lunedì 3 ottobre 2016

PAGNONCELLI SUL CORSERA CONFERMA : AL REFERENDUM AVANTI IL NO

Risultati immagini per referendum avanti il no nei sondaggi

Doveva essere una passeggiata trionfale, con l'unico problema, peraltro significativo, di portare quanti più italiani a sottoscrivere la nuova madre di tutte le riforme, per evitare la magra figura di un importante restyling costituzionale approvato, alla fine, da una minoranza, sia pur folta, degli italiani.
Insomma, l'aspettativa era quella del plebiscito.
Poi le cose si sono complicate, la luna di miele di renzino con gli italiani è finita, e il fronte del NO vede compattarsi alleanze molteplici :
- quelli che difendono la Costituzione più bella del mondo ( non molti, per fortuna, però i più agguerriti : la sinistra intellettuale, quelli di Micro Mega...)
- quelli che sono anti renziani a prescindere, e quindi bocciano tutto quello che proviene dal toscano
- quelli che pensano di dare una spallata al governo (però timorosi che la caduta di Renzi si porti dietro le elezioni anticipate, che vogliono solo i grillini MA NON i peones parlamentari pentastellati, che perderebbero con grandissima probabilità la poltrona conquistata con la botta di fondoschiena delle parlamentarie web del 2013 )
- quelli cui la riforma non piace per alcune parti importanti, e siccome il pacchetto è intero (non si può votare SI alla riforma del titolo V e NO alla nuova elezione del Capo di Stato, o al Senato che permane, ridotto ma NON eletto) decidono di bocciarla (anche per rigetto al ricatto del "bere o affogare")
Personalmente ritengo che voterò no, nonostante la fatica enorme di stare nella stessa barca con personaggi come Asor Rosa , Zagrebelsky (quelli della prima fascia, per intenderci), e mi iscrivo all'ultima frazione, con una aggiunta critica, pure ultimamente abbastanza diffusa in giro : la questione della legge elettorale.
Con l'Italicum, il suo premio di maggioranza slegato da un vincolo di garanzia della rappresentanza degli aventi diritto al voto, io una riforma che rivoluziona Senato e Colle NON la voto.
La saldatura di tutte queste componenti pare aver rovesciato il pronostico, che è passato dalla cavalcata delle valchirie, alla vittoria con sofferenza, allo spettro della sconfitta.
Pagnoncelli, oggi suo Corriere, dà avanti il NO, col 52%. Margine non sicuro ( in realtà i sondaggisti sbagliano anche quando i punti di scarto sono maggiori di 2, come tante elezioni stanno lì a dimostrare) , però che inizia a ripetersi, con un centro sud assai compatto, allo stato, contro la Riforma (che invece vede prevalenti favori, ma con numeri minori, al Nord Ovest, e nel centro nord).
Ma ancorché vinca il SI, cosa che resta nell'ambito delle cose probabili (lo spettro dell'Instabilità, della crisi di governo, dello sfavore europeo, dell'Italia "immobile", tutta sta roba qui, che non ha funzionato per la Brexit, ma che viene riproposta da noi per far votare SI gli indecisi, che sono tanti) , ma con un margine risicato, tipo appunto il 52% oggi dato a favore dei contrari, e con una partecipazione al voto che supera di poco il 50%, la madre di tutte le riforme di chi avrebbe l'avallo ?
Partorita a colpi di voti di fiducia da un Parlamento drogato da una maggioranza incostituzionale ( il Porcellum tale è stato dichiarato dalla Consulta, e col Porcellum si sono formate le aule nel 2013) e alla fine approvata da un quarto scarso degli italiani.
Non proprio un trionfo.
Ma conta vincere, si sentirà dire, col trionfalismo da pericolo - mortale stavolta - scampato, da renzino e i suoi corifei.
Ed è vero, ma fino ad un certo punto, ché la Costituzione è la legge FONDAMENTALE della Comunità sociale che ha deciso (deciso ?, forse meglio dire che si ritrova...) di vivere insieme, ed in genere sarebbe bene che i principi in essa contenuti siano quanto più diffusi e approvati dai componenti che poi li dovranno rispettare.


Il Corriere della Sera - Digital Edition

Il No al referendum avanti: è al 52% Al Sud la maggioranza dei contrari

di Nando Pagnoncelli

 Risultati immagini per referendum avanti il no nei sondaggi

Tra due mesi il referendum costituzionale.
Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere il No è in vantaggio (52%). Ma un elettore su due non ha ancora deciso cosa fare. Nel Pd il 19% voterebbe No, mentre in Forza Italia il 40% è per il Sì. Ieri Renzi: «Ci giochiamo in due mesi i prossimi vent’anni».

La lunghissima campagna referendaria che ha preso avvio nel mese di gennaio, a due mesi dal voto, presenta una situazione di grande incertezza e continua a essere caratterizzata da un modesto livello di conoscenza della riforma votata dal Parlamento.

Solo un cittadino su 10, infatti, dichiara di conoscere nel dettaglio i contenuti della riforma costituzionale, il 44% la conosce a grandi linee, il 38% ne ha sentito vagamente parlare e l’8% non sa nemmeno che ci sarà un referendum.

Rispetto al sondaggio realizzato nel luglio scorso, gli italiani che ne sanno qualcosa aumentano solo di 3 punti (da 51% a 54%): è un dato sorprendente, tenuto conto che i mezzi di informazione ogni giorno ci parlano del referendum. Ma ne parlano prevalentemente riportando più il rumore di fondo (le polemiche e i conflitti tra i due schieramenti), mentre l’approfondimento del merito della riforma è merce rara, probabilmente perché risulta ostico agli elettori.

Quanto agli orientamenti di voto si registra una flessione di due punti del fronte del Sì (da 25% a 23%), la stabilità di quello del No (25%) e l’aumento sia degli indecisi (da 7% a 8%) che degli astenuti (da 42% a 44%). Per effetto di questi cambiamenti il No prevale sul Sì, ma la distanza non è significativa e si mantiene nell’ambito dell’errore statistico. Escludendo dal computo indecisi e astensionisti, oggi il No si attesta al 52% e il Sì al 48%.

È interessante osservare gli orientamenti nei differenti elettorati. Iniziamo dalla partecipazione alla consultazione: i più mobilitati appaiono gli elettori del Pd (tre su quattro dichiarano di volersi recare alle urne), mentre tra gli elettori di M5S, Lega, Forza Italia e i centristi circa due su tre intendono votare.

Gli elettori del Pd, inoltre, si mostrano più coesi di quanto si potesse immaginare, tenuto conto del duro scontro tra maggioranza e minoranza del partito: il Sì prevale largamente (81% a 19%). Anche tra gli elettori centristi il Sì è in testa, ma in misura meno netta (59% a 41%). Tra gli elettori dei partiti d’opposizione prevale il No ma è interessante osservare che circa uno su cinque tra i grillini (19%) e i leghisti (21%) e ben il 40% tra i sostenitori di Forza Italia voterebbe Sì. D’altronde, alcuni dei temi della riforma incontrano una sensibilità diffusa anche tra chi osteggia il governo.

L’orientamento di voto appare molto diversificato nelle diverse aree geografiche del Paese: nelle regioni del Nord ovest e in quelle del Centro Nord prevale il Sì, nel Nordest prevale di poco il No mentre nelle regioni del Centro Sud e nelle Isole il No ha un vantaggio piuttosto ampio.

Quando si entra nel merito della riforma, enunciando i sette principali punti in cui si sostanzia, il grado di accordo per ciascun aspetto considerato prevale sempre sul disaccordo, talora in misura molto netta come nel caso della riduzione dei senatori (62% i favorevoli, 20% i contrari), della fine del bicameralismo paritario (51% contro 24%), la soppressione del Cnel (49% contro 18%). Il vantaggio è più contenuto solo nel caso delle modalità di elezione del Senato: 39% i favorevoli alla scelta contestuale al voto regionale, 31% i contrari che preferirebbero poter scegliere con un voto di preferenza.

L’accordo medio espresso per i sette punti della riforma è pari al 48% ma quando, successivamente, agli stessi intervistati si chiede di esprimere il favore per la riforma nel complesso, il consenso è più basso: il 42% si dichiara molto o abbastanza d’accordo, perché la personalizzazione e l’orientamento politico prevalgono sul merito delle questioni. D’altra parte, come già evidenziato, per il 53% degli interpellati gli italiani voteranno pensando di approvare o bocciare il governo Renzi.

Il premier sta riducendo la personalizzazione del referendum. Sembra una scelta saggia. In uno scenario tripolare, infatti, la personalizzazione può risultare una strategia ad alto rischio perché i due elettorati antagonisti sono indotti ad allearsi contro il premier, indipendentemente dal merito del referendum, per «dare una spallata» al governo.

Mancano nove settimane al voto e la partita è davvero aperta: la distanza tra No e Sì è minima e gli indecisi saranno determinanti. Tra questi ultimi la metà circa (47%) pur dichiarando di voler andare a votare non sa esprimere un parere sulla riforma, il 32% si dichiara favorevole e il 21% contrario.

In questo scenario è auspicabile che il confronto, spesso influenzato dagli allarmi evocati — da una parte, nel caso di affermazione del No, le catastrofiche conseguenze sul piano economico-finanziario, politico e sociale; dall’altra, se vincesse il Sì, la concentrazione dei poteri, l’attentato alla democrazia e alla libertà dei cittadini — e dal tifo da stadio, si trasformi in una sana dialettica sui contenuti effettivi. Il dibattito televisivo su La7 tra il premier Renzi e il professor Zagrebelsky va in questa direzione: è stato un contraddittorio utile e molto civile che ha consentito agli ascoltatori di approfondire le ragioni a favore e contro la riforma.

E un confronto argomentato e pacato potrebbe favorire una maggiore mobilitazione dei cittadini, oggi ferma al 56%. È un dato che fa riflettere perché si tratta di un referendum sulla Costituzione, e la Costituzione è di tutti, indipendentemente dalle opinioni sulla riforma.

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