologiche, e non infrequentemente non solo, a cui gli indagati vengono sottoposti, e che Carofiglio denuncia nel suo breve scritto.
 
Perché lo stupore che descrivo all'inizio ? Perché Carofiglio è stato un PM, e, da quello che mi hanno rivelato - sotto l'impegno dell'anonimato - alcuni colleghi amici di Bari e della Puglia, molto meno illuminato e attento alle garanzie difensive di quanto non mostri nei suoi romanzi (famoso il personaggio dell'avvocato Guerrieri) e in altri interventi anche verbali.
 
In effetti però capita non proprio di rado che, una volta smessa la toga, ex magistrati recuperino una serenità ed un equilibrio smarriti quando rivestivano, con modo arcigno e a volte fazioso, il ruolo degli inquirenti ed accusatori.
 
In ogni caso, le testimonianze che Carofiglio fornisce - con ben 40 confessioni fasulle accertate solo negli USA, più attenti di noi a certi dati statistici - , i casi che riporta e le considerazioni finali, sono utili, anzi, oserei dire preziose.
Per chi vuole ascoltare, ovviamente.
Che per i sordi e ciechi a prescindere, non c'è speranza.
 
 
 
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CONFESSIONI
 
La convinzione che chiunque confessi un reato ne sia davvero colpevole è diffusa non solo nell’opinione pubblica, ma anche fra gli appartenenti alle forze di polizia e fra i magistrati. Sembra infatti difficile immaginare che una persona confessi un crimine che non ha commesso. In realtà, purtroppo, si tratta di un’eventualità pericolosamente ripetuta.
 
Jorge Hernandez fu accusato dello stupro di un’anziana signora. Sottoposto a un duro interrogatorio molti mesi dopo il delitto, sosteneva di non riuscire a ricordare cosa avesse fatto la notte in cui si era verificata la violenza.
Gli investigatori gli dissero allora – mentendo – di aver trovato le sue impronte digitali in casa della vittima e addirittura di avere acquisito filmati delle telecamere di sorveglianza da cui risultava con chiarezza  che lui era stato in quel luogo quella notte.  Di fronte all’esibizione di quelle false prove e di fronte all’offerta di sconti di pena,  se avesse confessato, Hernandez si persuase di non riuscire a ricordare l’accaduto  perché, con ogni probabilità, quella notte era ubriaco. Si lasciò così convincere ad ammettere un fatto che non aveva commesso.
Qualche mese dopo una perizia tecnica stabilì che il suo DNA era incompatibile con quello trovato sulla scena del crimine e lui fu scagionato.
 
Eddie Lowery confessò l’omicidio di una donna di 75 annu fornendo particolari che poteva conoscere solo l’autore del crimine. I test del DNA dimostrarono, molti anni dopo, che il colpevole non era Lowery e che quei particolari erano stati in realtà suggeriti – imbeccati, si dovrebbe dire – dagli stessi ufficiali di polizia che avevano condotto l’interrogatorio.
 
 
Fra gli stessi anni Ottanta e gli anni Novanta un gruppo di spietati criminali chiamati “La Banda della Uno bianca” terrorizzò l’Emilia Romagna, commettendo rapine ed omicidi.
Nel 1994 furono catturati e confessarono i loro delitti, fra cui una serie di rapine per le quali non erano nemmeno sospettati.
Per quelle erano stati condannate ALTRE persone, anche a seguito della confessione di uno di loro : la confessione di un crimine che non aveva commesso.  E’ probabile che pure in quel caso fossero state messe in atto forme più o meno intense di coercizione psicologica.
 
Il problema, dunque, è che le violenze sui sospettati o sui testimoni reticenti non solo illegali e immorali, sono anche pericolose per l’accertamento della verità. A parte ogni considerazione etica e giuridica, una confessione ottenuta con la violenza non dà nessuna garanzia di attendibilità.
Tanti anni fa un vecchio poliziotto da cui ho imparato molte cose su cosa significa fare l’investigatore mi disse una frase che non ho più dimenticato : “ Io non mi fido mai di una confessione cui non ho assistito. E, a dire la verità, non mi fido nemmeno di quelle cui ho assistito, se non so esattamente cosa è successo  prima”.

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