Pagnoncelli è un amico dell'area progressista, tanto da essere stato per anni il sondaggista principe del Ballarò di Floris. E' pure persona tranquilla, pacifica, che non vorrebbe scontentare nessuno.
Purtroppo i sondaggi che sciorina da un po' di tempo a questa parte non sono affatto graditi al PD fronte renziano, e la storiella dell'ambasciatore che non porta pena è sempre stata, appunto, una barzelletta ( non di rado, nell'antichità, latori di cattive notizie, tipo dichiarazioni di guerra, venivano rispediti al mittente con la testa mozzata ). Dopo le amministrative, il "nostro", presidente di IPSOS, partorì numeri tragici per renzino e i suoi, con scenari politici post elettorali che vedrebbero trionfare il M5S ai ballottaggi con chiunque (contro il centro destra con un + 20%, contro il PD + 13, che diminuirebbe fino ad un + 6 in caso di listone con la sinistra più ortodossa http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2016/07/per-renzino-una-lunga-estate-calda-giu.html ).
Da allora, l'Italicum è tornato in discussione, guarda caso, e suoi difensori appassionati sono i grillini che lo volevano affossare fino a poco tempo orsono per la storia dei "nominati".
Adesso la previsione funesta riguarda il decisivo referendum autunnale. Doveva essere un trionfo al suono dell'Aida, poi le previsioni hanno iniziato a mutare, e ora un solo punto dividerebbe il no dal sì. Un punto, in statistica, è NULLA. Questi già sbagliano quando le forbici statistiche superano i 5 punti,, figuriamoci con una distanza simile. La cosa peggiore, è che questa crescita del NO va di pari passo con l'aumento delle dichiarazioni di partecipazione al voto. Non è una cosa bella, per i promotori di una riforma che vuole cambiare una cosetta così importante e di interesse nazionale come la Costituzione.
Certo , il nostro mondo è attanagliato da problemi ben più gravi, come l'ultima, tragica strage terroristica testimonia.
Però questo è un passaggio importante per la vita della nostra nazione, ed è bene dargli attenzione.
Il referendum spacca l’Italia
I favorevoli scendono al 51%
Il 58% pensa di andare alle urne. Tra gli elettori del Partito Democratico il 16% voterebbe contro, orientamento che cresce tra i centristi di governo
Concluse le elezioni amministrative, al centro dell’attenzione si pone l’appuntamento del referendum costituzionale. Il premier ha cercato negli ultimi tempi di attenuarne il significato politico di cui peraltro era sovraccarico, mettendo al centro i contenuti, mentre dall’altro lato gli oppositori tendono a farne uno strumento per «dare una spallata» a Renzi e al suo governo. Comunque sia, è evidente che i risultati del referendum che si terrà nel prossimo autunno saranno cruciali per l’assetto del Paese.
Quali le opinioni degli italiani? Partiamo intanto dalla conoscenza dei contenuti, che tende a crescere rispetto all’analogo sondaggio presentato in questa rubrica a fine gennaio, ma che rimane ancora relativamente bassa. Meno del 10% infatti dichiara di padroneggiare nel dettaglio i contenuti della riforma che d’altronde sono piuttosto complessi e ardui, mentre il 42% dichiara di essere al corrente solo dei termini generali. Siamo comunque alla maggioranza assoluta (51%) che ne sa almeno qualcosa, con una crescita di sette punti rispetto a gennaio. Con alcune interessanti differenze: molto più al corrente, sia pure in termini generali, sono gli elettori dei partiti di governo ma anche del M5S. Meno al corrente gli elettori di Lega e FI, mentre nel gruppo composto in larga misura da chi non vota o dagli incerti, prevale nettamente l’ignoranza dei contenuti.
Se si votasse oggi, più della metà degli italiani (58%) è propensa a recarsi alle urne, in questo caso in modo sostanzialmente trasversale ai diversi partiti, mentre la partecipazione crolla nell’area grigia degli astensionisti.
Nei nostri dati la gara è aperta: il Sì prevale di un solo punto percentuale, sui voti validi il risultato si attesterebbe al 51% per il Sì e al 49% per i No. La differenza rispetto al sondaggio di gennaio è rilevante: allora infatti i Sì prevalevano nettamente, con il 57%. La crescita della partecipazione ha largamente favorito il No: negli elettori dei partiti di opposizione in particolare, ma anche negli elettori dei partiti di centro il fenomeno è simile.
Sembra quindi che anche tra gli alleati del Pd sia cresciuta la contrarietà, forse motivata anche da una certa insoddisfazione nei confronti del governo. Il panorama comunque non è del tutto granitico: nel Pd emerge un orientamento al No decisamente minoritario ma non del tutto secondario (16%). Orientamento che cresce tra i centristi alleati di governo (qui raggiunge un terzo dei voti validi).
Al contrario negli elettori delle formazioni di opposizione l’orientamento al Sì è apprezzabile: dal 25% circa tra leghisti ed elettori del Movimento 5 Stelle sino al quasi 40% degli elettori di FI, partito in cui è presente, anche ai vertici, una posizione se non favorevole almeno non distruttiva rispetto a questa riforma. C’è quindi una trasversalità che presumibilmente il prosieguo del dibattito, soprattutto se si concentrerà sui contenuti, potrà favorire. Cambia anche, e profondamente, il clima nel quale la consultazione si inserisce. Se infatti a gennaio era nettamente prevalente la convinzione che il risultato del referendum avrebbe premiato il Sì, oggi è invece prevalente il dubbio. Infatti solo il 31% è convinto che i sì vinceranno, tuttavia questo calo non favorisce la convinzione che vinceranno i No, che aumenta solo di quattro punti, ma fa salire appunto il dubbio. Sono cambiate innanzitutto le opinioni degli elettori dei partiti di opposizione che sei mesi fa prevedevano la vittoria del Sì, mentre oggi ne sono molto meno sicuri. Ciò rappresenta un problema per Renzi, poiché rischia di mobilitare ulteriormente l’elettorato di opposizione che ritiene possibile vincere e mettere in crisi il governo. E infatti si sta consolidando l’idea che le motivazioni di voto degli italiani saranno sempre più concentrate sul significato politico del referendum. La maggioranza assoluta pensa che i propri connazionali si recheranno alle urne pensando di bocciare (o approvare) il lavoro di Renzi e del suo governo, dando poco peso al merito della riforma. La percezione di crescita della politicizzazione del referendum aumenta in maniera vistosa in particolare tra gli elettori Pd che appaiono sempre più preoccupati di quanto potrebbe accadere.
La strada si fa sempre più complessa per Renzi e per il Pd. L’aver trasformato il referendum in un giudizio sul presidente del Consiglio, legandolo strettamente alla sopravvivenza del governo e al percorso delle ulteriori riforme, sta provocando importanti difficoltà. Infatti, benché i contenuti specifici della riforma proposta siano sostanzialmente condivisi dalla maggioranza dei cittadini (in particolare la trasformazione del Senato), prevale l’idea di votare in base ai propri orientamenti politici. È evidente che diventa necessario per Renzi riorientare il dibattito sui contenuti. E in particolare affrontare il tema (che non riguarda il referendum ma è connesso) della legge elettorale che per molti elettori favorisce la scelta del No, poiché la si considera portatrice di un concentramento di poteri sul leader vincente senza che ci siano adeguati contrappesi. Strada complessa appunto, ma probabilmente inevitabile se vuole arrivare alla vittoria in autunno.
Questa specie di riforme non devono passare. Ci sono problemi seri da risolvere come il DEBITO nessuno di questi "Soloni" se ne occupa. Tanto se sarà necessario eliminano le pensioni!!!
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