L' uomo è abbastanza noto e stimato, come sondaggista, ma non mi risulta sia uno che ci azzecchi troppo (nemmeno Pagnoncelli se è per questo..., e in genere in Italia gli istituti non fanno grandi figure quando ci sono le elezioni) . Parlo di Nicola Piepoli, presidente dell'omonimo istituto, il quale sforna pronostici del tutto diversi rispetto a quelli pubblicati qualche giorno fa sul Corsera e che postammo : https://ultimocamerlengo.blogspot.it/2016/09/i-sondaggi-sul-referendum-interessati.html
In quell'occasione emergeva che sì, la critica verso la riforma era cresciuta, fino a superare il (relativo) apprezzamento, ma le intenzioni di voto rimanevano favorevoli al Sì. Insomma, passava il messaggio che si ascolta non infrequentemente : meglio questo che niente.
Affluenza al voto, sempre secondo il rilevamento riportato dal giornalone milanese, restava bassa, di poco superiore al 50%, e questo politicamente non sarebbe cosa buona ancorché Renzino e i suoi portassero a casa il risultato : alla fine si ritroverebbero con una riforma COSTITUZIONALE, non una leggina qualunque, approvata da un quarto scarso degli italiani.
Piepoli dice cose molto diverse, partendo dall'affluenza che prevede massiccia : oltre il 70%, che di questi tempi è notevole.
Però non prevede una vittoria del SI', la dà per molto incerta, e soprattutto pronostica che saranno gli elettori di centro destra ad essere decisivi (come del resto lo sono stati nei ballottaggi recenti, favorendo i sindaci grillini rispetto ai candidati di sinistra) e questa suppongo non essere una gran notizia per la ministra Boschi.
Personalmente orientato a votare No - non tutto mi dispiace della riforma, ma il mutamento della elezione del Capo dello Stato, possibile con la semplice maggioranza e con l'Italicum che regala il Parlamento ad una minoranza semplicemente meno peggio delle altre proprio non lo digerisco, e nemmeno il Senato, NON abrogato ma depotenziato, non eletto mi suona - rimango perplesso ritrovandomi in compagnia dell'apparato di sinistra del PD, oppure Vendola, De Magistris, oltre che la banda di MicroMega. Non è gente che mi piace... e maledico (vabbè, forzatura letteraria) renzino che mi costringe, attraverso il secco prendere o lasciare (quesiti separati, come suggerivano i radicali, no ? ) a non scegliere in modo più selettivo (la riforma del Titolo V la voterei eccome, per dire la cosa principale).
Certo, le provocazioni della Boschi, una dietro l'altra (l'ultima è che "basta leggere il quesito referendario per votare SI' "...ma si può ??? ) , danno una grossa mano a superare i mal di pancia suscitati dai cattivi compagni di strada che ci si ritrova.
Se, come gli chiedono da più parti, renzino mi rottama l'Italicum - magari ci pensa la Corte il prossimo ottobre - ci torno a pensare su.
Ché gente come Boschi, Martina, Lotti e compagnia ventriloqua cantante sono indigesti, tanto, ma non è che Casson, Mucchetti, D'Attorre, Gotor siano migliori..., senza contare i vecchi arnesi come Rosy Bindi...
Non è solo una questione di pancia. L'Italia che vogliono questi signori da ultimo citati NON è certo la mia. Renzi fa pasticci, è antipatico ed arrogante , ancorché ultimamente stia cercando di cambiare modi, ma rappresenta comunque un male minore rispetto ai sinistrorsi duri e puri.
C'è da riflettere bene, specie in considerazione cje i "nostri" (noi di centrodestra) voti pare saranno determinanti.
Per vincere il referendum decisivi gli elettori di centrodestra
Il nostro sondaggio dà l’elettorato moderato ancora in bilico sulla scelta. Nel centrosinistra i prevalgono i “sì”, i grillini compatti sul “no”
Alle urne
Si prevede una grande affluenza al voto referendario per via di una mobilitazione dell’opinione pubblica voluta dal governo e confermata da Confindustria, informazione, sindacati. Una personalizzazione su governo e premier e il voler dimostrare la nostra grandezza attraverso buone leggi
Si prevede una grande affluenza al voto referendario per via di una mobilitazione dell’opinione pubblica voluta dal governo e confermata da Confindustria, informazione, sindacati. Una personalizzazione su governo e premier e il voler dimostrare la nostra grandezza attraverso buone leggi
04/09/2016
Renzi deve stare attento: se vuole vincere il referendum è al cuore e alla testa degli elettori del centrodestra, più che ai suoi, che deve parlare. È questa la novità che ci consegna il primo sondaggio della ripresa politica, quando tutti gli italiani, chi prima e chi dopo, sono tornati dalla lunga vacanza estiva.
La riapertura delle scuole, chiave di lettura del ritorno alla normalità della vita per la maggioranza delle famiglie italiane, è alle porte.
Ed è alle porte (probabilmente si andrà al voto domenica 27 novembre) il responso della gente sul referendum che avrà per oggetto le riforme costituzionali approvate negli scorsi mesi dal Parlamento. Un referendum «eccezionale» rispetto alla nostra prassi elettorale: il governo chiede agli italiani di esprimersi attraverso un «sì» o un «no» su una serie di riforme, tra cui la più conosciuta è l’abolizione di fatto del Senato come organo che alla pari della Camera dei deputati costruisce le nostre leggi.
Una domanda iniziale: quanti italiani andranno a votare, dato che per questo tipo di referendum non esiste un quorum? Meno o più della metà del corpo elettorale? Su questo quesito il ricercatore è piuttosto ottimista: noi italiani andremo in molti a votare. I sondaggi offrono risposte positive superiori all’80% (una previsione del 70% di votanti reali è quindi attendibile) pari ai 30-35 milioni di elettori presenti ai seggi.
Perché la partecipazione al referendum di autunno sulle riforme istituzionali sarà alta?
Per tre ragioni aventi eguale peso psicologico. Una mobilitazione dell’opinione pubblica voluta dal governo, contenuta nelle feste popolari dell’autunno, e confermata dai grandi giocatori all’interno del nostro campo: la Confindustria, i quotidiani di informazione, le emittenti televisive, i sindacati dei lavoratori. Una personalizzazione in termini di «si» o «no» all’attuale governo e di «si» o «no» al Presidente del consiglio in carica. E, perché no, un sentimento generale di riscatto del nostro paese a livello internazionale; se noi siamo anche stati, negli Anni ‘80, la quinta potenza economica al mondo, possiamo ancora dimostrare la nostra grandezza attraverso la creazione di buone leggi per i nostri cittadini, esemplari per gli altri stati e gli altri popoli.
Un’alta partecipazione quindi, in termini di probabilità. Ma quali saranno i risultati del referendum costituzionale di novembre? Su questo tema domina una certa incertezza. I sondaggi da noi fatti a partire da maggio indicano infatti una tendenza: la netta vittoria iniziale del sì è piuttosto appassita. Oggi (inizio settembre), il no sembra essere in lieve prevalenza nei sondaggi.
Essendo piuttosto alla pari il «si» e il «no» nelle mani di chi è la vittoria? Qui la risposta si rivela piuttosto semplice: la vittoria del sì o del no potrebbe essere nelle mani del centrodestra. Infatti gli elettori che si dichiarano di centrosinistra (e che sono il 37% dell’elettorato), si dichiarano stabilmente (due a uno) a favore del sì. Gli elettori del Movimento 5 Stelle (che sono poco meno del 30% dell’elettorato) si dichiarano senza incertezze (due a uno) a favore del «no». Restano gli elettori del centrodestra (circa un terzo dell’elettorato), che nel corso dei mesi hanno manifestato forti dubbi sul «sì» o sul «no».
Recentemente (parliamo di agosto) questi stessi elettori si sono percettibilmente spostati sul «no», determinando marginalmente la prevalenza del «no» nei sondaggi.
È questo, quindi, l’elettorato da curare maggiormente, indipendentemente dal «segno» «si» o «no» da indicare! Perché la vittoria, ci insegnano gli statistici marginalisti, non è mai in mano alla massa, ma è sempre in mano a una forza «marginale»: a quella forza arcana, che fa vincere «per un punto» nel grande gioco della vita.
La riapertura delle scuole, chiave di lettura del ritorno alla normalità della vita per la maggioranza delle famiglie italiane, è alle porte.
Ed è alle porte (probabilmente si andrà al voto domenica 27 novembre) il responso della gente sul referendum che avrà per oggetto le riforme costituzionali approvate negli scorsi mesi dal Parlamento. Un referendum «eccezionale» rispetto alla nostra prassi elettorale: il governo chiede agli italiani di esprimersi attraverso un «sì» o un «no» su una serie di riforme, tra cui la più conosciuta è l’abolizione di fatto del Senato come organo che alla pari della Camera dei deputati costruisce le nostre leggi.
Una domanda iniziale: quanti italiani andranno a votare, dato che per questo tipo di referendum non esiste un quorum? Meno o più della metà del corpo elettorale? Su questo quesito il ricercatore è piuttosto ottimista: noi italiani andremo in molti a votare. I sondaggi offrono risposte positive superiori all’80% (una previsione del 70% di votanti reali è quindi attendibile) pari ai 30-35 milioni di elettori presenti ai seggi.
Perché la partecipazione al referendum di autunno sulle riforme istituzionali sarà alta?
Per tre ragioni aventi eguale peso psicologico. Una mobilitazione dell’opinione pubblica voluta dal governo, contenuta nelle feste popolari dell’autunno, e confermata dai grandi giocatori all’interno del nostro campo: la Confindustria, i quotidiani di informazione, le emittenti televisive, i sindacati dei lavoratori. Una personalizzazione in termini di «si» o «no» all’attuale governo e di «si» o «no» al Presidente del consiglio in carica. E, perché no, un sentimento generale di riscatto del nostro paese a livello internazionale; se noi siamo anche stati, negli Anni ‘80, la quinta potenza economica al mondo, possiamo ancora dimostrare la nostra grandezza attraverso la creazione di buone leggi per i nostri cittadini, esemplari per gli altri stati e gli altri popoli.
Un’alta partecipazione quindi, in termini di probabilità. Ma quali saranno i risultati del referendum costituzionale di novembre? Su questo tema domina una certa incertezza. I sondaggi da noi fatti a partire da maggio indicano infatti una tendenza: la netta vittoria iniziale del sì è piuttosto appassita. Oggi (inizio settembre), il no sembra essere in lieve prevalenza nei sondaggi.
Essendo piuttosto alla pari il «si» e il «no» nelle mani di chi è la vittoria? Qui la risposta si rivela piuttosto semplice: la vittoria del sì o del no potrebbe essere nelle mani del centrodestra. Infatti gli elettori che si dichiarano di centrosinistra (e che sono il 37% dell’elettorato), si dichiarano stabilmente (due a uno) a favore del sì. Gli elettori del Movimento 5 Stelle (che sono poco meno del 30% dell’elettorato) si dichiarano senza incertezze (due a uno) a favore del «no». Restano gli elettori del centrodestra (circa un terzo dell’elettorato), che nel corso dei mesi hanno manifestato forti dubbi sul «sì» o sul «no».
Recentemente (parliamo di agosto) questi stessi elettori si sono percettibilmente spostati sul «no», determinando marginalmente la prevalenza del «no» nei sondaggi.
È questo, quindi, l’elettorato da curare maggiormente, indipendentemente dal «segno» «si» o «no» da indicare! Perché la vittoria, ci insegnano gli statistici marginalisti, non è mai in mano alla massa, ma è sempre in mano a una forza «marginale»: a quella forza arcana, che fa vincere «per un punto» nel grande gioco della vita.
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