mercoledì 20 luglio 2016

ENTRAMBI AUTOCRATI : PERCHE' PREFERIAMO ATATURK A ERDOGAN



Ho scritto e riportato vari post in merito al fallito golpe turco. Al di là della mia contestazione - https://ultimocamerlengo.blogspot.it/2016/07/nessun-golpe-truccato-ecco-perche-e.html?spref=fb - convinta ( e devo dire con soddisfazione, suffragata da ormai numerose analisi e interviste di vari settori, compresa l'opposizione turca al Sultano  ) alla solita tesi del "complotto" - e quindi al colpo di stato "fasullo", inventato da Erdogan per giustificare la stretta autoritaria che si sta realizzando in questi giorni - non vorrei che qualcuno pensasse che io sia un simpatizzante dell'autocrate turco.
Non lo sono, e se i turchi avessero eletto presidente un uomo simile a quel tanto rimpianto Kemal Ataturk, io sarei stato ben lieto.
Ma così NON è.  E allora mi pongo il delicato problema del rispetto del voto, sicuramente basilare e fondativo di un sistema democratico, quando poi accade quello che sta accadendo in Turchia ( o ieri in Egitto, quando salirono al potere Morsi e i Fratelli Musulmani).  Sono propenso ad essere d'accordo con Paolo Mieli, che nell'editoriale di ieri ( https://ultimocamerlengo.blogspot.it/2016/07/paolo-mieli-e-quel-vergognoso-silenzio.html ) sosteneva come, fino a quando non viene abrogato l'accesso dei cittadini al voto e quindi alla scelta e conferma dei governanti, bisogna rispettare quel responso.
Certo, sarà bene che il sistema elettorale sia concepito in modo che effettivamente quei governanti siano espressione effettiva del consenso della maggioranza della popolazione ( capito, apprendisti stregoni dell'Italicum ??) , che le elezioni siano tenute in modo libero ( in Turchia gli osservatori internazionali non rilevano irregolarità patologiche) e che, appunto, chi prende il potere non lo usi poi per mantenerlo ad libitum, modificando le carte del mazzo.
Ecco, con Mieli rifletterei sul fatto che forse questo sia Morsi ieri in Egitto, sia Erdogan oggi in Turchia, questo lo abbiano fatto / stiano facendo.  Sappiamo bene che la dittatura in Italia non si realizzò con la nomina di Mussolini a Capo del Governo, nel 1922, bensì circa tre anni dopo, nel 1925, dopo il delitto Matteotti.
Quello che Erdogan sta realizzando in queste ore, con migliaia di arresti e con l'epurazione di tutti gli oppositori, comprendendo giudici, giornalisti, ora anche professori universitari e addirittura imam (evidentemente ce ne sono di non favorevoli al sultano), assomiglia parecchio ad una "normalizzazione" autoritaria, la cui legalità appare assai labile.
Ma cosa può fare l'occidente, l'America e l'Europa ? In Medioriente come fai sbagli. Intervieni ? Lo abbiamo fatto in Afghanistan, in Iraq, da ultimo in Libia, eliminando dittatori ben più crudeli, addirittura sanguinari. Risultati ? Il caos diffuso.  In Siria NON siamo intervenuti. Risultato ? Guerra civile interminabile, Isis che occupa un terzo del territorio, milioni di profughi.
Veramente drammatico.

Oggi riporto l'analisi di un commentatore de La Stampa, Mimmo Candito, che non conosco e che sostanzialmente NON condivido.
Siamo un po' alle solite.  La premessa è interessante, il confronto tra due autocrati, Kemal Ataturk ed Erdogan, con visioni opposte. Il primo, si sa, volle laicizzare la Turchia, il secondo vuole ripristinare la prevalenza del sentire religioso che deve ispirare e governare la società civile.  Mezzi, per entrambi, la coercizione.
Perché il primo sarebbe meglio del secondo ?
Semplice, perché piace a NOI, occidentali. Perché la sua visione era in linea coi nostri credo.
Ma questo spiega perché un dittatore possiamo registrarlo meglio di un altro, NON che non sia tale.
Assistere agli arrampicamenti logico verbali, ai sofismi consueti per cercare di dimostrare che invece la differenza è "altra" mi stanno un po' sullo stomaco.
Ataturk fu un autocrate, esattamente come oggi lo è Erdogan.
Il primo avrebbe rispettato di più la parte di popolazione e le convinzioni non in linea con le sue direttive ? Opinabile, e, soprattutto, bisognerebbe chiedere a quelli che furono marginalizzati come vissero quel cambiamento fatto d'imperio.
Anche IO, preferisco Ataturk a Erdogan, ma perché sono laico. Se fossi un credente convinto, probabilmente la mia preferenza sarebbe opposta.


LaStampa.it

Erdogan e la metamorfosi dell’uomo eletto che diventa autoritario

Epurazioni di massa dentro scuole e moschee: la vendetta del Sultano
 
 
AFP
La sede della polizia ad Ankara

    
Il vento della vendetta sta spazzando le scuole della Turchia, riportandola a un tempo arcaico assai lontano dai secoli illuminati della Sublime Porta. Via, tutti via. Via i rettori, via i presidi, via i decani. Prima erano stati i generali, a pagare, i soldati, i servizi segreti, anche i giudici, ora va via anche la testa pensante della Turchia, lasciando intendere che Erdogan vuole avere piano controllo del pensiero, della libertà del giudizio, dell’autonomia della intelligenza. Via, fuori dalla scuola, fuori dalle università, fuori da centri di ricerca. Ogni regime autoritario vuole creare «l’uomo nuovo», tende a rimodellare con il suo afflato la mente, il cervello, il pensiero, dei cittadini. 
 
Ma Erdogan è a tutt’oggi il capo di Stato eletto con libere elezioni, con un Parlamento e un sistema giudiziario che ne dovrebbero bilanciare il potere, e una struttura politica che punta credibilmente a essere accolta nel corpo istituzionale della Unione Europea. Ora la replica a quanto sta avvenendo in Turchia spetta alle capitali europee. 
 
Titolari di storie che hanno costruito nei secoli la tutela della libertà della ricerca intellettuale come elemento fondante di una comune, irrinunciabile, identità. L’editto sulle epurazioni di massa è stato emesso dallo Yok, Consiglio per l’Alta Educazione, che guida e sovrintende le università turche. Formalmente, lo Yok chiede le dimissioni di tutti i 1577 docenti che hanno la responsabilità scientifica degli atenei di Ankara, Istanbul, Smirne, Antalya, di ogni parte della Turchia, dall’Anatolia fin giù alle terre dell’Asia Minore. La richiesta di dimissioni cela il progetto di una purga totale, rafforzata dal licenziamento immediato di 15.200 funzionari della pubblica istruzione e di 21 mila docenti di scuole private. E poi vengono chiuse radio e stazioni televisive, vengono sbattuti in galera i giornalisti, licenziati in tronco cronisti e opinionisti.  
 
Quando, cento anni fa, Kemal Atatürk prese il potere, e lo esercitò con la mano autoritaria di un militare che si fa politico, i suoi editti puntarono a cancellare l’egemonia della storia religiosa del suo Paese ma ne rispettarono e ne tutelarono la storia intellettuale: abolì il fez come simbolo di una identità da cancellare e troncò l’integrazione tra potere politico e potere religioso, cancellò anche la vecchia scrittura araba e la sostituì con le lettere dell’alfabeto latino però mai arrivò a purgare le teste pensanti della scuola della nuova Turchia che abbandonava l’eredità dell’Impero Ottomano. Cambiarono certamente i testi scolastici ma l’apporto delle intelligenze fu richiesto e conservato sia pur all’interno di un disegno di rifondazione della identità nazionale. Erdogan, che pure ordina ai suoi cameramen di riprenderlo con alle spalle una enorme gigantografia severa di Atatürk, avanza sprezzante di ogni identità e si spinge in un territorio dove la devastazione delle coscienze pare essere l’unico obiettivo che lo interessi. E non per fedeltà a una utopia che realizzi una società nuova ma per consolidare il potere. 

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